Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8268 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8268 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/07/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 10/07/2023 la Corte d’appello di Napoli confermava la sentenza del 10/02/2023 del GIP presso il Tribunale di Napoli nord, che aveva condannato COGNOME NOME alla pena di anni 4 di reclusione ed euro 20.000,00 di multa, in ordine al reato di cui agli artt. 81 cod. pen., 73 d.P.R. 309/1990.
Avverso tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’articolo 73, comma 5, d.P.R. 309/1990 e 192 cod. proc. pen..
2.2. Con il secondo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine agli articoli 132 e 133 cod. pen., 601, comma 5, cod. proc. pen., in relazione alla dosimetria della pena e alla mancata motivazione sulla eccepita sussistenza di un vizio nella notificazione della citazione in appello.
3. Il ricorso è inammissibile.
Entrambi i motivi – che possono essere trattati congiuntamente – costituiscono pedissequa reiterazione di doglianze formulate in appello e motivatamente respinte dai giudici di secondo grado; essi, pertanto, difettano di specificità, omettendo di confrontarsi con il contenuto del provvedimento impugnato.
Inoltre, sono sviluppati in modo totalmente fattuale, e le censure tendono a proporre una lettura alternativa del materiale probatorio non consentita in cassazione, soprattutto a fronte di una «doppia conforme» di responsabilità.
La sentenza impugnata spiega – pag. 4 – in modo non manifestamente illogico o contraddittorio che il caso concreto non può essere ricondotto nella fattispecie di cui al comma 5 della norma incriminatrice, in ragione della pluralità di stupefacenti (eroina e cocaina), del numero di dosi detenute (14,2 di cocaina e 146 di eroina), delle modalità di detenzione (confezionamento in dosi singole, pronte alla vendita in luogo pubblico), del possesso di somma di denaro cospicua, elementi tutti che evidenziano l’inserimento del COGNOME in un rodato circuito di spaccio (il luogo ove è avvenuto l’arresto è una rinomata piazza di spaccio).
Quanto al trattamento sanzionatorio, evidenzia la Corte territoriale che, nel caso di specie, operava il divieto (art. 69, comma quarto, cod. pen.) di ritenere nel giudizio di comparazione prevalenti le circostanze attenuanti sulla contestata recidiva reiterata; detto principio riguarda tanto le attenuanti relative alla persona dell’imputato che quelle relative alla modalità del fatto, non avendo il legislatore
operato alcuna distinzione in merito (Sez. 3, n. 45065 del 25/09/2008, COGNOME, Rv. 241780 – 01; Sez. 4, Sentenza n. 27430 del 28/05/2008, Guasco, Rv. 240560 01).
Con tale motivazione il ricorso non si confronta affatto, limitandosi ad una contestazione meramente fattuale e rivalutativa, così manifestando un mero «dissenso» rispetto alla motivazione offerta dal provvedimento impugnato.
La censura relativa agli aumenti operati in continuazione è inammissibile per tardività.
Ed infatti, la Corte di appello, nel confermare il trattamento sanzionatorio irrogato in primo grado, ha considerato l’unico motivo dedotto in appello sul punto, concernente l’applicazione delle attenuanti generiche in regime di prevalenza sulla contestata recidiva e non anche la disciplina del reato continuato.
L’imputato, pertanto, omettendo di censurare tale ultima disciplina, ha circoscritto il devolutum in appello alle sole contestazioni dedotte.
Quanto alla dedotta tardività della citazione del difensore per il giudizio di appello, la censura è inammissibile per tardività.
Il Collegio evidenzia infatti come la dedotta violazione, non risolvendosi in una omessa citazione, ma una mera irregolarità, configuri una nullità di ordine generale a regime intermedio, relativa all’intervento del difensore, che la parte deve far valere entro i termini previsti dall’art. 180 cod. proc. pen., e cioè prima della deliberazione della sentenza d’appello (Sez. 6, n. 28408 del 23/6/2022, COGNOME, Rv. 283349; Sez. 3, n. 46179 del 28/9/2021, COGNOME, Rv. 282220; Sez. 4, n. 5959 del 23/1/2020, COGNOME, Rv. 278447; Sez. 5, n. 25772 del 6/3/2019, COGNOME, Rv. 276515).
Tale eccezione non è stata dedotta in sede di discussione, in cui il difensore era presente, né tale omessa deduzione viene contestata dal ricorrente.
Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2023.