Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38003 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38003 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/05/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 25 maggio 2023 la Corte di appello di Catania ha confermato la pronuncia del Tribunale di Ragusa del 4 novembre 2019 con cui NOME era stato condannato alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 800,00 di multa in ordine al reato di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con unico motivo, violazione di legge e contraddittorietà della motivazione in ordine al mancato riconoscimento della circostanza attenuante comune di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non deducibile in questa sede di legittimità.
Con riferimento alla dedotta doglianza, infatti, risulta congruo e logico il ragionamento espresso dalla Corte di appello con cui è stato evidenziato come i dati qualitativi e quantitativi dello stupefacente rinvenuto in possesso dell’imputato, oltre alla cospicua somma di denaro dallo stesso detenuta – da ritenersi sicuro provento di attività di spaccio in precedenza effettuata impongano l’esclusione della ricorrenza di un lucro di speciale tenuità, di rilievo ai sensi dell’art. 62 n. 4 cod. pen.
In ogni modo, l’indicata censura appare reiterativa di identica doglianza eccepita con l’atto di appello, ribadendo le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, NOME, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano i dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò
solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10 luglio 2024
Il Consigliere estensore
Il Pre d ntek