Ricorso Inammissibile: Quando i Motivi d’Appello non Possono Essere Cambiati in Cassazione
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale: i motivi di impugnazione non possono essere introdotti per la prima volta nel giudizio di legittimità. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere i limiti del ricorso alla Suprema Corte e le conseguenze di un ricorso inammissibile, come la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
I Fatti del Caso: Condanna per Furto Aggravato
Il caso trae origine da una condanna emessa in primo grado e confermata dalla Corte d’Appello nei confronti di un’imputata, ritenuta responsabile di concorso in furto aggravato dalla violenza sulle cose. L’imputata, non accettando la decisione dei giudici di merito, decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a tre distinti motivi per chiederne l’annullamento.
I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione
La difesa della ricorrente ha articolato il ricorso su tre punti principali:
1. Errata applicazione della legge penale per non aver considerato una presunta remissione tacita della querela da parte della persona offesa.
2. Mancata concessione delle circostanze attenuanti del danno di speciale tenuità e della minima partecipazione al fatto.
3. Mancato proscioglimento per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131 bis del codice penale.
La Corte di Cassazione ha analizzato ciascun motivo, giungendo a una conclusione netta: il ricorso inammissibile in ogni sua parte.
Analisi del ricorso inammissibile: il divieto di ‘Motivi Nuovi’
Il punto più interessante della decisione riguarda il terzo motivo, relativo alla particolare tenuità del fatto. La Corte ha rilevato che questa specifica richiesta non era mai stata avanzata nel giudizio d’appello. Si trattava, quindi, di una doglianza ‘inedita’. La legge processuale (art. 606, comma 3, e 609, comma 2, c.p.p.) vieta di introdurre per la prima volta in Cassazione questioni che implichino valutazioni sul merito dei fatti. La valutazione sulla tenuità del fatto richiede un’analisi concreta delle circostanze che esula dai poteri della Suprema Corte, la quale si occupa solo di errori di diritto.
La Reiterazione dei Motivi d’Appello
Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che la ricorrente si era limitata a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello. Il ricorso per Cassazione non può essere una semplice ripetizione dell’appello, ma deve individuare specifici vizi di legittimità (come un’errata interpretazione della legge o un vizio di motivazione) nella sentenza impugnata.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha motivato la sua decisione in modo chiaro e lineare. In primo luogo, ha definito ‘manifestamente infondato’ il motivo sulla remissione della querela, poiché dagli atti risultava che la persona offesa avesse esplicitamente chiesto la ‘punizione dei colpevoli’, un’azione del tutto contraria a una volontà di remissione.
In secondo luogo, ha qualificato come ‘non consentite’ in sede di legittimità le censure sulle attenuanti, poiché si risolvevano in una ‘pedissequa reiterazione’ di argomenti di merito già esaminati e motivatamente respinti in appello, dove erano stati considerati sia il ruolo dell’imputata sia il valore dei beni rubati.
Infine, ha dichiarato ‘inedita’ e quindi inammissibile la doglianza sull’art. 131 bis c.p., ribadendo il principio secondo cui il giudizio di Cassazione non è una terza istanza di merito dove poter sollevare questioni di fatto mai prima dedotte.
Le Conclusioni
L’ordinanza conferma che la strategia processuale deve essere definita fin dai primi gradi di giudizio. Introdurre ‘motivi nuovi’ in Cassazione è una tattica destinata al fallimento, che porta a una declaratoria di ricorso inammissibile. Tale esito comporta non solo l’irrevocabilità della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di farsi carico delle spese del procedimento e del pagamento di una somma a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro. Questa decisione serve da monito sull’importanza di strutturare le impugnazioni nel rispetto dei limiti e delle finalità di ogni grado di giudizio.
È possibile presentare per la prima volta in Cassazione un motivo di ricorso non discusso in Appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che una doglianza non contenuta nell’atto di appello, come la richiesta di proscioglimento per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.), è inedita e non può essere dedotta per la prima volta nel giudizio di legittimità, in quanto implica valutazioni di merito non consentite in tale sede.
La semplice reiterazione dei motivi già respinti in Appello rende il ricorso ammissibile in Cassazione?
No, il ricorso è inammissibile se si limita a una ‘pedissequa reiterazione’ delle doglianze già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla corte di merito. Il ricorso per Cassazione deve denunciare vizi di legittimità della sentenza impugnata, non riproporre le stesse questioni di merito.
Come valuta la Corte una presunta remissione tacita della querela?
La Corte ha ritenuto manifestamente infondata la tesi della remissione tacita, sottolineando che la persona offesa aveva sporto querela riferendosi a tutti gli episodi delittuosi e chiedendo espressamente la ‘punizione dei colpevoli’, un comportamento che è stato giudicato incompatibile con una volontà, anche implicita, di ritirare la querela.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3635 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3635 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a PORTO SAN GIORGIO il 14/02/1983
avverso la sentenza del 05/04/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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30638/20211 GLYPH Rel. COGNOME – Ud. 27.11.2024
Rilevato che COGNOME Sara ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona, che ha confermato la sentenza di primo grado, con la quale l’imputata era stata ritenuta responsabile del concorso nel delitto di furto aggravato dall’aver commesso il fatto con violenza sulle cose;
Considerato che il primo motivo di ricorso – con il quale la ricorrente denunzia inosservanza o erronea applicazione della legge penale in ordine alla mancata considerazione, da parte della Corte di merito, della remissione extraprocessuale tacita della querela da parte della persona offesa – è manifestamente infondato, atteso che la persona offesa ha sporto querela in data 6 luglio 2018 e, in quella sede, si riferiva ad entrambi gli episodi di furto, chiedendo espressamente “la punizione dei colpevoli”;
Considerato che il secondo motivo di ricorso – con il quale la ricorrente denunzia inosservanza o erronea applicazione della legge penale in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti di cui agli artt. 62 n. 4 e 114 cod. pen. non è consentito dalla legge in sede di legittimità, perché fondato su doglianze che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla corte di merito, con argomentazioni corrette sia quanto al ruolo della imputata che al valore dei beni sottratti (si vedano, in particolare, pag. 5 e 6);
Rilevato, inoltre, che la doglianza con cui la ricorrente lamenta il mancató proscioglimento di cui all’art. 131 bis cod. pen., è inedita, posto che non era contenuta nell’atto di appello, donde non può essere dedotta per la prima volta nel giudizio di legittimità, involgendo valutazioni di merito e stante il combinato disposto degli artt. 606, comma 3, e 609, comma 2, cod. proc. pen.;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso 27 novembre 2024 Il consigliere esfensore COGNOME
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