Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5352 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5352 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a TARANTO il 06/05/1980
avverso la sentenza del 04/06/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
COGNOME NOMECOGNOME a mezzo del proprio difensore, ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona, con la quale è stata confermata la sentenza di primo grado che lo aveva ritenuto responsabile dei reati di tentativo di furto di pantaloni, sottratti da una bancarella di rivendita ambulante, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, guaribili in gg.7, inferte ad operante di Polizia, condannandolo alla pena di anni 1 e mesi 2 di reclusione ed euro 500,00 di multa.
Il ricorrente propone tre motivi di ricorso: vizio di motivazione, riferito alla violazione degli artt. 120 cod.pen. e 334 cod.proc.pen., in quanto la persona offesa non aveva presentato atto di denuncia querela in relazione al reato di lesioni; violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla procedibilità del reato aggravato dall’art. 625 n. 7 cod.pen., in ragione del fatto che i pantaloni sottratti non potevano ritenersi del valore indicato ed in mancanza dell’uso di mezzi fraudolenti; violazione dell’art. 546 cod.proc.pen. e degli artt. 62 bis cod.pen., 133 e 163 cod.pen. e omessa motivazione, quanto alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena.
I motivi sono inammissibili.
In particolare, quanto al primo, va rilevato che lo stesso risulta formulato invocando i contenuti di una pronuncia di legittimità indicata per data d’udienza e n. ruolo generale (r.g. n. 41956 del 2022 del 21 aprile 2022), che riguarda la questione, diversa, della rilevabilità della carenza della querela divenuta necessaria per modifica normativa. Il ricorso assume, in fatto, che la parte offesa, assistente capo della Polizia di Stato, non abbia mai presentato denuncia – querela. Segue, poi, l’illustrazione secondo cui la Corte avrebbe preso in esame l’argomentazione difensiva prospettata in sede di conclusioni scritte, con cui si chiedeva di dichiarare l’improcedibilità del reato per mancanza di querela, resasi necessaria in ragione del nuovo regime introdotto dal d.lgs. n. 150 del 2022.
Tale contenuto non risponde ai contenuti dell’atto d’appello, il quale riguardava la censura alla sentenza di primo grado in punto di mancato riconoscimento della causa di non punibilità dell’art. 131 bis cod.pen., e quanto alla affermazione di responsabilità, ritenendo non provati i fatti costitutivi dei reati contestati. Dunque, la questione della mancanza della condizione di procedibilità non può essere dedotta in questa sede perché si tratta di questione non dedotta in precedenza, benché fosse in quella sede deducibile, trattandosi di questione attinente al fatto storico della mancanza della querela e non la mera rilevazione della mancanza della condizione di procedibilità richiesta dal reato per cui è stata pronunziala condanna definitiva.
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La questione di improcedibilità del reato per mancanza di querela non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità allorché comporti accertamenti di fatto che sono devoluti al giudice del merito (Sez. 2, n. 8653 del 23/11/2022; Sez. 3, n. 39188 del 14/10/2010; Sez. 5, n. 19241 del 9/2/2015).
Il secondo motivo è inammissibile in quanto del tutto privo di specificità, posto che la sentenza impugnata, anche richiamando la conforme sentenza di primo grado, ha adeguatamente motivato in merito alla sussistenza dei presupposti applicativi della circostanza aggravante di cui all’art. 625 n. 7 cod.pen.
Il motivo, nella sostanza, richiede una rivalutazione dei fatti accertati dai giudici del merito e adotta una tecnica illustrativa inidonea ad introdurre evidenze di un vizio della motivazione talmente grave da incrinare la doppia decisione conforme in punto di responsabilità penale.
Anche quanto al terzo motivo deve ravvisarsi l’inammissibilità giacché la sentenza impugnata non ha esaminato la questione del mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena, posto che tale aspetto non aveva formato oggetto di impugnazione, al contrario di quanto sostenuto dall’odierno ricorrente, mentre vi è adeguata motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche e su tale aspetto il motivo è assertivo e generico.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna dellp ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna’ il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 08/01/2025