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Ricorso inammissibile: motivi nuovi in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile in un caso di riciclaggio, poiché i ricorrenti hanno introdotto motivi di doglianza per la prima volta in sede di legittimità, senza averli sollevati in appello. La sentenza ribadisce che la prova del reato presupposto non necessita di una condanna passata in giudicato.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: i motivi non possono essere presentati per la prima volta in Cassazione

Presentare un ricorso inammissibile in Cassazione è un errore procedurale che può costare caro, non solo in termini di spese legali ma anche con la condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria. Una recente sentenza della Suprema Corte ci offre l’occasione per approfondire uno dei principi cardine del processo penale: i motivi di ricorso per Cassazione devono essere una diretta conseguenza delle doglianze già sollevate in appello. Introdurre censure nuove equivale a veder preclusa ogni possibilità di esame nel merito.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per riciclaggio emessa dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello. Al centro della vicenda vi erano ingenti somme di denaro, percepite illecitamente da un soggetto a titolo di contributi comunitari per l’agricoltura. Tali somme erano state poi trasferite su conti correnti intestati a stretti familiari, in particolare la madre e il fratello. L’accusa sosteneva che questi trasferimenti fossero finalizzati a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro, integrando così il reato di riciclaggio.

Gli imputati, condannati in secondo grado, decidevano di proporre ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso e la Dichiarazione di Ricorso Inammissibile

La difesa degli imputati ha articolato il proprio ricorso su due fronti principali, entrambi però giudicati inammissibili dalla Corte Suprema.

La Nuova Ricostruzione dei Fatti e la Carenza di Motivazione

Con il primo motivo, i ricorrenti lamentavano un vizio di motivazione da parte della Corte d’Appello. Sostenevano che i trasferimenti di denaro non avessero finalità di riciclaggio, ma rappresentassero una soluzione a pregresse questioni ereditarie familiari. Questa tesi, tuttavia, non era mai stata avanzata nel giudizio di appello. La Corte di Cassazione ha immediatamente rilevato come tale argomentazione costituisse un motivo nuovo, introdotto per la prima volta in sede di legittimità. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, non è consentito sottoporre alla Suprema Corte questioni che non siano state oggetto di specifica critica nella precedente fase processuale. Questo principio garantisce la progressione logica del processo e impedisce che il giudizio di legittimità si trasformi in un terzo grado di merito. Pertanto, questa parte del ricorso è stata giudicata inammissibile.

La Prova del Reato Presupposto

Con il secondo motivo, la difesa deduceva la violazione di norme processuali in relazione alla prova del reato presupposto (la truffa per ottenere i fondi). Si contestava che la prova fosse stata raggiunta sulla base della testimonianza di un ufficiale di polizia giudiziaria, ritenuta inutilizzabile. Anche in questo caso, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. In primo luogo, perché la censura era stata sollevata per la prima volta in Cassazione. In secondo luogo, perché l’argomento era manifestamente infondato. La giurisprudenza è pacifica nel ritenere che la prova del reato presupposto non richieda necessariamente una sentenza di condanna definitiva. Essa può essere desunta con prove logiche e altri elementi fattuali emersi nel corso del giudizio per riciclaggio, come avvenuto nel caso di specie.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su principi procedurali consolidati. La declaratoria di inammissibilità non è entrata nel merito delle argomentazioni difensive, ma si è fermata alla loro irricevibilità formale.

Il punto centrale è la violazione dell’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale. Questa norma impedisce di dedurre con il ricorso per Cassazione vizi della motivazione o violazioni di legge che non siano stati eccepiti con i motivi di appello. La Corte ha sottolineato che l’atto di appello delimita l’ambito del giudizio successivo. Qualsiasi questione non sollevata in quella sede si considera rinunciata.

Inoltre, la Corte ha censurato la modalità ‘cumulativa ed eterogenea’ con cui erano stati presentati i vizi di motivazione, ricordando che è onere del ricorrente specificare con precisione quale parte della decisione impugnata sia viziata e per quali ragioni, non potendo la Corte stessa procedere a una selezione delle censure meritevoli di attenzione.

Per quanto riguarda la prova del reato presupposto, i giudici hanno ribadito un principio fondamentale in materia di riciclaggio: l’accertamento del delitto da cui provengono i fondi può avvenire in via incidentale, sulla base degli elementi probatori raccolti nel processo principale, senza che sia necessaria una precedente condanna per quel reato.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un importante monito sull’importanza della corretta strategia processuale. Le difese devono essere articolate in modo completo fin dal primo grado di giudizio e, soprattutto, nell’atto di appello. Introdurre argomenti nuovi dinanzi alla Corte di Cassazione è una tattica destinata al fallimento, che conduce a una declaratoria di ricorso inammissibile. Tale esito comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione a favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver intrapreso un’azione giudiziaria priva dei presupposti di legge.

È possibile presentare per la prima volta in Cassazione motivi di ricorso non discussi in appello?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che sollevare aspetti che non sono stati sottoposti a critica con l’atto di appello porta inevitabilmente alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, poiché il perimetro del giudizio di legittimità è definito dalle censure mosse nel grado precedente.

Per provare il reato di riciclaggio, è necessaria una condanna definitiva per il reato presupposto?
No, la sentenza conferma che la prova del reato presupposto non richiede un accertamento giudiziale con sentenza definitiva. La sua esistenza può essere dimostrata attraverso prove logiche e altri elementi fattuali raccolti all’interno dello stesso procedimento per riciclaggio.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. La conseguenza diretta per il ricorrente è la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, a titolo sanzionatorio, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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