Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 28051 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 28051 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nata a MISTRETTA il DATA_NASCITA
BUTTACCIO TARDIO NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/09/2023 della Corte d’appello di Caltanissetta visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria depositata via pec dall’AVV_NOTAIO con la quale si ribadiscono i motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Caltanissetta, con la sentenza impugnata in questa sede, ha confermato la condanna alle pene di giustizia pronunciata nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME dal Tribunale di Enna in
v
data 13 ottobre 2022, in relazione al contestato delitto di riciclaggio delle somme percepite fraudolentemente da COGNOME NOME che aveva presentato domanda di percezione di contributi comunitari RAGIONE_SOCIALE.
2.1. Con il secondo motivo si deduce violazione di norme processuali previste a pena di inutilizzabilità, in relazione all’art. 111 Cost.; la prova del reat presupposto era stata desunta dalle dichiarazioni di un teste di polizia giudiziaria che aveva riferito non solo su accertamenti da lui svolti, ma anche su attività di indagine riferibili ad altri soggetti (ciò che ne comportava l’inutilizzabilità), senza che fosse stato mai acquisito, nel giudizio a carico dell’autore, alcun valido dato probatorio essendosi concluso il giudizio con pronuncia di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. In ordine al primo motivo lo stesso è formulato per ragioni non consentite: va osservato, infatti, che con l’atto di appello era stata censurata la decisione di primo grado per aver affermato la responsabilità degli imputati senza aver raggiunto la prova dell’elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice; mentre alcuna censura veniva sollevata con riguardo al profilo della sussistenza dell’elemento oggettivo.
Ciò destina inevitabilmente il ricorso, per la violazione dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., alla declaratoria di inammissibilità, nella parte in cui solleva solo in questa sede aspetti che non erano stati sottoposti a critica con l’atto di appello, come per la differente ricostruzione che vorrebbe gli atti di trasferimento delle somme transitate sui conti correnti degli imputati come giustificati da ipotizzate (ma indimostrate, come peraltro segnalato dalla sentenza impugnata: pag. 6) questioni di natura ereditaria.
In ogni caso, il motivo si caratterizza per un’indicazione cumulativa ed eterogenea dei vizi della motivazione, modalità anch’essa non consentita in quanto non spetta alla Corte di individuare se e rispetto a quale parte del costrutto logico della decisione impugnata non siano ravvisabili i vizi denunciati, essendo onere del ricorrente quello di specificare il vizio della motivazione dedotto per i singoli, distinti aspetti, con puntuale richiamo, alle parti della motivazione censurata (Sez. 4, n. 8294 del 01/02/2024, COGNOME, Rv. 285870 – 01; Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2019, COGNOME, Rv. 277518 – 02; Sez. 1, n. 39122 del 22/09/2015, COGNOME, Rv. 264535 – 01).
1.2. Anche il profilo della presunta inutilizzabilità della testimonianza su cui i giudici di merito hanno fondato l’accertamento della sussistenza del reato presupposto è stato sollevato dalla difesa solo con il ricorso in sede di legittimità; se l’inutilizzabilità, quale vizio processuale, può essere dedotta anche nel giudizio di Cassazione, va però considerato che attraverso quella censura si intende attaccare la statuizione di appello quanto al profilo della prova del reato presupposto, questione che non aveva formato oggetto dell’atto di impugnazione.
Anche con riguardo a tale questione, peraltro, la censura è comunque manifestamente infondata; sia in quanto è pacifico che la prova del reato presupposto non richiede un accertamento giudiziale compiuto in ogni suo aspetto della sua esatta tipologia e dei suoi autori, potendo esser raggiunta la relativa dimostrazione anche attraverso prove logiche (Sez. 2, n. 16012 del 14/03/2023, COGNOME, Rv. 284522 – 01; Sez. 2, n. 20188 del 04/02/2015, COGNOME, Rv. 263521 – 01), mentre dalle sentenze di merito si traggono plurimi elementi fattuali, non superati dalle censure del ricorrente, che orientano per l’esistenza di artifici evidenti e pacifici posti in essere da COGNOME NOME per conseguire i contributi erogati dall’RAGIONE_SOCIALE; per altro verso, la dedotta inutilizzabilità
che colpirebbe il dichiarato di uno dei testimoni escussi non risulta avere anche solo in astratto carattere di decisività, non essendosi confrontata la difesa con il complesso delle fonti di prova che le sentenze di merito hanno preso in esame per giungere a ritenere dimostrata la provenienza delittuosa dei contributi percepiti dal COGNOME.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi, consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila ciascuno a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25/6/2024