Ricorso Inammissibile: Quando i Motivi Nuovi non Possono Entrare in Cassazione
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sul processo penale, sottolineando la rigorosa preclusione per l’introduzione di nuove questioni nel giudizio di legittimità. Il caso riguarda un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per la detenzione di supporti audiovisivi illecitamente duplicati, il quale ha tentato di sollevare per la prima volta dinanzi alla Suprema Corte la questione della non punibilità per particolare tenuità del fatto. Analizziamo la decisione e le sue implicazioni.
I Fatti del Caso: Dalla Condanna alla Questione di Legittimità
Un soggetto, condannato in primo e secondo grado per il reato previsto dall’art. 648 del codice penale, ha presentato ricorso per Cassazione. I motivi del ricorso erano due: il primo contestava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis cod. pen.); il secondo lamentava l’eccessività della pena inflitta.
La Corte d’Appello aveva pronunciato la sua sentenza in una data in cui la normativa sulla particolare tenuità del fatto era già pienamente in vigore. Tuttavia, l’imputato non aveva mai sollevato tale questione né nei motivi d’appello, né durante le conclusioni del processo di secondo grado.
L’Analisi della Cassazione su un Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi, giungendo a una declaratoria di totale inammissibilità del ricorso.
Il Principio della Devoluzione e i Motivi Nuovi
Sul primo punto, i giudici hanno richiamato l’art. 609, comma terzo, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che nel giudizio di Cassazione non possono essere dedotte questioni che non siano già state proposte nei motivi di appello. Poiché la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. costituiva una “questione nuova”, la sua proposizione per la prima volta in sede di legittimità l’ha resa immediatamente inammissibile. La Corte ha precisato che l’imputato avrebbe dovuto avanzare tale richiesta nel giudizio di merito, essendo la legge già in vigore al momento della delibera della sentenza d’appello.
La Genericità del Motivo sulla Pena
Anche il secondo motivo, relativo all’eccessività della pena, è stato giudicato inammissibile. La Corte lo ha definito “generico e manifestamente infondato”. Il ricorrente non aveva mosso critiche specifiche alla motivazione del giudice d’appello, il quale aveva adeguatamente giustificato la misura della pena basandosi sulla gravità del fatto, sulle circostanze dell’azione e sui precedenti penali dell’imputato, in linea con i criteri dettati dall’art. 133 del codice penale.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni alla base della decisione della Corte di Cassazione sono prevalentemente di natura procedurale. Il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito dove si possono riesaminare i fatti o introdurre nuove strategie difensive. Il suo scopo è garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali. Ammettere motivi nuovi significherebbe snaturare la funzione della Cassazione e violare il principio devolutivo, secondo cui il giudice d’appello decide solo sui punti della sentenza di primo grado che sono stati specificamente contestati. La Corte, pertanto, ha agito a tutela della corretta scansione processuale, sanzionando la tardiva proposizione delle doglianze difensive.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chi opera nel diritto penale: le strategie difensive devono essere definite e articolate fin dai primi gradi di giudizio. Non è possibile “conservare” delle eccezioni o delle richieste per il giudizio di Cassazione. La mancata richiesta di applicazione di un istituto favorevole, come la particolare tenuità del fatto, nel giudizio d’appello preclude definitivamente la possibilità di farlo valere in seguito. La conseguenza diretta di un ricorso inammissibile non è solo la conferma della condanna, ma anche l’addebito delle spese processuali e di un’ulteriore sanzione pecuniaria a carico del ricorrente, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al pagamento di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende.
È possibile chiedere per la prima volta in Cassazione l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
No, la Corte ha stabilito che tale richiesta è inammissibile se non è stata formulata nei motivi di appello o nel giudizio di secondo grado, a condizione che la norma (art. 131-bis cod. pen.) fosse già in vigore al momento della sentenza d’appello.
Cosa succede se un motivo di ricorso è considerato ‘generico’?
Un motivo generico, come una lamentela sull’eccessività della pena non adeguatamente argomentata, viene dichiarato inammissibile o manifestamente infondato, poiché non contesta specificamente le ragioni della decisione impugnata.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, come nel caso di specie dove è stata fissata una somma di 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1553 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1553 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a NAPOLI il 05/10/1974
avverso la sentenza del 19/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il primo motivo di ricorso di COGNOME LuigiCOGNOME che contesta la violazione di legge in relazione alla mancata applicazione della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod.pen. in relazione all’art. 648 cod.pen. per la detenzione di supporti audiovisivi abusivamente duplicati, è inammissibile perché devoluta per la prima volta nel giudizio di legittimità ostandovi il disposto di cui all’art. 609, comma terz cod. proc. pen., se il predetto articolo era già in vigore alla data della deliberazion della sentenza d’appello.
Nel caso in esame la sentenza impugnata è stata pronunciata in data 19/04/2024 e, dunque, successivamente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, e il ricorrente non aveva chiesto l’applicazione né nei motivi di appello e neppure sollecitata in sede di conclusioni del giudizio di secondo grado (Sez. 6, n. 20270 del 27/04/2016 Gravina, Rv. 266678).
Considerato che il secondo motivo di ricorso, che lamenta l’eccessività della pena è generico e comunque manifestamente infondato. Il giudice dell’impugnazione ha condiviso la misura della pena come determinata dal primo giudice in ragione delle circostanze dell’azione e della sussistenza di precedenti penali dando conto di avere operato alla luce dei criteri di cui all’art. 133 cod.pen. di cui ha valorizzato la grav del fatto.
Rilevato che pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 06/12/2024
estensore
Il Presidente