Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36878 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 36878 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NOCERA INFERIORE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/04/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che venga dichiarata l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente AVV_NOTAIO e le sue note conclusive, con richiesta di accoglimento dei motivi di ricorso con ogni conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Salerno, con sentenza del 11/04/2023, ha parzialmente riformato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Nocera inferiore, pronunciata ad esito di rito abbreviato, nei confronti di COGNOME NOME, dichiarando non doversi procedere per il reato ascritto ai sensi degli art. 624, 625 cod.pen. per mancanza di querela, rideterminando la pena per il reato di danneggiamento aggravato nella misura di dieci mesi di reclusione.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, per mezzo del proprio difensore, deducendo due motivi di ricorso.
2.1. GLYPH Violazione di legge e vizio della motivazione perché manifestamente illogica per aver ritenuto la ricorrenza dell’ipotesi aggravata di danneggiamento in considerazione della intervenuta azione nei confronti di vetro di esercizio commerciale.
2.2. GLYPH Violazione di legge e vizio della motivazione per omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche, in considerazione dello stato di disagio sociale e personale del ricorrente del tutto pretermesso nella valutazione della Corte di appello.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
La difesa ha depositato note conclusive con le quali ha ribadito i motivi di ricorso e le conclusioni ivi articolate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi non consentiti, generici e reiterativi.
Il primo motivo non è consentito, in quanto non proposto in appello, con conseguente interruzione della catena devolutiva sul punto, oggetto di inedita e tardiva impugnazione. In tal senso, sia la sentenza di appello nel riepilogare l’unico motivo di appello (non contestato dal ricorrente), che l’atto di appello, rendono evidente come fosse stata proposta una sola doglianza in ordine alla “erronea valutazione del quadro probatorio in ordine all’esistenza dei presupposti per la concessione delle circostanze attenuanti generiche”.
Nessuna doglianza era stata, dunque, proposta in ordine alla condotta contestata, alle sue caratteristiche ed alla sussistenza del fatto imputato.
Anche il secondo motivo di ricorso non è consentito, oltre che generico, attesa la sua totale reiteratività in mancanza di confronto con la argomentata motivazione della Corte di appello sul punto (pag. 3, dove è stata considerata la spiccata capacità a delinquere del ricorrente, la presenza di numerosi precedenti per reati sia contro il patrimonio, che contro la persona, oltre che in materia di stupefacenti, dunque una pluralità di delitti nel cui solco è stata considerata evolutivamente anche la condotta contestata per la sua gravità, oltre alla circostanza che tale condotta è stata posta in essere durante la ammissione del ricorrente ad una misura alternativa alla detenzione inframuraria). Deve essere sul punto ribadito il principio di diritto, affermato da questa Corte, secondo il quale è inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determiNOME (Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 26060801). La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, chiarito che il ricorso di cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’appello, e motivatamente respinti in secondo grado, non si confronta criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugNOME, ma si limita, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (Sez.2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Né può essere affrontato in questa sede il tema collegato, sebbene in modo indiretto nelle argomentazioni richiamate quanto alla asserita insussistenza del fatto (si ricorda tema non devoluto in appello), quanto alla mancanza di querela e caratteristiche individualizzanti in ordine al danneggiamento oggetto di condanna, anche in considerazione della disciplina introdotta dalla c.d. Legge Cartabia. Questa Corte ha già affermato, con principio che qui si intende ribadire, che nel giudizio di legittimità, l’inammissibilità del ricorso, impedendo la costituzione del rapporto processuale, preclude la considerazione della mancata proposizione della querela in relazione a reati per i quali sia stata introdotta, nelle more del ricorso, tale forma di procedibilità dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (Sez. 4, n. 2658 del 11/01/2023, COGNOME, Rv. 284155-01; Sez.4, n. 49513 del
15/11/2’23, COGNOME, Rv. 285468-01). Si è in tal senso precisato, con principio che si condivide e si intende ribadire, che nei giudizi pendenti in sede di legittimità, la sopravvenienza della procedibilità a querela per effetto dell’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non opera quale ipotesi di “abolitio criminis” capace di prevalere sull’inammissibilità del ricorso e di incidere sul c.d. giudicato sostanziale (Sez.5, n. 5, n. 11229 del 10/01/2023, COGNOME, Rv. 284542-01).
Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende ai sensi dell’art. 616 cod . proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 12 luglio 2024.