Ricorso Inammissibile: Quando i Motivi d’Appello non Possono Essere Cambiati in Cassazione
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre importanti spunti sulla disciplina del ricorso inammissibile e sui limiti entro cui è possibile contestare una sentenza di condanna. Il caso analizzato chiarisce due principi fondamentali: la necessità di una motivazione adeguata da parte del giudice d’appello nella quantificazione della pena e, soprattutto, l’impossibilità di introdurre per la prima volta in Cassazione questioni non sollevate in precedenza. Approfondiamo insieme i dettagli di questa decisione.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dal ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Roma. L’imputato era stato condannato per reati legati agli stupefacenti, in particolare per detenzione di cocaina e “crack”. Nel suo ricorso alla Corte di Cassazione, egli sollevava due principali censure: la prima riguardava la quantificazione della pena, ritenuta eccessiva; la seconda contestava la confisca di una somma di denaro disposta nei suoi confronti.
La Decisione della Corte di Cassazione e il ricorso inammissibile
La Suprema Corte ha rigettato completamente le doglianze del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione si fonda su una duplice valutazione: da un lato, la Corte ha considerato manifestamente infondato il motivo relativo alla pena; dall’altro, ha ritenuto inammissibile la censura sulla confisca, in quanto sollevata per la prima volta in sede di legittimità. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha articolato la sua decisione sulla base di due distinti ragionamenti giuridici.
In primo luogo, per quanto riguarda la quantificazione della pena, i giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione adeguata e completa. La decisione non si basava solo sul dato quantitativo della droga sequestrata, ma teneva conto anche dell’aspetto qualitativo (la pericolosità di sostanze come la cocaina e il “crack”) e del profilo personologico del ricorrente. Quest’ultimo, infatti, era stato arrestato pochi giorni prima e già condannato per fatti identici, un elemento che legittimava una valutazione di maggiore gravità.
In secondo luogo, e questo è il punto proceduralmente più rilevante, la Corte ha affrontato la questione della confisca. Il motivo di ricorso su questo punto è stato dichiarato inammissibile perché la questione non era stata sollevata in sede di appello. La Corte ha richiamato un suo precedente orientamento (Cass. n. 16610/2017), secondo cui non possono essere portate all’attenzione della Cassazione questioni sulle quali il giudice d’appello ha correttamente omesso di pronunciarsi, proprio perché non gli erano state devolute. Introdurre “motivi nuovi” in Cassazione è contrario ai principi del nostro ordinamento processuale, che prevede una progressione logica e preordinata dei gradi di giudizio.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per chiunque intenda impugnare una sentenza penale: la strategia difensiva deve essere delineata in modo completo fin dal primo grado di impugnazione. L’appello rappresenta la sede naturale per contestare tutti gli aspetti della sentenza di primo grado, sia nel merito sia riguardo alle pene accessorie come la confisca. Tentare di sollevare nuove questioni davanti alla Corte di Cassazione si traduce quasi inevitabilmente in una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria, cristallizzando di fatto la decisione impugnata.
È possibile presentare per la prima volta un motivo di ricorso davanti alla Corte di Cassazione?
No, sulla base di questa ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito che non possono essere dedotte questioni sulle quali il giudice di appello non si è pronunciato perché non gli sono state sottoposte. Tali motivi nuovi rendono il ricorso inammissibile.
Quali elementi considera un giudice per quantificare una pena per detenzione di stupefacenti?
Secondo questa decisione, i giudici considerano non solo il dato quantitativo (la quantità di droga), ma anche quello qualitativo (il tipo di sostanza, come cocaina e “crack”) e il profilo personologico dell’imputato, come precedenti condanne o arresti per fatti simili.
Cosa comporta una dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44618 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44618 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 26/11/1981
avverso la sentenza del 14/02/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso di COGNOME NOME
OSSERVA
Ritenuto che il motivo di ricorso con cui si censura la quantificazione della pena in concret determinata risulta manifestamente infondato alla luce dell’adeguata motivazione resa sul punto dalla Corte di appello che ha messo in evidenza, oltre al dato quantitativo, quel qualitativo (cocaina e “crack”) nonché il profilo personologico del ricorrente, arrestato al giorni prima e condannato per gli stessi fatti;
rilevato che la censura in merito alla disposta confisca del denaro costituisce questione non dedotta in sede di gravame; che infatti, non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso d pronunciare, perché non devolute alla sua cognizione (Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, Costa, Rv. 269632).
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11/10/2024