Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12962 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12962 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 12/03/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a SANT’AGATA DI MILITELLO il 09/10/1975
NOME nato a CATANIA 11 15/10/1995
avverso la sentenza del 05/07/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo che ha confermato la condanna di NOME COGNOME per i reati di spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate e truffa di cui agli artt. 455 (capo A) e 640 (capo B) cod. pen., la condanna di NOME COGNOME per i reati di spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate e truffa di cui agli artt. 455 (capo D) e 640 (capo E) cod. pen. e la condanna di entrambi gli imputati per il concorso nel reato di furto aggravato di cui agli artt. 110, 624 e 625, n. 4, cod. pen. (capo C), unificati a seguito del riconoscimento del vincolo della continuazione.
Ritenuto che il primo motivo di ricorso di NOME COGNOME che denunzia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 12 cod. proc. pen. e 81 cod. pen. e al riconoscimento della continuazione, non è consentito in sede di legittimità perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda pagg. 1 e 2), che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto, né la relativa richiesta di applicazione dell’istituto della continuazione è stata mai sollevata dalla difesa con le conclusioni.
Considerato che il secondo motivo di gravame di NOME COGNOME con cui il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata riqualificazione del delitto di cui al capo D) ai sensi dell’art. 457 cod. pen., non è deducibile in sede di legittimità ed è manifestamente infondato, in quanto basato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dal giudice di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME e altri, Rv. 260608; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME e altri, Rv. 243838). La Corte territoriale, infatti, sottolinea come l’asserita inconsapevolezza del ricorrente non sia supportata da alcun riscontro, al contrario, invece, le modalità della condotta e il fatto che NOME COGNOME non sia stato in grado di fornire una valida spiegazione alternativa dalla ricezione di tali banconote, inducono a far ritenere che lo stesso fosse pienamente consapevole della natura contraffatta delle stesse, tanto da trarre in inganno il venditore.
Ritenuto che i due motivi in cui si articola il ricorso di NOME COGNOME e il terzo e il quarto motivo di gravame presentati da NOME COGNOME dal contenuto uguale per entrambi i ricorrenti, con cui gli stessi lamentano rispettivamente, con il primo e il terzo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione relativamente alla
riconosciuta aggravante ex art. 625, comma 4, cod. pen. e, con il secondo e il quarto, violazione di legge e vizio di motivazione circa la mancata concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., sono manifestamente infondati perché non sono consentite tutte le doglianze che censurano la persuasività, l’adeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità. La motivazione della sentenza impugnata non presenta alcun vizio riconducibile alla nozione delineata nell’art. 606, comma 2, lett. e) cod. proc. pen., in quanto il giudice di merito, in riferimento all’aggravante della destrezza (cfr. pagg. 5 e 6), ha sottolineato come la stessa risulti pienamente provata dal fatto che gli imputati hanno scaltramente adottato diversi espedienti al fine di distrarre la persona offesa e perpetrare il furto dei beni all’interno dell’esercizio commerciale, non ravvisandosi dunque un semplice caso di approfittamento della distrazione della vittima (Sez. Li, n. 34090 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 270088). La Corte territoriale motiva correttamente anche con riferimento alla mancata concessione dell’attenuante del danno di speciale tenuità (cfr. pag. 8), specificando come il valore da 100 euro della banconota contraffatta non possa di per sé permettere di considerare irrisorio il danno subito dalla persona offesa. Infatti, come più volte ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte, il danno derivante da reato, per essere ritenuto tale da rendere l’imputato meritevole della mitigazione della pena ex art. 62, n. 4) cod. pen., deve essere lievissimo (Sez. 2, n. 5049 del 22/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280615; Sez. 4, n. 6635 del 19/01/2017, Sicu, Rv. 269241; Sez. 4, n. 8530 del 13/02/2015, COGNOME, Rv. 262450);
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 12 marzo 2025
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