Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46372 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46372 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NOCERA TERINESE il 10/07/1979
avverso la sentenza del 06/04/2022 del TRIBUNALE di LAMEZIA TERME
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 6/04/2022 il Tribunale di Lamezia Terme condannava COGNOME NOME per i reati di cui agli artt. 109 e 159 d. Igs. 81/2008 alla pena di euro 650 di ammenda.
Avverso tale sentenza l’imputato proponeva appello, convertito in data 5 luglio 2024 dalla Corte di appello di Catanzaro in ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo lamenta la mancanza di condizione di procedibilità, avendo lo stesso provveduto a ottemperare alle prescrizioni impartite dall’organo di vigilanza maron avendo ricevuto la notifica dell’invito a pagare, non ha in tal senso provveduto. Inoltre, l’avvenuta ottemperanza renderebbe evidente l’assenza di dolo.
2.2. Con il secondo motivo lamenta erronea valutazione delle prove.
2.3. Con il terzo motivo lamenta erroneo computo della prescrizione del reato, fissato in quattro anni anziché in cinque, come ritenuto in sentenza.
In data 17 ottobre 2024 l’Avv. NOME COGNOME per l’imputato, depositava memoria in cui insisteva per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Va preliminarmente evidenziato come la memoria difensiva è pervenuta fuori termine e della stessa, pertanto, il Collegio non terrà conto.
2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
L’articolo 581 cod. proc. pen. stabilisce che nell’atto di impugnazione debbono essere indicati, a pena di inammissibilità, i capi e le parti della sentenza oggetto di impugnazione, i quali debbono essere specifici e confrontarsi con il provvedimento impugnato.
La doglianza non è stata mai dedotta e coltivata nel corso del giudizio di primo grado, per cui essa non attacca in alcun modo un “punto” della sentenza ed è quindi, oltre che generica, anche tardivamente introdotta.
Ad abundantiam, il Collegio evidenzia come, nel primo giudizio, fosse stata eccepita la mancata notificazione del verbale di primo accesso, circostanza poi smentita nel corso dell’istruttoria, e non anche dell’invito al pagamento, ciò che determina la aspecificità del motivo di ricorso, che non si confronta con il provvedimento impugnato, introducendo un elemento fattuale nuovo non scrutinabile in sede di legittimità.
In ogni caso, la doglianza è manifestamente infondata.
La giurisprudenza di questa Corte (Sez. 3, Sentenza n. 45737 del 23/02/2017, COGNOME, Rv. 271410 – 01; Sez. 3, n. 38680 del 08/07/2004, COGNOME, Rv. 229628 – 01) prevede che la procedura di estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro, (già prevista dall’art. 19 ss. I. 19 dicembre 1994, n. 758), non richiede una formale notificazione del verbale di ammissione al pagamento redatto dalla P.A. successivamente alla verifica della avvenuta eliminazione della violazione, essendo sufficiente una modalità idonea a raggiungere il risultato di notiziare il contravventore della ammissione al pagamento e del relativo termine; si ritiene altresì che, nel caso in cui l’organo di vigilanza ometta di disporre l’ammissione dell’imputato al pagamento della sanzione amministrativa, non incombe sul giudice alcun obbligo di concedere all’imputato un termine per il predetto adempimento (Sez. 3, n. 45223 del 02/10/2007, COGNOME, Rv. 238259 – 01).
La Corte ha poi stabilito che la violazione della procedura amministrativa estintiva del reato, non costituisce causa di improcedibilità dell’azione penale (Sez. 3, n. 29818 del 09/09/2020, Formica, n.m.).
Il motivo di ricorso, che non si confronta con la sedimentata giurisprudenza di questa Corte, è quindi manifestamente infondato.
Il secondo motivo è inammissibile in quanto innpinge direttamente nel merito del procedimento, lamentando una mera “erroneità” nella valutazione delle prove, doglianza deducibile in sede di appello ma non nel giudizio di legittimità se non nei limiti della “manifesta illogicità” e della “contraddittorietà” della motivazione.
Il terzo motivo è manifestamente infondato in quanto, per le contravvenzioni, quattro anni è il termine di prescrizione ordinario, mentre quello di prescrizione “massima”, ricorrente (come nel caso di specie) in cui si sia verificato un atto interruttivo come il rinvio a giudizio, è esattamente di cinque anni, come ritenuto in sentenza.
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 18 ottobre 2024.