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Ricorso inammissibile: motivi non specifici in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile avverso una condanna per acquisto di cose di sospetta provenienza. La decisione si fonda sulla natura ripetitiva e non specifica dei motivi d’appello, che miravano a una rivalutazione dei fatti, compito precluso alla Suprema Corte. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile in Cassazione: Quando i Motivi sono Apparenti

L’accesso alla Corte di Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma è regolato da criteri molto stringenti. Un esempio chiaro di questi limiti emerge da una recente ordinanza, che ha dichiarato un ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano solo apparenti. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere la differenza tra una critica legittima a una sentenza e un tentativo, non consentito, di ottenere una nuova valutazione dei fatti.

Il Contesto del Caso Giudiziario

Il procedimento trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Firenze, che aveva confermato una condanna per il reato previsto dall’articolo 712 del codice penale, ovvero l’acquisto di cose di sospetta provenienza. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione dei giudici di secondo grado, decideva di rivolgersi alla Suprema Corte, contestando un vizio di legge e di motivazione in relazione alla configurabilità del reato.

L’Analisi della Cassazione e i limiti del ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha rapidamente liquidato come inammissibile. La ragione principale risiede nel fatto che i motivi addotti non erano altro che una ‘pedissequa reiterazione’ di argomenti già sollevati e puntualmente respinti dalla Corte d’Appello. Secondo i giudici di legittimità, tali motivi devono essere considerati non specifici, ma soltanto apparenti, poiché mancano di una critica argomentata e mirata contro la sentenza impugnata.

La Corte ha sottolineato un punto cruciale: l’imputato, pur lamentando formalmente un vizio di motivazione, in realtà non contestava una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica. Piuttosto, criticava la decisione come ‘erronea’ perché basata su una valutazione, a suo dire, sbagliata del materiale probatorio. Questo atteggiamento si traduce nel tentativo di ottenere una ‘inammissibile ricostruzione dei fatti’, utilizzando criteri di valutazione diversi da quelli legittimamente adottati dal giudice di merito.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni dell’ordinanza si fondano su un principio consolidato nella giurisprudenza italiana. La Corte di Cassazione non è un ‘terzo grado di merito’ e non ha il potere di effettuare una ‘rilettura’ degli elementi di fatto che sono alla base della decisione. La valutazione delle prove è riservata in via esclusiva al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il compito della Cassazione è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e coerente, non sostituire la propria valutazione a quella dei giudici precedenti.

A sostegno di questa posizione, viene richiamata una storica sentenza delle Sezioni Unite (n. 6402 del 1997), che ha cristallizzato questo principio. La Corte ha quindi concluso che, essendo il ricorso fondato su motivi non consentiti, doveva essere dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La decisione ha comportato per il ricorrente non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia ribadisce un’importante lezione per chi intende ricorrere in Cassazione: è essenziale formulare motivi di ricorso specifici, che attacchino vizi di legittimità della sentenza (violazione di legge o difetti di motivazione) e non che si limitino a riproporre le stesse argomentazioni di merito già esaminate, sperando in un riesame dei fatti. Un ricorso inammissibile non solo è destinato al fallimento, ma comporta anche significative conseguenze economiche.

Per quale motivo un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se i motivi proposti sono una mera ripetizione di quelli già respinti in appello, risultando non specifici ma solo apparenti. Inoltre, è inammissibile se, invece di contestare un vizio di legge o di motivazione, tenta di ottenere una nuova valutazione dei fatti, che è di competenza esclusiva dei giudici di merito.

Cosa significa che la Corte di Cassazione non può ‘ri-leggere’ gli elementi di fatto?
Significa che la Corte di Cassazione non ha il potere di riesaminare le prove e i fatti del processo per giungere a una propria e diversa conclusione sul merito della vicenda. Il suo ruolo è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non di sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato le prove direttamente.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso dichiarato inammissibile?
La persona che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso specifico di 3.000 euro, da versare alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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