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Ricorso inammissibile: motivi non specifici

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile perché basato su motivi non specifici e manifestamente infondati. La decisione sottolinea la necessità di presentare censure precise e circostanziate contro la sentenza impugnata, confermando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sottolinea l’Importanza dei Motivi Specifici

L’esito di un processo non si decide solo nel merito, ma anche attraverso il rispetto di precise regole procedurali. Un esempio lampante è il caso del ricorso inammissibile, un esito che blocca l’esame della questione da parte del giudice. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i criteri rigorosi per la presentazione di un ricorso, sottolineando come la specificità dei motivi sia un requisito imprescindibile per superare il vaglio di ammissibilità.

I fatti del caso

Un imputato, a seguito di una condanna confermata dalla Corte d’Appello, decideva di presentare ricorso in Cassazione. Le sue doglianze si basavano su due punti principali:

1. Una critica generale alla motivazione della sentenza riguardo alla sua responsabilità penale, ritenuta viziata e illogica.
2. La contestazione del rigetto della sua richiesta di applicare la ‘continuazione’ tra i reati per cui era stato condannato e altri reati oggetto di una precedente sentenza.

L’obiettivo del ricorrente era, da un lato, ottenere un annullamento della condanna e, dall’altro, un trattamento sanzionatorio più mite attraverso l’unificazione delle pene.

La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito delle questioni sollevate, ma si è fermata a un livello preliminare, quello dei requisiti formali e sostanziali dell’impugnazione. Vediamo nel dettaglio perché entrambi i motivi sono stati giudicati non meritevoli di esame.

Il primo motivo: la violazione dell’art. 581 c.p.p.

Il primo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile per la sua manifesta genericità. La Corte ha evidenziato come il ricorrente si fosse limitato a prospettare ‘deduzioni generiche e prive delle ragioni di diritto e dei dati di fatto’ necessarie a sostenere le sue richieste. In pratica, invece di contestare punti specifici e argomentati della sentenza d’appello, l’imputato si era limitato a denunciare una mera ‘illogicità della motivazione’. Questo approccio viola l’art. 581 del codice di procedura penale, che impone a chi impugna di indicare in modo specifico le ragioni di fatto e di diritto che giustificano la richiesta.

Il secondo motivo: la manifesta infondatezza sulla continuazione

Anche il secondo motivo, relativo al mancato riconoscimento della continuazione, è stato respinto. La Corte lo ha definito ‘manifestamente infondato’. La motivazione della Corte d’Appello, che aveva negato la continuazione tenendo conto del notevole lasso di tempo trascorso tra i fatti, è stata ritenuta corretta e non contraddittoria. Secondo la Cassazione, le argomentazioni del ricorrente si ponevano in ‘palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità’, la quale richiede una prova rigorosa dell’unicità del disegno criminoso, difficilmente compatibile con una grande distanza temporale tra i reati.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: l’impugnazione non è un’occasione per un riesame generico del processo, ma uno strumento specifico per criticare presunti errori del giudice precedente. Un ricorso, per essere ammissibile, deve essere una critica puntuale e argomentata. Deduzioni vaghe o che si limitano a riproporre le stesse questioni già respinte, senza attaccare la logica della decisione impugnata, non soddisfano i requisiti di legge. Per quanto riguarda la continuazione, la Corte riafferma che il tempo è un fattore cruciale per valutare l’esistenza di un ‘medesimo disegno criminoso’. Un lungo intervallo tra i reati rende meno credibile l’ipotesi di un piano unitario concepito fin dall’inizio.

Le conclusioni

Questa ordinanza è un monito importante sull’importanza della tecnica redazionale e della precisione nell’atto di impugnazione. Un ricorso inammissibile non solo porta alla conferma della decisione impugnata, ma comporta anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al pagamento di tremila euro alla Cassa delle ammende. Per i professionisti del diritto, ciò significa che la preparazione di un ricorso deve essere meticolosa, focalizzandosi su critiche specifiche, fondate su precisi riferimenti normativi e fattuali, per evitare una declaratoria di inammissibilità che preclude ogni discussione nel merito.

Perché il primo motivo del ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché proposto per motivi non specifici. Le argomentazioni erano generiche, prive delle ragioni di diritto e dei dati di fatto a loro sostegno, e si limitavano a contestare la mera illogicità della motivazione, in violazione dell’art. 581 del codice di procedura penale.

Qual è la ragione del rigetto della richiesta di continuazione tra reati?
La richiesta è stata giudicata manifestamente infondata. La decisione della corte precedente è stata ritenuta corretta, in particolare per aver considerato il significativo lasso di tempo trascorso tra i fatti, un elemento che contrasta con la consolidata giurisprudenza in materia di unicità del disegno criminoso.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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