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Ricorso inammissibile: motivi non proposti in appello

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per ricettazione. I motivi, relativi alla riqualificazione del reato e a vizi procedurali, non erano stati proposti in appello. La Corte ribadisce che non si possono sollevare nuove questioni di legge in sede di legittimità, confermando la decisione impugnata.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando i Motivi di Appello Determinano l’Esito in Cassazione

La presentazione di un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma le sue porte non sono sempre aperte. Una recente sentenza della Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta della proposizione di censure non sollevate nel precedente grado di appello. Questo caso, relativo a una condanna per ricettazione di dispositivi elettronici, offre uno spunto prezioso per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e l’importanza di una strategia difensiva ben definita fin dai primi gradi.

Il Caso: Dalla Condanna per Ricettazione al Ricorso in Cassazione

I fatti traggono origine da una condanna emessa dal Tribunale per il reato di ricettazione, ai sensi dell’art. 648 c.p., a carico di un individuo trovato in possesso di tre computer portatili di provenienza furtiva. La Corte di Appello, in parziale riforma della prima sentenza, assolveva l’imputato da un’altra accusa ma confermava la sua responsabilità per la ricettazione, rideterminando la pena in tre anni di reclusione e 900 euro di multa.

Contro questa decisione, la difesa proponeva ricorso per cassazione, articolando diversi motivi di doglianza che spaziavano da presunti vizi procedurali a carenze motivazionali.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione

La difesa dell’imputato ha basato il ricorso su sei distinti motivi, sperando di ottenere l’annullamento della condanna. Tuttavia, la Corte di Cassazione li ha rigettati tutti, dichiarando il ricorso nel suo complesso inammissibile. Analizziamo le ragioni di questa decisione.

Motivi Tardivi: Un ricorso inammissibile per questioni non sollevate prima

I primi due motivi del ricorso sostenevano la nullità della sentenza di primo grado. L’imputato, infatti, aveva confessato di essere l’autore dei furti dei computer, e secondo la difesa il Tribunale avrebbe dovuto riqualificare il reato da ricettazione (art. 648 c.p.) a furto (art. 624 c.p.).

La Cassazione ha però rilevato un vizio insanabile: questa specifica questione non era mai stata sollevata con l’atto di appello. L’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce chiaramente che non possono essere dedotte in Cassazione violazioni di legge che non siano state eccepìte con i motivi di appello. La censura era, quindi, tardiva e, di conseguenza, inammissibile.

Un ragionamento analogo è stato applicato al terzo motivo, con cui si lamentava la mancata rinnovazione dell’istruttoria in appello per sentire il proprietario di uno dei computer, la cui denuncia di furto non risultava agli atti. Anche questa richiesta, secondo la Suprema Corte, non era stata specificamente formulata in appello, rendendo la doglianza improponibile in sede di legittimità.

Genericità delle Censure e Mancato Riconoscimento di Attenuanti

Altri motivi del ricorso lamentavano una presunta carenza di motivazione riguardo alla provenienza delittuosa di uno dei dispositivi e al mancato riconoscimento dell’attenuante della particolare tenuità del fatto (prevista dal quarto comma dell’art. 648 c.p.).

La Corte ha giudicato anche queste censure generiche. La Corte di Appello aveva infatti adeguatamente motivato la sua decisione, evidenziando come le indagini investigative e la stessa ammissione dell’imputato (che aveva dichiarato i computer come “rubati”) fossero sufficienti a provare l’origine illecita dei beni. Riguardo all’attenuante, era stato sottolineato che i computer erano funzionanti e di recente fabbricazione, e che l’imputato aveva numerosi precedenti specifici per reati contro il patrimonio, elementi che escludevano la particolare tenuità del danno.

Le Motivazioni della Corte

La decisione della Cassazione si fonda su principi cardine del processo penale. In primo luogo, il principio devolutivo dell’appello, secondo cui il giudice di secondo grado può decidere solo sulle questioni specificamente indicate nei motivi di impugnazione. Di conseguenza, le questioni non sollevate in quella sede si considerano rinunciate e non possono essere riproposte per la prima volta in Cassazione.

In secondo luogo, la Corte ribadisce che il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Non è compito della Cassazione rivalutare i fatti o l’adeguatezza delle motivazioni, se queste sono logiche, coerenti e non manifestamente viziate. Nel caso di specie, la Corte di Appello aveva fornito una motivazione congrua sia sulla responsabilità dell’imputato sia sul trattamento sanzionatorio, incluso il mancato riconoscimento delle attenuanti e l’applicazione della recidiva, giustificata dai numerosi e ravvicinati precedenti penali dell’imputato, sintomo di una “pericolosità sociale sempre più ingravescente”.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza sottolinea l’importanza cruciale della redazione dell’atto di appello. Tutte le potenziali violazioni di legge e i vizi della sentenza di primo grado devono essere meticolosamente eccepiti in quella sede. Omettere una censura in appello significa, nella maggior parte dei casi, precludersi la possibilità di farla valere davanti alla Corte di Cassazione, rendendo il successivo ricorso, almeno su quel punto, destinato a essere dichiarato inammissibile.

Per l’imputato, la dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, aggravando ulteriormente la sua posizione.

È possibile presentare in Cassazione un motivo di ricorso non sollevato in appello?
No. La Corte di Cassazione, in base all’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, ha ribadito che non possono essere dedotte in sede di legittimità violazioni di legge che non siano state specificamente proposte con i motivi di appello. Tali censure sono considerate tardive e quindi inammissibili.

Come viene valutata la provenienza illecita di un bene se manca la denuncia di furto?
Anche in assenza di una formale denuncia, la provenienza illecita di un bene può essere provata attraverso altri elementi. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto sufficienti gli accertamenti investigativi presso l’azienda produttrice, che avevano identificato il proprietario, e soprattutto la confessione dello stesso imputato, che aveva ammesso che i computer in suo possesso erano rubati.

Quali elementi considera il giudice per applicare l’aggravante della recidiva?
Il giudice non si limita a un mero automatismo, ma deve verificare in concreto se la reiterazione del reato sia sintomo di una maggiore riprovevolezza e pericolosità sociale dell’autore. La Corte di Appello ha correttamente considerato i numerosi precedenti penali dell’imputato, la loro natura (reati contro il patrimonio), la stretta continuità temporale con i fatti in giudizio e persino le condanne successive, ritenendoli indicativi di una pericolosità crescente che giustificava l’applicazione della recidiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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