Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18256 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18256 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
UP – 13/03/2025
R.G.N. 695/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Tunisia il 02/08/1978 rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME di fiducia
avverso la sentenza emessa in data 27/05/2024 dalla Corte di appello di Firenze, prima sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che Ł stata avanzata rituale richiesta di trattazione orale in presenza, ai sensi dell’art. 611, commi 1-bis e 1-ter cod. proc. pen.; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria con la quale il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso chiedendo declaratoria di inammissibilità del ricorso; udite le conclusioni del difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della pronuncia in data 15/01/2020 del Tribunale di Firenze emessa nei confronti di NOME COGNOME così statuiva:
-confermava il giudizio di responsabilità per i reati di cui all’art. 648 cod. pen., in relazione a tre computer Mac Book di provenienza furtiva (capo A, di imputazione);
-assolveva l’imputato dal delitto di cui all’art. 455 cod. pen. (capo D, di imputazione) perchØ il fatto non costituisce reato;
per l’effetto, rideterminava la pena in anni tre di reclusione ed euro 900,00 di multa.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, articolando sei motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo ed il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la nullità della sentenza di primo grado per violazione degli artt. 516 e 522 del codice di rito.
Rileva il ricorrente che l’imputato, all’udienza dibattimentale celebrata il 15 gennaio 2020, aveva confessato di essere stato l’autore del furto dei tre Mac Book oggetto della contestata ricettazione; a fronte di tale ammissione il pubblico ministero non ha proceduto alla modifica dell’imputazione sub capo A) ed il Tribunale non ha riqualificato il fatto nel delitto di cui all’art. 624 cod. pen., come avrebbe dovuto.
2.2. Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 603 cod. proc. pen per avere la Corte di appello omesso di pronunciarsi sulla richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale avente ad oggetto l’audizione di NOME COGNOME proprietario di uno dei tre Mac Book asseritamente ricettati che non ha sporto denuncia di furto e che non risulta essere mai stato rintracciato nel corso delle indagini.
2.3. Con il quarto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la carenza di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla provenienza delittuosa del Mac Book asseritamente rubato al Faina il quale, tuttavia, non ha sporto denuncia di furto.
2.4. Con il quinto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., carenza di motivazione della sentenza impugnata in ordine al mancato riconoscimento della attenuante di cui all’art. 648, comma quarto, cod. pen.
Rileva il ricorrente che la diminuente in questione avrebbe dovuto essere concessa in ragione del fatto che i Mac Book non erano nuovi e sono, notoriamente, apparecchiature elettroniche soggette a rapidissima obsolescenza.
2.5. Con il sesto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., violazione di legge in ordine alla mancata esclusione della recidiva.
Tale aggravante avrebbe dovuto essere disapplicata alla luce della modestia della condotta di ricettazione e del comportamento confessorio dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł inammissibile.
Il primo e il secondo motivo (esaminabili congiuntamente in quanto correlati tra loro) non sono proponibili in questa sede.
Dal non contestato riepilogo dei motivi di appello, riportato nella sentenza impugnata (pag. 3), e dal diretto esame dell’atto di impugnazione emerge che la questione relativa alla nullità della pronuncia di primo grado per violazione degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen. non era stata sottoposta alla cognizione della Corte di merito.
La censura in parola deve dunque ritenersi tardivamente prospettata, essendo preclusa, come espressamente stabilito dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., la deduzione per la prima volta in sede di legittimità di violazioni di legge non precedentemente proposte con i motivi di appello: ne consegue l’impossibilità di scrutinio.
Considerazioni non dissimili valgono con riferimento al terzo motivo di ricorso con il quale si deduce la violazione dell’art. 603 cod. proc. pen. per avere la Corte di merito omesso di pronunciarsi sulla richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale avente ad oggetto l’audizione del proprietario di uno dei Mac Book ricettati la cui denuncia di furto non risultava agli atti.
Il diretto esame dell’atto di appello consente di affermare che, con tale gravame, non era stata avanzata specifica, precisa e argomentata richiesta in tal senso, salvo genericamente prospettare nel primo motivo – con cui era censurato il giudizio di responsabilità per il delitto di ricettazione – che il difetto di prova della provenienza delittuosa di uno dei Mac Book avrebbe imposto l’assoluzione dell’imputato ovvero la rinnovazione istruttoria.
Generici sono il quarto e quinto motivo di ricorso con i quali si deduce la carenza di motivazione della sentenza impugnata in ordine all’origine furtiva di uno degli oggetti ricettati e in ordine al mancato riconoscimento della circostanza attenuante prevista dall’art. 648, comma quarto, cod. pen.
Invero, la difesa ricorrente non si confronta con l’apparato argomentativo della Corte di appello che ha evidenziato, da un lato, come dagli accertamenti investigativi eseguiti presso l’azienda Apple, fosse emersa, anche con riferimento al Mac Book per il quale non risultava agli atti la denuncia di furto, l’intestazione dello stesso a NOME COGNOME e, dall’altro, che lo stesso imputato aveva ammesso che tutti e tre i computer trovati in suo possesso erano rubati, così implicitamente concludendo per la superfluità di verifiche ulteriori in merito alla provenienza delittuosa di tali oggetti.
Il ricorso non si misura concretamente neppure con le ragioni, compiutamente indicate dai giudici di secondo grado, per le quali non Ł stata riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’art. 648, comma quarto, cod. pen. (pag. 4 della sentenza impugnata).
La Corte di appello, al riguardo, ha posto in luce come tutti e tre i Mac Book erano funzionanti e di recente fabbricazione, sicchŁ non emergeva prova del valore esiguo degli stessi, evidenziando altresì che l’imputato era attinto da diversi precedenti penali per reati contro il patrimonio, così correttamente applicando il principio secondo cui l’attenuante de qua va esclusa quando emergano elementi negativi, sia sotto il profilo strettamente obbiettivo (quale l’entità del profitto), sia sotto il profilo soggettivo della capacità a delinquere dell’agente (cfr., Sez. 2, n. 29346 del 10/06/2022, Mazza, Rv. 283340; Sez. 2, n. 51818 del 06/12/2013, COGNOME, Rv. 258118; Sez. 1, n. 13600 del 13/03/2012, COGNOME, Rv. 252286).
A fronte di tale motivazione, la difesa ricorrente si limita a genericamente prospettare che le apparecchiature elettroniche costituiscono beni soggetti a rapida obsolescenza e di conseguente veloce depauperamento.
Manifestamente infondato Ł il sesto motivo di ricorso con il quale si deduce la violazione di legge con riferimento alla mancata esclusione della recidiva.
Sul punto, la Corte di appello (pag. 4 della sentenza impugnata) ha evidenziato come l’imputato risultava attinto da plurime pregresse condanne per reati anche contro il patrimonio, l’ultima riportata in epoca non distante dai fatti oggetto di giudizio i quali – ponendosi in stretta continuità con i precedenti – erano pertanto ritenuti significativi di una pericolosità sociale sempre piø ingravescente. Ha inoltre sottolineato come tale giudizio di rafforzata riprovevolezza della condotta trovava ulteriore conferma nel fatto che NOME aveva riportato anche condanne per fatti successivi.
Si tratta di un argomentare in linea con il principio di diritto dettato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 35738 del 27/05/2010, CalibŁ, Rv. 247838 secondo cui, in presenza di contestazione della recidiva a norma di uno dei primi quattro commi dell’art. 99 cod. pen., il giudice Ł tenuto a verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado
di colpevolezza per violenza privata, usura, estorsione ed associazione mafiosa.
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13/03/2025.
Il Presidente NOME COGNOME