Ricorso Inammissibile: Quando i Motivi d’Appello Sono Repetitivi o Tardivi
Nel processo penale, l’accesso alla Corte di Cassazione è regolato da criteri molto stringenti. Un recente provvedimento (Ordinanza n. 45744/2024) offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa derivare non da un’analisi del merito della questione, ma da vizi procedurali legati alla formulazione dei motivi. La vicenda riguarda un’accusa per il reato di ricettazione e solleva due questioni fondamentali: la specificità dei motivi di ricorso e la tempestività con cui devono essere sollevate determinate eccezioni, come quella sulla particolare tenuità del fatto.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine da una condanna per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.) confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, affidando la sua difesa a due distinti motivi. Con il primo, contestava la valutazione della sua responsabilità penale, lamentando una violazione di legge e un difetto di motivazione. Con il secondo, invece, lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale.
La Decisione della Corte: Il Ricorso è Inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato i motivi proposti e, senza entrare nel merito della colpevolezza dell’imputato, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione si fonda su precise ragioni procedurali che meritano un’attenta analisi, poiché rappresentano principi consolidati della giurisprudenza di legittimità.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha analizzato separatamente i due motivi di ricorso, riscontrando per entrambi vizi che ne hanno impedito l’esame nel merito.
Il Primo Motivo: La Semplice Reiterazione di Argomenti Già Trattati
Per quanto riguarda la contestazione sulla responsabilità penale, i Giudici hanno osservato che le argomentazioni presentate non erano nuove. Si trattava, infatti, di una “pedissequa reiterazione” di quelle già esposte nel giudizio d’appello e che la Corte territoriale aveva puntualmente esaminato e respinto. Un motivo di ricorso in Cassazione non può limitarsi a riproporre le stesse doglianze, ma deve contenere una critica specifica e argomentata della sentenza impugnata, evidenziandone gli errori di diritto o i vizi logici. In assenza di tale specificità, il motivo è considerato solo apparente e, di conseguenza, inammissibile.
Il Secondo Motivo: La Tardività della Questione sulla Tenuità del Fatto
Ancora più netta è stata la valutazione sul secondo motivo. La Corte ha rilevato che la questione relativa all’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto) non era mai stata sollevata nel precedente grado di giudizio, ossia nell’atto di appello. Il codice di procedura penale (art. 606, comma 3) stabilisce che determinate questioni non possono essere dedotte per la prima volta in Cassazione. La Corte ha richiamato un suo precedente orientamento (sentenza n. 19207/2017) per ribadire che, se la norma sulla tenuità del fatto era già in vigore al momento della sentenza d’appello, la difesa avrebbe dovuto sollevare la questione in quella sede. Non avendolo fatto, ha perso la possibilità di discuterne davanti alla Suprema Corte. Il giudice di merito, inoltre, non ha l’obbligo di pronunciarsi d’ufficio su tale causa di non punibilità in assenza di una specifica richiesta.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, evidenzia che il ricorso per Cassazione non è una terza istanza di giudizio sul fatto, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla coerenza della motivazione. Pertanto, i motivi devono essere specifici e mirati a criticare la decisione impugnata, non a riproporre vecchie tesi. In secondo luogo, ribadisce un principio fondamentale di strategia processuale: tutte le questioni, incluse quelle relative a cause di non punibilità come la tenuità del fatto, devono essere sollevate tempestivamente nel corso dei giudizi di merito. Omettere di farlo preclude la possibilità di farle valere in un secondo momento, con la conseguenza di rendere il ricorso inammissibile e la condanna definitiva, con l’ulteriore onere del pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Quando un motivo di ricorso in Cassazione viene considerato una semplice reiterazione?
Un motivo di ricorso viene considerato una “pedissequa reiterazione”, e quindi inammissibile, quando si limita a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte nel giudizio di appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza impugnata.
È possibile chiedere per la prima volta in Cassazione l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
No. Secondo questa ordinanza, la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. non può essere sollevata per la prima volta in Cassazione se non è stata dedotta come specifico motivo nel precedente atto di appello, come previsto dall’art. 606, comma terzo, del codice di procedura penale.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
Se un ricorso viene dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non esamina il merito della questione. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45744 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45744 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a GROTTAGLIE il 17/03/1986
avverso la sentenza del 14/05/2024 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME e memoria del 6/9/2024, ritenuto che il primo motivo di ricorso, che deduce violazione di legge e difett di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il reato di cui a 648 cod. pen., non è consentito perché fondato su motivi che si risolvono ne pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disat dalla Corte di merito alle pagg. 5-6 della sentenza impugnata, dovendosi gli ste considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolve la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di rico
osservato che il secondo motivo di ricorso che lamenta la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. consentito in sede di legittimità, perché la censura non risulta essere previamente dedotta come motivo di appello, come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda pag. 4), che ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, incompleto o comunque non corretto;
che “in tema di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. non può essere de per la prima volta in cassazione, ostandovi il disposto di cui all’art. 606, terzo, cod. proc. pen., se il predetto articolo era già in vigore alla da deliberazione della sentenza impugnata, né sul giudice di merito grava, in dif di una specifica richiesta, alcun obbligo di pronunciare comunque sulla relat causa di esclusione della punibilità” (Sez. 3, n. 19207 del 16/03/2017, COGNOME Rv. 269913).
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2024.