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Ricorso inammissibile: motivi non dedotti in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per furto in abitazione. La decisione si fonda su due ragioni procedurali: il primo motivo, relativo alla qualificazione del reato come tentativo, non era stato sollevato nel precedente grado di appello; il secondo motivo, riguardante una circostanza aggravante, è stato giudicato una mera riproposizione di questioni di fatto già esaminate e respinte. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: L’Importanza di Presentare Tutti i Motivi in Appello

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: i motivi di impugnazione devono essere cristallizzati sin dal primo atto di appello. La conseguenza di una tale omissione è drastica: il ricorso inammissibile. Questa decisione offre uno spunto prezioso per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e l’importanza di una strategia difensiva completa fin dai primi gradi di giudizio.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla condanna di un imputato per il reato di furto in abitazione. La sentenza di primo grado veniva confermata dalla Corte di Appello di Palermo. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, proponeva ricorso per cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza. Con il primo, sosteneva che il fatto dovesse essere riqualificato come mero tentativo di furto, e non come reato consumato. Con il secondo, contestava la sussistenza di una specifica circostanza aggravante prevista dal codice penale.

L’Analisi della Corte e il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, senza entrare nel merito delle questioni sollevate, ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, basando la sua decisione su due distinte ragioni procedurali, una per ciascun motivo di ricorso.

Il Primo Motivo: La Censura Tardiva sul Tentativo

La Corte ha rilevato che la richiesta di derubricare il reato da consumato a tentato non era mai stata presentata come specifico motivo di appello nel precedente grado di giudizio. Ai sensi dell’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale, non è consentito introdurre per la prima volta in sede di legittimità questioni che non siano state devolute alla cognizione del giudice d’appello. Questo principio serve a garantire la gradualità dei giudizi e ad evitare che la Cassazione si trasformi in un terzo grado di merito. La mancata deduzione in appello ha quindi reso il motivo non proponibile e, di conseguenza, inammissibile.

Il Secondo Motivo: Questioni di Fatto e Limiti della Cassazione

Per quanto riguarda la contestazione sulla circostanza aggravante, i Giudici hanno osservato che il motivo era “versato in fatto”. Ciò significa che l’imputato non contestava un’errata applicazione della legge, ma chiedeva alla Corte di rivalutare le prove e le circostanze materiali del caso, un’attività preclusa al giudice di legittimità. Inoltre, la censura è stata ritenuta una mera riproduzione di argomenti già adeguatamente esaminati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello. Anche questo motivo è stato quindi giudicato inammissibile.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte si fonda su due pilastri del nostro sistema processuale. In primo luogo, il principio devolutivo dell’appello, che impedisce di sollevare doglianze nuove nel giudizio di cassazione. In secondo luogo, la natura stessa del giudizio di legittimità, che è un controllo sulla corretta applicazione del diritto (error in iudicando o in procedendo) e non un nuovo esame dei fatti (error in facto). Poiché entrambi i motivi di ricorso violavano questi principi cardine, l’unica conclusione possibile era dichiarare il ricorso inammissibile nella sua interezza.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa

Questa ordinanza è un monito per ogni difensore. La strategia processuale deve essere definita in modo completo e dettagliato sin dall’atto di appello. Omettere un motivo di impugnazione in quella sede significa precludersi definitivamente la possibilità di farlo valere davanti alla Corte di Cassazione. La decisione finale comporta non solo la definitività della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione di 3.000,00 Euro alla Cassa delle ammende, un’ulteriore conseguenza negativa di un’impugnazione proceduralmente errata.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non erano validi per un esame da parte della Corte di Cassazione. Il primo motivo non era stato sollevato nel precedente appello, mentre il secondo riguardava una valutazione dei fatti, che non rientra nelle competenze della Cassazione.

È possibile presentare un nuovo motivo di ricorso per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione?
No, sulla base di questa ordinanza e dell’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, un motivo di ricorso non può essere esaminato dalla Corte di Cassazione se non è stato specificamente dedotto come motivo nel precedente grado di appello.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in Euro 3.000,00.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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