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Ricorso inammissibile: motivi non dedotti in appello

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile poiché il ricorrente ha sollevato un motivo di doglianza per la prima volta in sede di legittimità, senza averlo precedentemente dedotto nell’atto di appello. Tale errore procedurale ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, riaffermando il principio che i motivi di impugnazione devono essere specificati fin dal primo grado di gravame.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: L’Importanza di Articolare Tutti i Motivi in Appello

Nel processo penale, la precisione e la completezza degli atti di impugnazione sono fondamentali. Un errore nella formulazione dei motivi di appello può precludere la possibilità di discutere tali questioni in Cassazione, portando a una declaratoria di ricorso inammissibile con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di questa regola procedurale e delle sue severe conseguenze.

Il Contesto Processuale: Dall’Appello alla Cassazione

Il caso trae origine dalla condanna di un imputato per il reato di false attestazioni a un pubblico ufficiale (art. 495 c.p.), confermata dalla Corte di Appello di Palermo. L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando un unico vizio: la mancata o carente motivazione della Corte territoriale riguardo alla commisurazione della pena, in violazione dei parametri stabiliti dall’art. 133 del codice penale.

Tuttavia, l’atto di appello presentato in precedenza si concentrava su altri aspetti, quali il bilanciamento delle circostanze attenuanti e l’esclusione della recidiva, senza sollevare alcuna specifica censura sulla quantificazione della pena base.

La Decisione sul Ricorso Inammissibile in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del diritto processuale penale: l’effetto devolutivo dell’appello. Secondo questo principio, il giudice di secondo grado può esaminare e decidere solo sulle questioni e sui punti della sentenza di primo grado che sono stati specificamente contestati nell’atto di impugnazione.

Di conseguenza, non è possibile introdurre per la prima volta in Cassazione motivi di ricorso che non siano stati sottoposti all’attenzione del giudice d’appello. La Suprema Corte ha chiarito che tale preclusione non si applica solo alle questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento o a quelle che non era stato possibile dedurre in precedenza, circostanze non ravvisabili nel caso di specie.

Le Motivazioni: Il Principio di Devoluzione e la Genericità del Ricorso

La motivazione della Corte si articola su due pilastri. In primo luogo, il richiamo alla giurisprudenza consolidata secondo cui ‘non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare siccome non devolute con la dovuta specificità alla sua cognizione’. L’imputato, non avendo criticato la commisurazione della pena in appello, ha perso la possibilità di farlo nel successivo grado di giudizio.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che, anche a voler superare tale ostacolo procedurale, le censure mosse erano comunque del tutto generiche. Le doglianze erano state prospettate senza un confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata, risultando quindi inidonee a superare il vaglio di ammissibilità.

L’inammissibilità del ricorso, essendo riconducibile a una colpa evidente del ricorrente, ha comportato la condanna di quest’ultimo non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 c.p.p.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa Tecnica

Questa ordinanza ribadisce una lezione fondamentale per ogni difensore: l’atto di appello deve essere redatto con la massima cura e completezza. Ogni potenziale vizio della sentenza di primo grado, inclusi quelli relativi al trattamento sanzionatorio, deve essere specificamente dedotto e argomentato. Omettere un motivo di doglianza in appello significa, nella maggior parte dei casi, chiudere definitivamente la porta a una sua discussione davanti alla Corte di Cassazione. La strategia difensiva deve essere lungimirante, anticipando tutti i possibili fronti di contestazione fin dal primo atto di impugnazione per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile e le relative conseguenze economiche per l’assistito.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché sollevava una questione (la commisurazione della pena) che non era stata inclusa tra i motivi dell’atto di appello, impedendo così alla Corte di Cassazione di esaminarla.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in questo caso?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nella proposizione di un’impugnazione palesemente infondata.

È possibile presentare in Cassazione un motivo non discusso in appello?
No, di regola non è possibile. Il giudizio della Corte di Cassazione è limitato alle questioni specificamente devolute con l’atto di appello, a meno che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio o che non potevano essere dedotte in precedenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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