Ricorso Inammissibile in Cassazione: Quando i Motivi non Vengono Esaminati
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, delineando i confini entro cui la Suprema Corte può esaminare le doglianze della difesa. Affrontando un caso di presunta partecipazione a un’associazione criminale, i giudici hanno dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo principi fondamentali sia sulla specificità dei motivi di ricorso sia sull’applicazione delle pene accessorie. Questa decisione è un monito per chi intende impugnare una sentenza di condanna: le censure devono essere precise, pertinenti e non possono limitarsi a una generica rilettura delle prove già valutate nei gradi di merito.
I Fatti del Caso
Un soggetto condannato dalla Corte d’Appello per la sua partecipazione a un’associazione criminale ha presentato ricorso per cassazione. I motivi dell’impugnazione erano principalmente due. Con il primo, si contestava la tenuta logica della motivazione della sentenza d’appello, sostenendo l’inconsistenza delle prove a carico, in particolare riguardo al suo ruolo nell’organizzazione. Con il secondo motivo, si lamentava l’illegittimità dell’applicazione d’ufficio, da parte della Corte d’Appello, della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici, non prevista nella sentenza di primo grado.
La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha rigettato entrambe le censure, dichiarando il ricorso inammissibile nel suo complesso. La decisione si fonda su una valutazione rigorosa dei limiti del giudizio di legittimità, che non può trasformarsi in un terzo grado di merito dove riesaminare le prove, ma deve limitarsi a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.
Il Primo Motivo: Censure Generiche e Manifestamente Infondate
La Corte ha ritenuto il primo motivo manifestamente infondato. Le critiche mosse dal ricorrente alla valutazione delle prove (dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, intercettazioni, testimonianze) sono state giudicate come un tentativo di contrapporre una propria interpretazione dei fatti a quella, adeguatamente motivata, dei giudici di merito. La Cassazione ha sottolineato che il ricorso non aveva instaurato un confronto critico con la sentenza impugnata, ma si era limitato a contestare in modo apodittico la solidità del quadro probatorio. Inoltre, sono stati introdotti temi, come la credibilità di un collaboratore, che non erano stati oggetto del precedente appello e che, comunque, non erano decisivi vista la pluralità di elementi a sostegno della condanna.
Il Secondo Motivo: L’Applicazione d’Ufficio della Pena Accessoria
Anche il secondo motivo è stato respinto. Il ricorrente sosteneva la violazione del divieto di reformatio in peius (il divieto per il giudice dell’impugnazione di peggiorare la situazione dell’imputato). Tuttavia, la Corte ha ribadito un principio consolidato, recentemente confermato anche dalle Sezioni Unite con la sentenza “Galdini” (n. 47502/2022): l’applicazione di alcune pene accessorie è automatica e obbligatoria per legge quando si è in presenza di determinati reati. Pertanto, la Corte d’Appello ha agito correttamente applicandola d’ufficio, sanando un’omissione della sentenza di primo grado, senza violare alcun principio procedurale.
Le Motivazioni della Corte
La motivazione della Suprema Corte si articola su due pilastri. In primo luogo, riguardo alla valutazione della responsabilità penale, i giudici di legittimità hanno affermato che il percorso argomentativo della Corte d’Appello era giuridicamente corretto, puntuale e coerente con le emergenze processuali. La decisione impugnata aveva definito adeguatamente il contributo del ricorrente all’associazione, la stabilità del suo apporto e la consapevolezza del contesto criminale in cui operava, basandosi su un compendio probatorio solido e interpretato senza manifeste incongruenze logiche. In secondo luogo, per quanto concerne la pena accessoria, la motivazione si fonda sulla natura obbligatoria e automatica della sua applicazione ai sensi dell’art. 20 del codice penale per il reato più grave oggetto di condanna. Tale automatismo rende legittima la sua irrogazione anche in appello, qualora il giudice di primo grado l’abbia erroneamente omessa.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza rafforza due importanti messaggi. Primo: un ricorso per cassazione non può limitarsi a una critica generica della valutazione delle prove, ma deve individuare vizi specifici di legittimità (violazione di legge o vizi manifesti della motivazione). Tentare di ottenere una nuova valutazione del merito dei fatti porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Secondo: l’applicazione delle pene accessorie obbligatorie per legge è un atto dovuto che può essere compiuto anche in sede di appello, senza che ciò costituisca una riforma peggiorativa per l’imputato. La conseguenza pratica di un ricorso inammissibile è severa: non solo la condanna diventa definitiva, ma il ricorrente viene anche condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Perché un motivo di ricorso basato sulla valutazione delle prove può essere dichiarato inammissibile?
Un motivo di ricorso è inammissibile se si limita a contestare la valutazione delle prove fatta dai giudici di merito senza evidenziare vizi logici manifesti o violazioni di legge. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti, ma un giudice di legittimità.
È legittimo che la Corte d’Appello applichi una pena accessoria non prevista nella sentenza di primo grado?
Sì, è legittimo se la pena accessoria è un’automatica e obbligatoria conseguenza di legge per il reato per cui è stata emessa condanna. In tal caso, la sua applicazione d’ufficio da parte del giudice d’appello sana un’omissione e non viola il divieto di peggiorare la posizione dell’imputato.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5574 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5574 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 19/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/12/2022 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe; esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché i motivi prospettati non sono consentiti dalla legg sede di legittimità in quanto con il primo motivo si mette in discussione la tenuta motivazionale della decisione gravata in relazio alla ritenuta intraneità associativa ascritta al ricorrente prospettando censure manifestamente infonda perché il tema risulta adeguatamente vagliato dai giudici del merito con argomentare inadeguatamente contrastato dal ricorso (senza effettuare un effettivo confronto critico con il tenore della deci prospettando apoditticamente l’inconsistenza del materiale probatorio apprezzato dai giudici del merito introducendo temi – in particolare quello della credibilità soggettiva del collaborante rimasti estr devoluto di appello e comunque non decisivi, considerata la congerie di elementi a sostegno della responsabilità valorizzati in sentenza), quando di contro il percorso tracciato dalla sentenza impugna deve ritenersi
giuridicamente corretto (nel definire i termini del contributo garantito dal ricorrente, della s dell’apporto e della consapevolezza sottesa all’innestarsi delle relative condotte nel più amp contesto, organizzativo e dinamico, proprio dell’associazione diretta dal di lui padre);
aa) all’evidenza puntuale, vieppiù considerando il portato delle doglianze difensive (la cui generic risulta puntualmente rimarcata dalla corte territoriale);
aaa) oltre che coerente rispetto alle emergenze acquisite (sono immediati i riferimenti al dichiarazioni della acquirente “fidelizzata”, a quelle del collaborante COGNOME, puntualmente integrate dai di ulteriori elementi acquisiti, di per se stessi autosufficienti sul piano probatorio, nonché ai contenut conversazioni telefoniche intercettate), interpretate senza incorrere in manifeste incongruenze logiche;
con il secondo motivo si lamenta violazione dell’alt 597 cpp per l’applicazione d’ufficio della accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici in misura di cinque anni, aspetto smentito da costante giurisprudenza di legittimità ( sul presupposto della automaticità della relativa applicazione ex 20 cp con riguardo al fatto di reato più grave oggetto della condanna che occupa e della sua applicabili anche a seguito del passaggio in giudicato della sentenza che erroneamente non la preveda), secondo indicazioni di principio che hanno trovato ulteriore conferma, a differenza di quanto sostenuto dalla difesa, nel percorso argomentativo tracciato recentemente dalla sentenza” Galdini” delle sezioni unite di questa Corte (n. 47502 del 29/09/2022);
rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 cod. proc. p P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 19 gennaio 2024.