Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i limiti dell’impugnazione
Quando un ricorso in Cassazione viene respinto senza nemmeno un’analisi nel merito? La recente ordinanza della Suprema Corte fornisce un chiaro esempio di ricorso inammissibile, delineando i confini tra un legittimo diritto di difesa e la presentazione di motivi palesemente privi di fondamento. Il caso in esame riguarda un imputato condannato per tentato furto, la cui impugnazione è stata rigettata perché basata su argomentazioni ritenute manifestamente infondate.
I Fatti del Caso: Il Ricorso per Tentato Furto
Un soggetto, condannato in primo e secondo grado per il reato di tentato furto, ha deciso di presentare ricorso per Cassazione. La sua difesa si basava su due argomenti principali. In primo luogo, sosteneva la mancanza di una condizione di procedibilità essenziale: la querela da parte della persona offesa. A suo dire, l’azione penale non avrebbe dovuto essere avviata. In secondo luogo, contestava il trattamento sanzionatorio, ritenendo la pena inflitta sproporzionata e ingiustificata.
La Decisione sul ricorso inammissibile della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi e li ha respinti, dichiarando l’intero ricorso inammissibile. Questa decisione comporta non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Primo Motivo: La Presunta Mancanza di Querela
La Corte ha liquidato il primo motivo come manifestamente infondato. Dagli atti processuali emergeva in modo inequivocabile che il responsabile del punto vendita dove era avvenuto il tentato furto aveva sporto una “denunzia/querela” presso la locale stazione dei Carabinieri. In tale atto, era stata espressamente formulata la richiesta di punizione del responsabile, integrando così pienamente la condizione di procedibilità richiesta dalla legge.
Secondo Motivo e il trattamento sanzionatorio
Anche il secondo motivo, relativo alla presunta eccessività della pena, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Cassazione ha sottolineato che la Corte d’Appello aveva adeguatamente giustificato la sua scelta sanzionatoria, tenendo conto delle specifiche connotazioni fattuali e personali della vicenda. La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio importante: un obbligo di motivazione “rafforzata” sulla pena sussiste solo quando questa si discosta in modo significativo dal minimo previsto dalla legge. Al contrario, quando la pena si attesta su valori medi o inferiori, è sufficiente un richiamo generico ai criteri di adeguatezza, come quelli indicati dall’art. 133 del codice penale.
Le Motivazioni della Sentenza
La decisione della Corte si fonda su un’analisi rigorosa dei presupposti per l’ammissibilità di un ricorso in Cassazione. La manifesta infondatezza è una causa di inammissibilità che impedisce alla Corte di entrare nel merito delle questioni sollevate. Nel caso specifico, la doglianza sulla querela si basava su un’errata rappresentazione della realtà processuale, facilmente smentita dai documenti. La critica alla pena, invece, non teneva conto dei consolidati principi giurisprudenziali sulla discrezionalità del giudice di merito nel determinare la sanzione e sui relativi obblighi di motivazione. La Corte, citando numerosi precedenti, ha riaffermato che il suo ruolo non è quello di ricalibrare la pena decisa nei gradi precedenti, a meno che la motivazione non sia del tutto assente, illogica o contraddittoria, cosa che in questo caso non è avvenuta.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza ribadisce un messaggio fondamentale per chi intende impugnare una sentenza penale: un ricorso inammissibile non è solo inefficace, ma comporta anche conseguenze economiche negative. È cruciale che i motivi di ricorso siano solidi, basati su reali vizi della sentenza impugnata e non su argomentazioni pretestuose o palesemente errate. La decisione evidenzia l’importanza di un’attenta valutazione preliminare prima di adire la Suprema Corte, il cui compito è garantire l’uniforme interpretazione della legge e non fungere da terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. La condanna al pagamento delle spese e della sanzione pecuniaria serve da deterrente contro ricorsi dilatori o temerari, tutelando l’efficienza del sistema giudiziario.
Quando un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile quando i motivi su cui si fonda sono considerati ‘manifestamente infondati’, ovvero palesemente privi di qualsiasi fondamento giuridico o basati su un’errata rappresentazione dei fatti processuali.
La motivazione del giudice sulla quantità della pena deve essere sempre estremamente dettagliata?
No. Secondo la Corte, un obbligo di motivazione ‘rafforzata’ esiste solo quando la pena si discosta in modo significativo dal minimo previsto dalla legge. Per pene inferiori alla media, è sufficiente un richiamo al criterio di adeguatezza, che implicitamente considera gli elementi dell’art. 133 del codice penale.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Oltre alla conferma definitiva della sentenza di condanna, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver presentato un’impugnazione infondata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31385 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31385 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RUVOLO NOME COGNOME nato a SPECCHIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/09/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NUMERO_DOCUMENTO
Rilevato che l’imputato COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano che ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano di condanna per il reato di tentato furto;
Rilevato che il primo motivo di ricorso – con cui il ricorrente lamenta il manc riconoscimento del difetto della condizione di procedibilità per mancanza di querela manifestamente infondato in quanto vi è denunzia/querela sporta dal responsabile del punto vendita ove è avvenuto il fatto presso la Stazione dei C.C. di Trezzano sul Naviglio il settembre 2020, alle ore 15:07, con espressa richiesta di punizione del responsabile,
Rilevato che il secondo motivo di ricorso – con cui il ricorrente lamenta violazione legge quanto al trattamento sanzionatorio – è manifestamente infondato, giacché la Corte di appello ha dato conto delle connotazioni fattuali e personali della vicenda che sorreggono la scelta sanzionatoria. D’altronde l’obbligo di una motivazione rafforzata sussiste solo allorché pena si discosti significativamente dal minimo edittale, mentre, nel caso in cui venga irroga una pena al di sotto della media, è sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della p nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 3, n. 2996 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288; Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME e altri, Rv. 256464; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197; Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, COGNOME, Rv. 245596).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, 10 Aprile 2024.