Ricorso Inammissibile: Quando i Motivi dell’Appello non Bastano
Presentare un appello in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è una porta aperta a qualsiasi tipo di contestazione. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga trattato, delineando i confini tra una legittima doglianza e un tentativo infondato di rimettere in discussione una sentenza. Analizziamo insieme questo caso per capire quali sono i requisiti di un ricorso e quali le conseguenze di una sua palese infondatezza.
I Fatti del Caso
Una persona, condannata nei precedenti gradi di giudizio, ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Messina. I motivi del ricorso erano molteplici e spaziavano dalla presunta erronea valutazione delle prove, a una critica sulla motivazione della pena, passando per la contestazione della propria capacità di intendere e di volere al momento dei fatti a causa di uno stato di ebbrezza e problemi psichici.
La ricorrente sosteneva, tra le altre cose, che la contestazione del reato fosse viziata, che il suo stato di ubriachezza avrebbe dovuto essere considerato un’attenuante e non un’aggravante, e che vi fosse una discrasia tra quanto deciso in udienza e quanto riportato nella sentenza scritta.
L’Analisi della Corte: I Motivi del Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha esaminato punto per punto i motivi presentati, rigettandoli tutti in blocco e dichiarando il ricorso inammissibile. Vediamo perché ogni motivo è stato ritenuto privo di fondamento.
Tentativo di Rivalutazione del Merito
Il primo motivo è stato considerato un tentativo di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione. I giudici hanno chiarito che il loro ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. In questo caso, la Corte d’Appello aveva già analizzato correttamente le prove.
Critiche Lessicali e Irrilevanti
Il secondo motivo è stato liquidato come una mera ‘critica lessicale’ al testo della sentenza, un appunto su un passaggio che i giudici di merito non avevano inteso come determinante ai fini della decisione. Una critica di questo tipo non costituisce un valido motivo di ricorso.
L’irrilevanza dello Stato di Ebbrezza
La Corte ha ritenuto il terzo motivo, relativo all’ubriachezza, come riproduttivo di una censura già valutata e respinta. È stato ribadito che lo stato di ebbrezza, anziché escludere o diminuire l’imputabilità, può in certi contesti essere considerato un’aggravante. La ricorrente, inoltre, aveva menzionato genericamente problematiche psichiche senza specificare come queste avrebbero influito sulla condotta contestata.
L’identificazione della Persona
Un altro motivo riguardava il reato di cui all’art. 651 c.p. (rifiuto di fornire le proprie generalità). La ricorrente sosteneva che, essendo già nota alle forze dell’ordine, il reato non sussistesse. La Corte ha smontato questa tesi, richiamando il principio pacifico secondo cui la conoscenza ‘generica’ di una persona è diversa dalla sua ‘identificazione’ formale, che è l’oggetto della norma.
Dispositivo Letto in Udienza vs. Sentenza Scritta
Infine, riguardo alla presunta discrasia tra dispositivo letto in udienza e testo della sentenza, la Corte ha richiamato la giurisprudenza consolidata che sancisce la prevalenza del primo sul secondo. Anche questo motivo, quindi, è stato giudicato manifestamente infondato.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione di dichiarare il ricorso inammissibile si fonda sulla constatazione che tutti i motivi proposti erano manifestamente infondati. Essi si risolvevano in critiche generiche, ripetitive di argomenti già esaminati e respinti, o miravano a una riconsiderazione dei fatti che è preclusa in sede di legittimità. La Corte non ha fatto altro che applicare principi di diritto già ampiamente consolidati, evidenziando come il ricorso non presentasse alcun elemento di novità o di reale critica giuridica alla sentenza impugnata.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza si conclude con una declaratoria di inammissibilità e una condanna per la ricorrente. Questa non solo dovrà pagare le spese del procedimento, ma anche versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione serve a scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati o dilatori, che sovraccaricano inutilmente il sistema giudiziario.
Il caso in esame è un monito importante: il ricorso in Cassazione è uno strumento serio, che deve essere utilizzato per sollevare questioni di legittimità concrete e non per tentare, senza speranza, di ottenere una terza valutazione sul merito dei fatti. La manifesta infondatezza dei motivi porta non solo al rigetto, ma anche a conseguenze economiche significative per chi lo propone.
 
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione è basato su motivi manifestamente infondati?
La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile. Ciò significa che non entra nel merito delle questioni, ma lo respinge per la sua palese infondatezza. Il proponente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Lo stato di ubriachezza al momento del fatto può essere considerato una scusante?
No, secondo quanto emerge dalla decisione, lo stato di ubriachezza non è stato ritenuto idoneo a ridurre o escludere l’imputabilità. Anzi, la Corte ha evidenziato che può essere considerato un elemento irrilevante ai fini della difesa o persino un’aggravante.
In caso di differenza tra la decisione letta dal giudice in udienza e il testo scritto della sentenza depositata successivamente, quale prevale?
La Corte ha ribadito un principio giurisprudenziale pacifico: il dispositivo letto in udienza prevale sempre sul testo della sentenza depositato in cancelleria. Eventuali discrepanze si risolvono a favore di quanto pronunciato pubblicamente al termine del processo.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5027 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 5027  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/06/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso di COGNOME NOME e la memoria della difesa con cui, oltre a riportars motivi del ricorso principale (salvo a modificarne l’ordine di presentazione), si fa present non sarebbe stata fornita la motivazione in ordine al penultimo motivo (dovuto ad erronea numerazione degli stessi nel ricorso), evenienza che costituisce ex se motivo per assegnare ad altra Sezione il ricorso.
OSSERVA
Ritenuto che il primo motivo di ricorso con cui si deducono vizi cumulativi di motivazione violazione di legge penale e processuale quanto ad ipotizzata differente contestazione, è teso dare una differente ed alternativa valutazione alle risultanze probatorie correttame analizzate dai Giudici di merito che, nella esplicitazione delle ragioni, hanno dato conto d condotta successiva solo al fine di motivare in merito al nesso funzionale dell’attività (mess dubbio dal ricorrente), senza che tale frammento di condotta presa in esame costituisse i fulcro della contestazione;
ritenuto che, per detti motivi, inconferente risulta il secondo motivo che si riduce in mera critica lessicale al testo della decisione, là dove si insiste su detto passaggio sentenza che non ha inteso assegnare alcun esaustivo e determinante significato alla condotta posta in essere dalla COGNOME nel corso dei fatti per cui è procedimento corrispondenti, per resto, a quelli descritti nell’imputazione;
ritenuto che riproduttivo di identica censura risulta il terzo motivo, avendo la Corte appello dato conto delle ragioni che facevano ritenere ininfluente l’ubriachezza della ricorr che genericamente e contraddittoriamente (nella parte in cui si fa cenno a problematiche psichiche ma non anche a come le stesse possano aver influito in merito alla condotta per come contestata) si afferma avesse influito, non solo sulla imputabilità, ma anc sull’elemento soggettivo, risultando corretto il rilievo secondo cui tale situazione r condotta irrilevante e semmai da valorizzare quale aggravante;
rilevato che manifestamente infondata risulta la deduzione a mente della quale non sarebbe integrato il reato ex art. 651 cod. pen. perché la ricorrente sarebbe stata conosciu dagli operanti, costituendo pacifico principio di diritto quello a mente del quale non sus sovrapponibilità tra conoscenza generica e identificazione, differenza ben messa in risalto dal decisione di merito;
ritenuto che anche l’ultimo motivo risulta manifestamente infondato avendo la sentenza motivato in merito alla congruita della pena, mentre in merito all’ipotizzata discrasi dispositivo letto in udienza e quello contenuto in sentenza, corretto risulta il richiam decisione a pacifica giurisprudenza di questa Corte in ordine alla prevalenza del primo s secondo;
rilevato che nessun effetto produce quanto prospettato nella memoria, tenuto conto che entrambi i motivi (riportati sotto lo stesso numero 4) risultano manifestamente infondati pe ragioni sopra evidenziate e pertanto compatibili con l’avviso preliminare di trasmissione
ricorso alla Settima Sezione penale e non certo afferente al parere del Procuratore generale che non partecipa alla presente procedura;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19/01/2024.