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Ricorso inammissibile: motivi generici sulla recidiva

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4729/2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile avverso una condanna per furto. Il motivo è la genericità dell’unico motivo di appello, che contestava la gestione della recidiva senza un confronto critico con le motivazioni della sentenza impugnata. La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sottolinea l’Importanza di Motivi Specifici

Con l’ordinanza n. 4729 del 2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta della presentazione di motivi generici e non specifici. Questo caso offre un’importante lezione sulla necessità di formulare impugnazioni che dialoghino criticamente con la decisione impugnata, anziché limitarsi a una mera riproposizione di tesi difensive.

I Fatti del Processo

La vicenda giudiziaria ha origine da una condanna per il reato di furto. La sentenza di primo grado è stata confermata dalla Corte di Appello di Roma, spingendo l’imputata a presentare ricorso per cassazione. L’obiettivo era ottenere l’annullamento della decisione di secondo grado, contestando un aspetto specifico relativo al trattamento sanzionatorio.

Il Motivo del Ricorso: Recidiva e Giudizio di Prevalenza

L’intera strategia difensiva dinanzi alla Suprema Corte si basava su un unico motivo di ricorso. La difesa contestava la mancata esclusione della recidiva e l’omesso giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti, come previsto dall’articolo 69 del codice penale. In sostanza, si lamentava che i giudici di merito non avessero adeguatamente valutato gli elementi a favore dell’imputata per mitigare la pena, nonostante la presenza di precedenti condanne.

Le Motivazioni della Corte: la Genericità che Conduce a un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le argomentazioni della ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. La ragione risiede nella natura ‘generica’ del motivo presentato. Secondo i giudici, l’atto di impugnazione si esauriva in una ‘mera asserzione’, del tutto priva di un confronto critico e puntuale con le ragioni esposte nella sentenza della Corte di Appello.

In altre parole, non è sufficiente affermare di non essere d’accordo con una decisione; è indispensabile spiegare perché quella decisione è sbagliata, analizzando le motivazioni del giudice e contrapponendo argomenti specifici. L’assenza di questo confronto rende il ricorso vago e astratto, impedendo alla Corte di Cassazione di svolgere la propria funzione di controllo di legittimità. Il ricorso, pertanto, non superava il vaglio preliminare di ammissibilità.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche e Monito per i Ricorrenti

La decisione della Cassazione ha avuto conseguenze economiche dirette per la ricorrente. Oltre alla conferma della condanna, è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. Questa pronuncia funge da chiaro monito per gli operatori del diritto: la redazione di un ricorso per cassazione richiede rigore, specificità e un’analisi approfondita del provvedimento che si intende contestare. Qualsiasi impugnazione che si limiti a ripetere doglianze generiche è destinata a essere dichiarata inammissibile, con un inevitabile aggravio di spese per l’assistito.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché l’unico motivo presentato era generico. Si limitava a una semplice affermazione di disaccordo sulla gestione della recidiva, senza argomentare in modo critico e specifico contro le ragioni esposte nella sentenza impugnata.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘generico’?
Secondo l’ordinanza, un motivo è generico quando consiste in una ‘mera asserzione’, ovvero una dichiarazione di principio non supportata da un confronto analitico e puntuale con le motivazioni della decisione che si contesta.

Quali sono state le conseguenze per la persona che ha presentato il ricorso?
La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese del procedimento e a versare la somma di 3.000,00 Euro alla Cassa delle ammende. La sua condanna per furto è diventata, di conseguenza, definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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