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Ricorso inammissibile: motivi generici e valutazione prove

Un soggetto, condannato per il reato di minacce, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, la quale lo ha dichiarato inammissibile. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso erano generici, limitandosi a riproporre argomentazioni già valutate e a chiedere un riesame delle prove, attività preclusa in sede di legittimità. Anche le richieste di concessione di attenuanti sono state respinte perché infondate. La decisione sottolinea come il ricorso in Cassazione debba basarsi su specifici vizi di legge e non su una diversa interpretazione dei fatti.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude le Porte

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di ricorso inammissibile, una decisione con cui la Corte di Cassazione respinge un appello senza nemmeno analizzarne il merito. Questo accade quando i motivi presentati non rispettano i rigorosi requisiti richiesti dalla legge. Analizziamo il caso di una condanna per minacce, confermata in Appello, e vediamo perché il successivo ricorso in Cassazione è stato giudicato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato in primo grado e in Appello per il reato di minacce continuate (artt. 612 e 81 cpv c.p.), decide di portare il suo caso davanti alla Corte di Cassazione. Il suo ricorso si basa su tre motivi principali: una contestazione generale sulla sua responsabilità penale, il mancato riconoscimento dell’attenuante della provocazione e una critica alla quantificazione della pena e al diniego delle attenuanti generiche.

L’Analisi della Corte: Perché il Ricorso è Inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato tutti e tre i motivi, dichiarandoli tutti inammissibili per ragioni specifiche. La decisione evidenzia i limiti del giudizio di legittimità, che non può trasformarsi in un terzo grado di merito.

Primo Motivo: Ripetitività e Divieto di Rivalutazione delle Prove

Il primo motivo del ricorso è stato giudicato ‘generico’. L’imputato, infatti, si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello, in particolare riguardo all’attendibilità della persona offesa. La Cassazione ribadisce un principio fondamentale: il suo compito non è quello di riesaminare le prove e decidere quale versione dei fatti sia più credibile. Questa valutazione spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Un ricorso è ammissibile solo se evidenzia un vizio logico o un errore di diritto nella sentenza impugnata, non se propone semplicemente una lettura alternativa delle prove.

Secondo Motivo: l’Assenza dei Presupposti per la Provocazione

Anche il secondo motivo, relativo alla richiesta dell’attenuante della provocazione (art. 62, n. 2 c.p.), è stato ritenuto generico e manifestamente infondato. La Corte territoriale aveva già spiegato, in modo corretto, perché l’attenuante non fosse applicabile. Per la provocazione, sono necessari due requisiti: l’ingiustizia del fatto altrui e una reazione ad esso dettata da uno ‘stato d’ira’. Nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto che la condotta delle persone offese non fosse oggettivamente ingiusta e che, in ogni caso, la reazione dell’imputato (profferire gravi minacce) fosse sproporzionata. Mancavano quindi i presupposti di legge.

Terzo Motivo: Discrezionalità del Giudice e Dosimetria della Pena

Infine, la Cassazione ha respinto le censure sulla severità della pena e sul diniego delle attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.). La determinazione della pena è un potere discrezionale del giudice di merito, che la stabilisce basandosi sui criteri degli artt. 132 e 133 del codice penale. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la decisione è palesemente arbitraria o illogica, cosa che non è avvenuta in questo caso. Allo stesso modo, il diniego delle attenuanti generiche è stato ritenuto sufficientemente motivato, poiché la decisione del giudice si fondava su una valutazione complessiva dei fatti e della condotta dell’imputato.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione centrale dietro la dichiarazione di ricorso inammissibile risiede nella natura stessa del giudizio di Cassazione. Non è un ‘terzo processo’ dove si possono ridiscutere i fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità). L’imputato ha tentato di ottenere una nuova valutazione del merito, presentando motivi generici che non individuavano errori di diritto specifici nella sentenza d’appello. La Corte, attenendosi alla consolidata giurisprudenza, ha correttamente respinto il ricorso in quanto non conforme ai requisiti previsti dal codice di procedura penale.

Conclusioni

Questa ordinanza è un monito importante: per accedere al giudizio della Corte di Cassazione non basta essere insoddisfatti della sentenza. È necessario formulare censure precise, specifiche e fondate su questioni di diritto. Un ricorso inammissibile non solo porta a una conferma della condanna, ma comporta anche l’addebito delle spese processuali e il pagamento di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende, aggravando la posizione del ricorrente.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando non solleva questioni di diritto specifiche ma si limita a chiedere una nuova valutazione dei fatti, attività che spetta ai giudici di primo e secondo grado. Inoltre, può essere inammissibile se i motivi sono generici, cioè vaghi e ripetitivi di argomenti già respinti.

Cosa significa che i motivi di un ricorso sono ‘generici’?
Significa che le critiche alla sentenza impugnata sono formulate in modo vago, senza identificare un preciso errore di legge o un vizio logico nel ragionamento del giudice. Spesso, si tratta di una semplice riproposizione delle difese già svolte nei precedenti gradi di giudizio.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di ridurre una pena ritenuta troppo alta?
No, non direttamente. La quantificazione della pena è una decisione discrezionale del giudice di merito. La Corte di Cassazione può annullare la decisione sulla pena solo se questa è frutto di un ragionamento palesemente illogico, arbitrario o privo di motivazione, ma non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato le prove.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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