Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello in Cassazione non Supera il Vaglio
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga trattato nel nostro sistema giudiziario. Quando un imputato decide di impugnare una sentenza di condanna, non è sufficiente esprimere un generico dissenso; è necessario formulare critiche precise e argomentate, capaci di mettere in discussione la logica e la correttezza giuridica della decisione precedente. In caso contrario, come vedremo, il ricorso è destinato a essere respinto senza nemmeno entrare nel merito della questione.
I Fatti del Caso
Un individuo veniva condannato in Corte d’Appello per i reati di ricettazione (art. 648 c.p.) e resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.). L’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza. Il primo contestava la correttezza della motivazione che aveva portato al giudizio di colpevolezza. Il secondo, invece, criticava l’applicazione di un’aggravante (la recidiva reiterata) e la mancata concessione di un aumento minimo di pena per la continuazione tra i reati.
Analisi del Ricorso Inammissibile da Parte della Corte
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi presentati e li ha rigettati entrambi, dichiarando il ricorso inammissibile. Vediamo nel dettaglio le ragioni di questa decisione.
La Genericità del Primo Motivo di Ricorso
Il primo motivo, con cui si contestava la responsabilità penale, è stato giudicato “indeducibile”. La Corte ha osservato che le argomentazioni non erano nuove, ma si limitavano a ripetere pedissequamente quelle già presentate e respinte in appello. La Corte d’Appello aveva chiaramente spiegato perché l’identificazione dell’imputato da parte degli agenti di polizia era da considerarsi certa e indubitabile, nonostante indossasse un casco, poiché il viso era rimasto scoperto e gli stessi agenti lo avevano controllato pochi giorni prima. Un ricorso in Cassazione deve consistere in una critica argomentata alla sentenza impugnata, non in una semplice riproposizione di tesi già smentite. Mancando questa specificità, il motivo è stato considerato solo apparentemente critico e quindi inammissibile.
La Discrezionalità del Giudice nella Determinazione della Pena
Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la “graduazione della pena”, ovvero la determinazione della sua entità concreta (inclusi gli aumenti per le aggravanti e le diminuzioni per le attenuanti), rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere deve essere esercitato seguendo i criteri indicati dagli artt. 132 e 133 del codice penale (gravità del danno, intensità del dolo, ecc.). La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di primo o secondo grado, a meno che la decisione non sia palesemente arbitraria o illogica. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la decisione del giudice d’appello fosse adeguatamente motivata e non presentasse vizi di logicità, rendendo quindi la censura inammissibile.
Le Motivazioni della Corte
La motivazione della Cassazione si concentra sulla natura e la funzione del giudizio di legittimità. La Suprema Corte non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono rivalutare i fatti o l’adeguatezza della pena. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.
Per questo, le doglianze che si risolvono in una mera reiterazione di argomenti già esaminati e motivatamente disattesi sono considerate aspecifiche e, di conseguenza, inammissibili. Allo stesso modo, le critiche relative alla quantificazione della pena sono ammesse solo se dimostrano un’abnormità o un’illogicità manifesta nel ragionamento del giudice, non se mirano semplicemente a ottenere una valutazione diversa e più favorevole.
Le Conclusioni
L’ordinanza si conclude con una dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questa decisione comporta due conseguenze pratiche significative per il ricorrente. In primo luogo, la sentenza di condanna della Corte d’Appello diventa definitiva e irrevocabile. In secondo luogo, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di ricorso inammissibile, volta a scoraggiare impugnazioni pretestuose o dilatorie.
Perché un motivo di ricorso può essere considerato una ‘pedissequa reiterazione’ e quindi inammissibile?
Un motivo di ricorso viene considerato una ‘pedissequa reiterazione’ quando si limita a riproporre le stesse identiche argomentazioni già presentate e respinte nel precedente grado di giudizio, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza che si sta impugnando.
La Corte di Cassazione può modificare l’entità di una pena decisa da un giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione non può, di norma, modificare l’entità della pena. La sua determinazione (graduazione) è un potere discrezionale del giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo se la decisione sulla pena è frutto di un mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, cosa che nel caso di specie non è stata riscontrata.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non viene esaminato nel merito. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva e irrevocabile. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18945 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18945 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/02/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME,
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità in ordine ai reati di cui agli art 648 e 337 cod. pen., è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito alle pp. 1-2 della sentenza impugnata, ove si rileva che gli agenti d polizia avevano riconosciuto senza ombra di dubbio l’imputato, essendo questi già stato sottoposto a controllo dai medesimi operatori appena qualche giorno prima e che il riconoscimento non era impedito dal fatto che il conducente indossasse il casco in quanto l’intero viso risultava scoperto; pertanto le doglianze devono considerarsi non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
considerato che il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta l’applicazione della circostanza aggravante della recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale in capo all’imputato, riguarda una censura non consentita dinanzi a questa Corte considerando che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/0212014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non ricorre;
ritenuto che l’ulteriore doglianza presente nel secondo motivo di ricorso che denuncia carenza motivazionale in ordine al denegato minimo aumento per la continuazione è totalmente generico a fronte di una motivazione sul punto del tutto adeguata;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 19 marzo 2024 Il Consibliere Este sore GLYPH Il P GLYPH idente