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Ricorso inammissibile: motivi generici e tardivi

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per guida in stato di ebbrezza. L’impugnazione è stata giudicata generica, meramente ripetitiva dei motivi d’appello e per aver introdotto questioni non sollevate nel precedente grado di giudizio, come la causa di non punibilità. Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione e la Guida in Stato di Ebbrezza

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come un’impugnazione mal formulata possa portare a una declaratoria di ricorso inammissibile. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha posto fine a un iter giudiziario riguardante una condanna per guida in stato di ebbrezza, confermando le decisioni dei giudici di merito e sanzionando la ricorrente per la genericità e la tardività dei motivi presentati. Questo caso sottolinea l’importanza di una rigorosa tecnica redazionale e del rispetto dei principi procedurali nel giudizio di legittimità.

I Fatti del Processo

Una conducente veniva condannata in primo grado e in appello per il reato di guida in stato di ebbrezza, previsto dall’articolo 186 del Codice della Strada. Le analisi avevano rilevato un tasso alcolemico particolarmente elevato, pari a 2,11 g/l, rientrante nella fascia più grave sanzionata dalla legge. La difesa della conducente proponeva quindi ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello, cercando di ottenere l’annullamento della condanna.

I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Corte

Il ricorso si fondava su diversi punti, criticando la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove operata dai giudici di merito. Inoltre, veniva contestato il diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena e, per la prima volta in sede di legittimità, si invocava una causa di non punibilità.

La Corte Suprema ha tuttavia rigettato ogni doglianza, ritenendo il ricorso inammissibile per diverse ragioni fondamentali.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su tre pilastri argomentativi principali:

1. Genericità e Reiterazione dei Motivi: I giudici hanno osservato che le argomentazioni della difesa non contenevano una critica specifica e necessaria alle motivazioni della sentenza d’appello. Si trattava, piuttosto, di una semplice riproposizione delle stesse tesi già respinte nei gradi di merito, senza un confronto analitico con la decisione impugnata. La Cassazione ha ricordato che il ricorso non può essere una mera ripetizione dell’appello, ma deve individuare vizi logici o giuridici precisi nella sentenza contestata. La difesa si era limitata a proporre una propria, diversa valutazione dei fatti, cosa non consentita nel giudizio di legittimità.

2. Motivazione Congrua sul Diniego dei Benefici: Anche la critica relativa al mancato riconoscimento della sospensione condizionale è stata respinta. La Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici di merito fosse stata adeguatamente motivata, tenendo conto della revoca di un precedente procedimento di messa alla prova. Tale circostanza, unita al fatto che il nuovo reato era stato commesso durante il periodo di prova per un illecito analogo, giustificava ampiamente la prognosi negativa sulla futura condotta della ricorrente.

3. Tardività del Motivo sulla Non Punibilità: L’argomento più interessante riguarda la causa di non punibilità (ex art. 131 bis c.p.). La difesa l’aveva sollevata per la prima volta in Cassazione. La Corte ha dichiarato tale motivo inammissibile, spiegando che le questioni non dedotte in appello non possono essere introdotte ex novo nel giudizio di legittimità. Permetterlo significherebbe, di fatto, “sottrarre” la questione al giudice d’appello, creando un inevitabile difetto di motivazione “a priori” sulla sua decisione, dato che non era mai stato chiamato a pronunciarsi sul punto.

le conclusioni

La declaratoria di ricorso inammissibile ha comportato la condanna definitiva della ricorrente. Oltre a rendere irrevocabile la sentenza di condanna, la decisione ha imposto alla stessa il pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La pronuncia ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma uno strumento di controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. I motivi devono essere specifici, pertinenti e non possono introdurre questioni mai dibattute in precedenza, pena la loro irricevibilità.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi erano generici, non contenevano un’analisi critica della sentenza d’appello ma si limitavano a ripetere argomentazioni già respinte, e proponevano una valutazione dei fatti alternativa non consentita in sede di legittimità.

È possibile presentare per la prima volta in Cassazione un motivo non discusso in appello?
No. La Corte ha stabilito che un motivo non dedotto con l’atto di appello, come la causa di non punibilità, non può essere introdotto per la prima volta in Cassazione. Ciò eviterebbe al giudice d’appello di pronunciarsi, creando un difetto di motivazione.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La parte che ha proposto il ricorso dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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