Ricorso Inammissibile: la Cassazione e la Guida in Stato di Ebbrezza
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come un’impugnazione mal formulata possa portare a una declaratoria di ricorso inammissibile. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha posto fine a un iter giudiziario riguardante una condanna per guida in stato di ebbrezza, confermando le decisioni dei giudici di merito e sanzionando la ricorrente per la genericità e la tardività dei motivi presentati. Questo caso sottolinea l’importanza di una rigorosa tecnica redazionale e del rispetto dei principi procedurali nel giudizio di legittimità.
I Fatti del Processo
Una conducente veniva condannata in primo grado e in appello per il reato di guida in stato di ebbrezza, previsto dall’articolo 186 del Codice della Strada. Le analisi avevano rilevato un tasso alcolemico particolarmente elevato, pari a 2,11 g/l, rientrante nella fascia più grave sanzionata dalla legge. La difesa della conducente proponeva quindi ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello, cercando di ottenere l’annullamento della condanna.
I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Corte
Il ricorso si fondava su diversi punti, criticando la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove operata dai giudici di merito. Inoltre, veniva contestato il diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena e, per la prima volta in sede di legittimità, si invocava una causa di non punibilità.
La Corte Suprema ha tuttavia rigettato ogni doglianza, ritenendo il ricorso inammissibile per diverse ragioni fondamentali.
le motivazioni
La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su tre pilastri argomentativi principali:
1. Genericità e Reiterazione dei Motivi: I giudici hanno osservato che le argomentazioni della difesa non contenevano una critica specifica e necessaria alle motivazioni della sentenza d’appello. Si trattava, piuttosto, di una semplice riproposizione delle stesse tesi già respinte nei gradi di merito, senza un confronto analitico con la decisione impugnata. La Cassazione ha ricordato che il ricorso non può essere una mera ripetizione dell’appello, ma deve individuare vizi logici o giuridici precisi nella sentenza contestata. La difesa si era limitata a proporre una propria, diversa valutazione dei fatti, cosa non consentita nel giudizio di legittimità.
2. Motivazione Congrua sul Diniego dei Benefici: Anche la critica relativa al mancato riconoscimento della sospensione condizionale è stata respinta. La Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici di merito fosse stata adeguatamente motivata, tenendo conto della revoca di un precedente procedimento di messa alla prova. Tale circostanza, unita al fatto che il nuovo reato era stato commesso durante il periodo di prova per un illecito analogo, giustificava ampiamente la prognosi negativa sulla futura condotta della ricorrente.
3. Tardività del Motivo sulla Non Punibilità: L’argomento più interessante riguarda la causa di non punibilità (ex art. 131 bis c.p.). La difesa l’aveva sollevata per la prima volta in Cassazione. La Corte ha dichiarato tale motivo inammissibile, spiegando che le questioni non dedotte in appello non possono essere introdotte ex novo nel giudizio di legittimità. Permetterlo significherebbe, di fatto, “sottrarre” la questione al giudice d’appello, creando un inevitabile difetto di motivazione “a priori” sulla sua decisione, dato che non era mai stato chiamato a pronunciarsi sul punto.
le conclusioni
La declaratoria di ricorso inammissibile ha comportato la condanna definitiva della ricorrente. Oltre a rendere irrevocabile la sentenza di condanna, la decisione ha imposto alla stessa il pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La pronuncia ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma uno strumento di controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. I motivi devono essere specifici, pertinenti e non possono introdurre questioni mai dibattute in precedenza, pena la loro irricevibilità.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi erano generici, non contenevano un’analisi critica della sentenza d’appello ma si limitavano a ripetere argomentazioni già respinte, e proponevano una valutazione dei fatti alternativa non consentita in sede di legittimità.
È possibile presentare per la prima volta in Cassazione un motivo non discusso in appello?
No. La Corte ha stabilito che un motivo non dedotto con l’atto di appello, come la causa di non punibilità, non può essere introdotto per la prima volta in Cassazione. Ciò eviterebbe al giudice d’appello di pronunciarsi, creando un difetto di motivazione.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La parte che ha proposto il ricorso dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23170 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23170 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CHIAVARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/07/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Il difensore di COGNOME NOME ha proposto ricorso avverso la sentenza con la quale la Corte d’appello di Genova ha confermato quella del Tribunale cittadino di condanna della predetta per il reato di cui all’art. 186, c. 2, lett. c) e 2-bis e 2-sexies, codice strada;
ritenuto che il ricorso é inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, c.p.p., per proposto per motivi non scanditi da necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a bas della decisione (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, sez. 6 n. 870 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione) doglianze risultando reiterative in punto affermazione della penale responsabilità, avendo giudici territoriali dato conto della infondatezza della ricostruzione difensiva, c ragionamento che, siccome scevro da profili di manifesta illogicità o contraddittorietà, d ritenersi estraneo al vaglio di legittimità, essendosi la difesa limitata a opporre la sua d valutazione, proponendola a questo giudice come più corretta;
che anche il diniego del beneficio della sospensione condizionale è stato congruamente motivato, alla luce della precedente revoca del procedimento di messa alla prova, per essere stata la violazione posta in essere durante il periodo di prova per analogo reato;
che, infine, il motivo inerente alla causa di non punibilità non è stato dedotto c gravame (come peraltro affermato in ricorso) e non è pertanto deducibile in questa sede a norma dell’art. 606, comma 3, ultima parte, cod. proc. pen. (sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, COGNOME, Rv. 280306-01; n. 26721 del 26/4/2023, RAGIONE_SOCIALE/acqua, Rv. 284768-02), dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugNOME con riferiment punto della decisione sul quale si configura “a priori” un inevitabile difetto di motivazion essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (sez. 2, n. 297 del 8/3/2017, COGNOME, Rv. 270316-01);
che neppur può porsi mente alla recente novella che ha interessato l’art. 131 bis, cod. pen., trattandosi di reato che era già incluso quoad poenam tra quelli per i quali può essere ritenuta la particolare tenuità del f l’intervento novellatore avendo riguardato un ulteriore profilo (condotta susseguente al reat che la difesa non ha introdotto nel presente giudizio;
che alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero in ordine alla causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 29 maggio 2024
La Consigliera est.
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