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Ricorso inammissibile: motivi generici e tardivi

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile avverso una condanna per il reato di evasione (art. 385 c.p.). I motivi sono stati giudicati generici, in quanto mere riproposizioni di doglianze già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. La Corte ha inoltre respinto come manifestamente infondata la questione della prescrizione, sollevata per la prima volta in sede di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Genericità Costa Caro

L’ordinanza n. 7084/2024 della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come un’impugnazione mal formulata possa portare a una dichiarazione di ricorso inammissibile. Questo provvedimento sottolinea l’importanza fondamentale di presentare motivi di ricorso specifici, che si confrontino puntualmente con le argomentazioni della sentenza impugnata, anziché limitarsi a una sterile ripetizione di doglianze già esaminate. Analizziamo il caso per comprendere le ragioni della decisione e le sue implicazioni pratiche.

Il caso in esame: condanna per evasione

Il ricorrente si era rivolto alla Suprema Corte per contestare la sentenza della Corte d’Appello di Catania che lo aveva condannato per il reato di evasione, previsto dall’art. 385 del codice penale. I motivi del suo ricorso si basavano su tre argomenti principali: una contestazione generica della sua responsabilità, la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e una critica al trattamento sanzionatorio ritenuto eccessivo. In una memoria successiva, aveva inoltre sollevato la questione della prescrizione del reato.

L’analisi della Cassazione sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato ciascun motivo, ritenendoli tutti infondati o inammissibili per diverse ragioni. Vediamo nel dettaglio come la Corte ha smontato le argomentazioni della difesa, portando alla declaratoria di ricorso inammissibile.

Genericità dei motivi sulla responsabilità

Il primo punto contestato dal ricorrente riguardava la sua colpevolezza. La Corte ha rilevato che le doglianze erano del tutto generiche. Invece di contestare specificamente le conclusioni logico-giuridiche della Corte d’Appello, il ricorrente si era limitato a richiamare i motivi già presentati nel precedente grado di giudizio. Questo approccio è contrario ai principi del giudizio di legittimità, che richiede un confronto critico e puntuale con la decisione impugnata.

Ripetitività del motivo sulla non punibilità

Anche il secondo motivo, relativo alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., è stato giudicato privo di specificità. La Corte ha osservato che si trattava di una mera riproduzione di censure già adeguatamente valutate e respinte dal giudice di merito con argomenti corretti e non illogici. La Cassazione non può riesaminare il merito dei fatti, ma solo verificare la correttezza giuridica del ragionamento seguito dai giudici dei gradi inferiori.

Infondatezza della questione sulla prescrizione

La questione più interessante è forse quella relativa alla prescrizione, sollevata per la prima volta in Cassazione con una memoria. La Corte l’ha definita “manifestamente infondata”. Il reato era stato commesso il 17 ottobre 2015. A causa della recidiva qualificata (art. 99, quarto comma, c.p.) contestata al ricorrente, il termine di prescrizione non era quello ordinario, ma quello decennale. Di conseguenza, il reato si sarebbe estinto solo il 17 ottobre 2025, ben oltre la data dell’udienza in Cassazione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La decisione della Suprema Corte si fonda su principi consolidati della procedura penale. Un ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. Pertanto, i motivi devono essere specifici e non possono limitarsi a riproporre le stesse questioni già decise, senza indicare le presunte violazioni di legge o i vizi logici della sentenza impugnata. La Corte ha ritenuto che il ricorso in esame fosse un tentativo di ottenere un nuovo, non consentito, giudizio di fatto. Anche la questione della prescrizione, sebbene possa essere rilevata d’ufficio, è stata ritenuta palesemente infondata sulla base di un semplice calcolo matematico dei termini, aggravati dalla recidiva. L’insieme di questi elementi ha condotto inevitabilmente alla declaratoria di inammissibilità.

Le conclusioni

L’ordinanza ribadisce un insegnamento cruciale per chiunque intenda presentare un ricorso in Cassazione: la specificità è tutto. È inutile e controproducente riproporre argomenti generici già respinti. L’esito di un ricorso inammissibile non è solo la conferma della condanna, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al pagamento di tremila euro. Questa decisione serve da monito: le impugnazioni devono essere mirate, tecnicamente fondate e confrontarsi criticamente con le motivazioni del provvedimento che si intende contestare.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e ripetitivi di argomenti già valutati e respinti dalla Corte d’Appello, senza un confronto specifico e critico con le motivazioni della sentenza impugnata.

La questione della prescrizione del reato era fondata?
No, la Corte di Cassazione ha ritenuto la questione manifestamente infondata. Il termine di prescrizione era di dieci anni a causa della recidiva qualificata, e quindi non era ancora maturato al momento della decisione.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro, in questo caso tremila euro, a favore della Cassa delle ammende, poiché l’impugnazione non ha superato il vaglio preliminare di ammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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