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Ricorso inammissibile: motivi generici e tardivi

La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile presentato da un’imputata condannata per spendita di banconote false. I motivi sono ritenuti generici e non pertinenti: la richiesta di pene sostitutive è infondata per la condotta successiva dell’imputata, e la tesi del “falso grossolano” è respinta come tentativo di rivalutare i fatti. Di conseguenza, la ricorrente è condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria per la manifesta infondatezza del ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello in Cassazione non Supera il Vaglio

Presentare un’impugnazione in Corte di Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non tutte le istanze vengono esaminate nel merito. Un recente provvedimento della Suprema Corte ha ribadito i severi requisiti di ammissibilità, dichiarando un ricorso inammissibile e condannando la ricorrente a pesanti sanzioni. Analizziamo questa decisione per comprendere perché un ricorso può essere respinto ancora prima di essere discusso.

Il Contesto del Caso Giudiziario

Il caso origina dalla condanna di una donna per il reato di spendita di banconote contraffatte (art. 455 c.p.), confermata in secondo grado dalla Corte di Appello. Non soddisfatta della decisione, la difesa ha presentato ricorso in Cassazione, basando la propria strategia su due argomentazioni principali: la mancata applicazione di pene sostitutive e la tesi che le banconote fossero un “falso grossolano”, cioè così palesemente false da non poter ingannare nessuno.

I Motivi del Ricorso e la loro Valutazione

La Corte di Cassazione ha esaminato e respinto entrambi i motivi del ricorso, qualificandoli come manifestamente infondati e generici. Un elemento procedurale ha inoltre aggravato la posizione della ricorrente: la presentazione di una memoria difensiva oltre il termine di quindici giorni prima dell’udienza, come previsto dall’art. 611 c.p.p., rendendola irricevibile.

La Richiesta di Pene Sostitutive

Il primo motivo lamentava la violazione di legge per non aver concesso le pene sostitutive alla detenzione. La Corte ha ritenuto tale doglianza priva di specificità. La difesa non aveva indicato quali presupposti per le sanzioni alternative sarebbero stati ignorati dalla Corte d’Appello. Inoltre, la Cassazione ha evidenziato come la Corte territoriale avesse correttamente escluso tale possibilità, sottolineando che l’imputata aveva commesso reati analoghi anche dopo i fatti in giudizio, dimostrando una prognosi negativa circa il rispetto delle prescrizioni di una pena alternativa.

La Tesi del “Falso Grossolano”

Il secondo motivo si concentrava sulla presunta natura di “falso grossolano” delle banconote. Secondo la difesa, la contraffazione era così palese da escludere la pericolosità della condotta. Anche questa argomentazione è stata rigettata. La Suprema Corte ha chiarito che il giudice di merito aveva già valutato adeguatamente l’offensività dei fatti, tenendo conto delle modalità e delle circostanze concrete dello scambio. Il tentativo della difesa di offrire una ricostruzione alternativa delle prove è stato considerato un tentativo di riesame del merito, inammissibile nel giudizio di legittimità, che è limitato alla verifica della corretta applicazione della legge e della logicità della motivazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile basandosi su una serie di principi consolidati. In primo luogo, i motivi di ricorso devono essere specifici e non possono limitarsi a una critica generica della sentenza impugnata. Devono confrontarsi puntualmente con la motivazione del giudice di merito, evidenziando errori di diritto e non semplici divergenze nell’interpretazione dei fatti. Nel caso specifico, le argomentazioni della ricorrente sono state giudicate astratte e non aderenti alle ragioni esposte nella sentenza d’appello.

In secondo luogo, il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito. Non è possibile chiedere alla Suprema Corte di rivalutare le prove o di scegliere una ricostruzione dei fatti diversa da quella, logicamente motivata, del giudice precedente. La tesi del “falso grossolano”, così come proposta, si risolveva proprio in questa richiesta inammissibile.

Le Conclusioni

La decisione si conclude con una condanna severa: oltre al pagamento delle spese processuali, la ricorrente è stata condannata a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione, prevista dall’art. 616 c.p.p., viene irrogata quando l’inammissibilità del ricorso è così evidente da far presumere una “colpa” nella proposizione dell’impugnazione. La sentenza serve quindi come monito: il ricorso in Cassazione è uno strumento prezioso ma va utilizzato con rigore e solo in presenza di vizi di legittimità concreti e specifici. Un’impugnazione presentata con motivi generici o puramente dilatori non solo è destinata al fallimento, ma comporta anche significative conseguenze economiche.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici, non si confrontavano specificamente con la motivazione della sentenza d’appello e tentavano di ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di Cassazione. Inoltre, una memoria difensiva è stata depositata fuori termine.

Cosa si intende per “falso grossolano” e perché questa tesi è stata respinta?
Il “falso grossolano” si riferisce a una contraffazione così palese da non poter ingannare nessuno, rendendo il reato non punibile per mancanza di offensività. La tesi è stata respinta perché la Corte d’Appello aveva già motivato adeguatamente sulla capacità delle banconote di ingannare, basandosi sulle circostanze specifiche dello scambio, e il ricorso in Cassazione non può rimettere in discussione tale valutazione di merito.

Quali sono state le conseguenze economiche per la ricorrente?
La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione aggiuntiva è stata applicata a causa della manifesta infondatezza del ricorso, che configura una colpa nell’aver promosso un’impugnazione priva dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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