LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso inammissibile: motivi generici e tardivi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per evasione. Il ricorso è stato respinto perché i motivi erano generici e riproponevano questioni già valutate, e perché l’eccezione su presunte domande suggestive del giudice non era stata sollevata durante il processo di appello. La Corte ha sottolineato che la valutazione sulla comprensione dell’ordine di scarcerazione da parte dell’imputato era ben motivata dalla Corte d’Appello, basandosi su elementi come la lunga permanenza in Italia e l’assistenza di un legale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando i Motivi sono Generici e le Eccezioni Tardive

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 42843/2024, ha fornito importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, dichiarando un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per evasione. La decisione sottolinea due principi fondamentali della procedura penale: la necessità di presentare motivi specifici e la tempestività delle eccezioni processuali. Questo caso offre uno spunto di riflessione su come la difesa debba essere articolata nei vari gradi di giudizio per evitare una pronuncia sfavorevole per ragioni puramente procedurali.

I Fatti del Caso: L’Evasione e la Difesa

Il caso riguarda un uomo, condannato in appello per il reato di evasione dagli arresti domiciliari. Inizialmente assolto in primo grado, la Corte di Appello di Torino aveva riformato la sentenza, ritenendolo colpevole. La difesa dell’imputato si basava su un punto cruciale: la presunta mancata comprensione del provvedimento di liberazione provvisoria. Sosteneva che, a causa della sua scarsa conoscenza della lingua italiana, non aveva compreso la data esatta in cui sarebbe terminata la misura cautelare, nonostante vivesse in Italia da oltre vent’anni.

Contro la sentenza di condanna, l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, articolandolo su due motivi:
1. Travisamento della prova e manifesta illogicità della motivazione: secondo la difesa, la Corte d’Appello aveva erroneamente dedotto la comprensione dell’atto dalla semplice capacità dell’imputato di leggere una data durante l’esame in aula, basando la condanna su elementi presuntivi e non su prove certe.
2. Violazione delle regole sull’esame: la difesa lamentava che l’esame condotto dal giudice in appello fosse stato caratterizzato da domande suggestive, tali da influenzare le risposte dell’imputato e minare la genuinità della prova.

L’Analisi della Cassazione e il Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha respinto entrambe le doglianze, dichiarando il ricorso inammissibile. L’analisi dei giudici si è concentrata sulla correttezza procedurale e sulla logicità della motivazione della sentenza impugnata, senza entrare nel merito della colpevolezza.

La Genericità dei Motivi del Ricorso Inammissibile

Sul primo punto, la Cassazione ha ritenuto il motivo del tutto aspecifico. I giudici hanno osservato come la Corte d’Appello avesse costruito una motivazione solida e priva di vizi logici, basata su una pluralità di elementi concordanti:
* La lunga permanenza dell’imputato in Italia (circa 23 anni).
* I suoi precedenti penali, che dimostravano una familiarità con l’Autorità Giudiziaria.
* L’assistenza di un difensore di fiducia durante il procedimento.
* La semplicità e linearità del provvedimento notificatogli.
* L’imbarazzo mostrato dall’imputato in aula e l’ammissione di essersi “probabilmente sbagliato”.
* L’inverosimiglianza che né l’ufficiale giudiziario né il suo avvocato gli avessero spiegato il contenuto dell’atto.

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: un ricorso che si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dal giudice precedente, senza confrontarsi specificamente con le ragioni della decisione impugnata, è generico e, come tale, inammissibile.

L’Eccezione Tardiva sulle Domande Suggestive

Anche il secondo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha chiarito due aspetti procedurali di grande rilevanza.
In primo luogo, il divieto di porre domande suggestive, previsto dall’art. 499 c.p.p., è primariamente rivolto alla parte che ha citato il testimone. Tale divieto non si estende al giudice, il quale ha il potere di porre tutte le domande che ritiene utili per l’accertamento della verità, con il solo limite di non porre domande “nocive”, cioè idonee a compromettere la sincerità della risposta. Questo principio si applica anche all’esame dell’imputato.

In secondo luogo, e in modo decisivo, qualsiasi obiezione sulla regolarità delle domande deve essere sollevata immediatamente durante l’esame, ai sensi dell’art. 504 c.p.p. Nel caso di specie, il difensore non aveva sollevato alcuna opposizione alle domande del presidente durante l’udienza d’appello. Di conseguenza, la doglianza non poteva essere proposta per la prima volta in sede di legittimità. La mancata eccezione ha precluso alla Cassazione la possibilità di valutare la congruità di un eventuale provvedimento del giudice sul punto.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su rigorosi principi procedurali. La dichiarazione di inammissibilità del ricorso deriva dalla constatazione che l’appellante non ha adeguatamente contestato la logica della sentenza di secondo grado, ma si è limitato a una riproposizione di tesi già vagliate. Inoltre, l’inerzia difensiva durante il dibattimento d’appello, non opponendosi alle domande ritenute suggestive, ha sanato qualsiasi potenziale irregolarità, rendendo la questione non deducibile in Cassazione. La Corte ha quindi applicato l’art. 616 c.p.p., condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria per la colpa nell’aver promosso un ricorso privo dei requisiti di legge.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce l’importanza di una strategia difensiva attenta e puntuale in ogni fase del processo. Un ricorso inammissibile non è solo una sconfitta processuale, ma rappresenta anche un’occasione mancata per far valere le proprie ragioni nel merito. Per gli avvocati, emerge la necessità di formulare motivi di ricorso specifici, che si confrontino analiticamente con la sentenza impugnata, e di vigilare attentamente durante lo svolgimento del dibattimento, sollevando tempestivamente ogni eccezione per non precludersi future vie di impugnazione.

Quando un ricorso per cassazione è considerato generico e quindi inammissibile?
Secondo la sentenza, un ricorso è inammissibile per genericità quando si limita a riproporre le stesse ragioni già esaminate e respinte dal giudice del grado precedente, senza una specifica critica delle argomentazioni contenute nella decisione impugnata.

Il divieto di porre domande suggestive si applica anche al giudice?
No. La Corte chiarisce che il divieto di domande suggestive, previsto dall’art. 499 c.p.p., è riferito principalmente alla parte che ha chiesto l’esame del testimone. Il giudice può rivolgere tutte le domande ritenute utili al chiarimento dei fatti, con il solo limite di non porre domande “nocive” che possano incidere sulla veridicità della risposta.

Cosa succede se la difesa non si oppone a una domanda ritenuta irregolare durante l’esame?
Se la difesa non formula un’opposizione immediata (ex art. 504 c.p.p.) alle domande poste durante l’esame, la questione non può essere sollevata per la prima volta con il ricorso per cassazione. La mancata eccezione sana l’eventuale irregolarità e preclude la possibilità di farla valere nei gradi successivi di giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati