Ricorso inammissibile: quando la genericità dei motivi porta alla condanna
L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Settima Penale, emessa il 11/10/2024, offre un chiaro esempio di come la mancanza di specificità nei motivi di impugnazione possa condurre a una declaratoria di ricorso inammissibile. Questo principio, fondamentale nel diritto processuale penale, impone al ricorrente di formulare censure precise e dettagliate, evitando di riproporre in modo acritico questioni già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. La decisione in esame ribadisce la necessità di un confronto critico con le motivazioni della sentenza impugnata, pena la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
I fatti del caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Palermo, che aveva confermato la condanna di un individuo per il reato previsto dall’articolo 387-bis del codice penale (violazione di pene accessorie). L’imputato, tramite il suo difensore, aveva contestato il trattamento sanzionatorio ricevuto, lamentando in particolare la mancata applicazione delle attenuanti generiche e la mancata esclusione della recidiva. Il ricorso si basava su argomentazioni che, secondo la Suprema Corte, erano state formulate in termini generici e si limitavano a riprodurre censure già vagliate e motivatamente respinte dal giudice di merito.
La questione del ricorso inammissibile
Il cuore della pronuncia della Cassazione risiede nella valutazione dei motivi di ricorso. I giudici hanno rilevato che l’unico motivo presentato era privo di specificità. Invece di contestare puntualmente le argomentazioni della sentenza d’appello, il ricorrente si era limitato a riproporre le stesse doglianze, senza aggiungere nuovi elementi o profili critici. Questo modus operandi rende il ricorso inammissibile perché non assolve alla sua funzione, che è quella di sottoporre al giudice di legittimità vizi specifici della decisione impugnata, e non di sollecitare una nuova valutazione del merito dei fatti.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione evidenziando che il ricorso era “meramente riproduttivo di profili di censura già vagliati e disattesi con corretti e non illogici argomenti dal giudice di merito”. In sostanza, il ricorso non dialogava criticamente con la sentenza di secondo grado, ma si limitava a una sterile ripetizione. Per questo motivo, i giudici hanno ritenuto che il ricorso dovesse essere dichiarato inammissibile. La conseguenza diretta di tale declaratoria è la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione priva dei requisiti di legge.
Le conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio cardine del sistema delle impugnazioni: la specificità dei motivi. Un ricorso in Cassazione non può essere una mera ripetizione delle difese svolte in appello. È necessario che il ricorrente individui con precisione i vizi logico-giuridici della sentenza impugnata, dimostrando perché le motivazioni del giudice di merito sarebbero errate. In mancanza di tale specificità, il ricorso inammissibile non solo non verrà esaminato nel merito, ma comporterà anche conseguenze economiche negative per il ricorrente. La decisione serve quindi da monito sull’importanza di redigere atti di impugnazione rigorosi, pertinenti e criticamente argomentati.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando è privo dei requisiti di legge, ad esempio se i motivi sono formulati in termini generici, non specifici, o se si limitano a riproporre questioni già valutate e respinte nei gradi precedenti senza un confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata.
Quali erano i motivi del ricorso nel caso specifico?
L’unico motivo di ricorso riguardava il trattamento sanzionatorio, in particolare la mancata applicazione delle attenuanti generiche e la mancata esclusione della recidiva. La Corte ha ritenuto questi motivi generici e riproduttivi di censure già disattese.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44688 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44688 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MARSALA il 28/04/1969
avverso la sentenza del 16/01/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
N. 19174/24 SARDO
OSSERVA
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di cui all’art. 387-bis cod. pen.);
Esaminati i motivi di ricorso;
Ritenuto altresì che l’unico motivo di ricorso – attinente al trattamento sanzionatorio (con particolare riguardo alla mancata applicazione delle attenuanti generiche e alla mancata esclusione della recidiva, oltre che formulato in termini generici, è privo di specificità in quanto meramente riproduttivo di profili di censura già vagliati e disattesi con corretti e non illogici argomenti dal giudice di merito (v. in particolare pag. 2-3);
Rilevato, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11/10/2024