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Ricorso inammissibile: motivi generici e ripetitivi

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per il reato di evasione. I motivi, relativi alla mancata esclusione della recidiva e all’eccessività della pena, sono stati giudicati aspecifici e meramente riproduttivi di censure già respinte in appello, mancando un confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Genericità dei Motivi Conduce alla Condanna

Presentare un ricorso in Cassazione richiede precisione e specificità. Quando i motivi di impugnazione si limitano a ripetere argomentazioni già esaminate, senza un’analisi critica della decisione contestata, il rischio è una dichiarazione di ricorso inammissibile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di questo principio, sottolineando l’importanza di formulare censure mirate e pertinenti.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di evasione, previsto dall’art. 385 del codice penale. A seguito della conferma della condanna da parte della Corte d’Appello, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione, affidando la sua difesa a due principali motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso: Recidiva e Eccessività della Pena

L’appellante contestava due aspetti centrali della sentenza di secondo grado:

1. Mancata esclusione della recidiva: Secondo la difesa, la Corte territoriale avrebbe errato nel confermare l’aggravante della recidiva, senza tenere adeguatamente conto delle argomentazioni difensive.
2. Eccessività della pena: Si lamentava che la sanzione inflitta fosse sproporzionata rispetto alla gravità del fatto e alla personalità dell’imputato.

Entrambi i motivi miravano a ottenere una revisione favorevole del trattamento sanzionatorio applicato nei gradi di merito.

La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi presentati e li ha dichiarati entrambi inammissibili. La decisione si fonda su un’argomentazione netta: il ricorso era aspecifico e riproduttivo di censure già adeguatamente valutate e respinte dalla Corte d’Appello. Analizziamo nel dettaglio le ragioni di questa scelta.

L’Aspecificità del Motivo sulla Recidiva

Per quanto riguarda la recidiva, i giudici di legittimità hanno osservato che il ricorrente non si era confrontato con la logica e coerente motivazione della Corte d’Appello. Quest’ultima, condividendo le valutazioni del giudice di primo grado, aveva giustificato l’applicazione della recidiva sulla base dei recenti precedenti penali dell’imputato che, nonostante la giovane età, dimostravano una “particolare dedizione al crimine”. Il ricorso si limitava a riproporre la stessa tesi già scartata, senza individuare vizi logici o giuridici specifici nel ragionamento del giudice d’appello.

La Discrezionalità del Giudice sulla Pena

Anche il secondo motivo, relativo all’eccessività della pena, è stato giudicato inammissibile per le stesse ragioni. La Corte ha ribadito che la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. In questo caso, la valutazione era stata corretta e non illogica, ritenendo la pena proporzionata sia al disvalore del fatto commesso sia alla personalità dell’imputato. Il ricorrente, ancora una volta, non ha offerto una critica specifica alla motivazione, ma si è limitato a una generica lamentela, insufficiente per giustificare un intervento della Corte di Cassazione.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte Suprema si fonda sul principio cardine secondo cui il giudizio di cassazione è un giudizio di legittimità, non un terzo grado di merito. Il suo scopo non è rivalutare i fatti, ma controllare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione delle sentenze precedenti. In questo contesto, un ricorso è ammissibile solo se individua con precisione i vizi della sentenza impugnata, instaurando un dialogo critico con le sue argomentazioni. Limitarsi a riproporre le stesse questioni già decise, senza spiegare perché la risposta del giudice di merito sia errata, trasforma il ricorso in un atto sterile e, di conseguenza, inammissibile. La Corte ha rilevato che le argomentazioni della Corte territoriale erano lineari e coerenti, e il ricorrente non aveva saputo contrapporre una critica altrettanto specifica.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame rappresenta un importante monito: la redazione di un ricorso per cassazione esige un’analisi approfondita e mirata. Non è sufficiente dissentire dalla decisione, ma è necessario dimostrare, punto per punto, dove e perché il giudice di merito ha sbagliato nell’applicare la legge o nel costruire il suo percorso logico-motivazionale. Un ricorso inammissibile non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al versamento di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati ritenuti aspecifici e meramente riproduttivi di censure già adeguatamente valutate e respinte dalla Corte d’Appello, senza un reale confronto critico con le argomentazioni della sentenza impugnata.

Cosa ha stabilito la Corte riguardo alla contestazione sulla recidiva?
La Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici di merito di applicare la recidiva fosse basata su una motivazione logica e coerente, fondata sui recenti precedenti penali dell’imputato e su un giudizio di “particolare dedizione al crimine”, e che il ricorrente non avesse mosso critiche specifiche a tale ragionamento.

Qual è la conseguenza economica di un ricorso dichiarato inammissibile in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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