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Ricorso inammissibile: motivi generici e ripetitivi

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile poiché i motivi proposti erano generici, ripetitivi di censure già respinte e non consentiti in sede di legittimità. La decisione conferma la condanna dell’imputato, che dovrà pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Perché la Cassazione Respinge Motivi Generici e Ripetitivi

Nel sistema giudiziario italiano, il ricorso in Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio. Tuttavia, l’accesso a questa fase non è incondizionato. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga rigettato quando i motivi presentati non rispettano i rigorosi criteri previsti dalla legge. Analizziamo questa decisione per comprendere meglio i limiti e le condizioni del giudizio di legittimità.

Il Contesto del Ricorso e la Decisione della Corte

Il caso in esame trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. La difesa contestava la decisione di secondo grado su diversi punti, tra cui l’offensività della condotta, il mancato riconoscimento dello stato di necessità, la valutazione sulla recidiva e la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.).

La Corte di Cassazione, dopo aver esaminato gli atti, ha emesso un’ordinanza secca e decisa: il ricorso è dichiarato inammissibile. Questa pronuncia impedisce alla Corte di entrare nel merito delle questioni sollevate, chiudendo definitivamente la vicenda processuale per il ricorrente.

Analisi dei Motivi: un Ricorso Inammissibile per Diverse Ragioni

La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri fondamentali che caratterizzano i limiti del giudizio di legittimità. I motivi del ricorso sono stati ritenuti inammissibili perché, da un lato, riproponevano questioni già esaminate e, dall’altro, mancavano della specificità richiesta.

La Ripetitività delle Censure

Una parte significativa del ricorso si limitava a replicare profili di censura che erano già stati adeguatamente vagliati e respinti dai giudici di merito (primo e secondo grado). La Cassazione ha sottolineato che i giudici precedenti avevano fornito argomentazioni giuridicamente corrette, puntuali e logicamente coerenti per disattendere le doglianze difensive. Riproporre le stesse questioni in sede di legittimità, senza evidenziare vizi di legge nella sentenza impugnata, trasforma il ricorso in un tentativo di ottenere un terzo grado di merito, cosa non consentita dall’ordinamento.

La Genericità dei Motivi sulle Circostanze Attenuanti

Un altro punto cruciale riguardava il bilanciamento tra le circostanze attenuanti generiche, concesse in appello, e la recidiva. La difesa si era limitata a contestare il giudizio di equivalenza, chiedendo che le attenuanti prevalessero, ma senza spiegare le ragioni specifiche per cui tale prevalenza sarebbe stata dovuta nel caso concreto. La Corte ha definito questi motivi ‘del tutto generici’, in quanto privi dell’indicazione degli elementi che avrebbero dovuto orientare la decisione in senso favorevole al ricorrente. Un ricorso inammissibile è spesso il risultato di un’argomentazione così vaga.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La motivazione della Suprema Corte è chiara: il ricorso è inammissibile perché i motivi presentati non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità. La Corte non può riesaminare i fatti o sostituire la propria valutazione a quella, immune da vizi logici e giuridici, dei giudici di merito. La funzione della Cassazione è quella di garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali, non di rivedere nel dettaglio le prove e le circostanze del caso. Poiché il ricorso non ha evidenziato errori di diritto, ma ha tentato di ottenere una nuova valutazione dei fatti, è stato inevitabilmente respinto.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Dichiarazione di Inammissibilità

La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta conseguenze dirette e onerose per il ricorrente, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale. In primo luogo, la sentenza impugnata diventa definitiva. In secondo luogo, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali. Infine, viene anche condannato a versare una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria volta a scoraggiare la proposizione di ricorsi palesemente infondati o dilatori. Questa decisione ribadisce l’importanza di redigere ricorsi specifici, pertinenti e focalizzati su reali vizi di legittimità, pena la loro irricevibilità.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non erano consentiti in sede di legittimità, in quanto riproponevano censure già adeguatamente respinte nei gradi di merito e presentavano argomentazioni del tutto generiche.

Quali argomenti specifici del ricorrente sono stati respinti come generici o ripetitivi?
Sono stati respinti gli argomenti relativi all’offensività della condotta, allo stato di necessità, alla recidiva, alla mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p., e al giudizio di equivalenza tra attenuanti generiche e recidiva, poiché quest’ultimo mancava di ragioni specifiche a sostegno della richiesta prevalenza delle attenuanti.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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