Ricorso Inammissibile: Quando i Motivi d’Appello Sono Troppo Generici
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre uno spunto fondamentale per comprendere i requisiti di un ricorso efficace e le conseguenze di una sua formulazione generica. Il caso riguarda una condanna per cessione di stupefacenti, ma il principio affermato è applicabile a un vasto raggio di procedimenti penali. La decisione sottolinea come un ricorso inammissibile sia l’esito inevitabile quando la difesa non si confronta specificamente con le motivazioni della sentenza che intende impugnare.
I Fatti del Processo
L’imputato era stato condannato sia in primo grado dal Tribunale che in secondo grado dalla Corte d’Appello di Milano per il reato di cessione di sostanze stupefacenti in concorso con un’altra persona. La Corte d’Appello aveva confermato integralmente la prima decisione, respingendo le argomentazioni della difesa.
Nonostante la doppia condanna, l’imputato ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, l’ultimo grado di giudizio in Italia, sperando di ottenere un annullamento della condanna.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
La difesa ha basato il proprio ricorso su tre punti principali:
1. Errata affermazione della responsabilità penale: si contestava la colpevolezza dell’imputato.
2. Mancata concessione delle attenuanti generiche: si riteneva che la pena fosse eccessiva e che il giudice avrebbe dovuto ridurla.
3. Diniego della sospensione condizionale della pena: si chiedeva di sospendere l’esecuzione della condanna.
Questi motivi, apparentemente solidi, nascondevano però una debolezza fatale che la Suprema Corte non ha mancato di evidenziare.
La Decisione della Cassazione sul ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o meno dell’imputato, ma si ferma a un livello procedurale: il ricorso non era formulato in modo corretto per poter essere esaminato. Di conseguenza, la condanna è diventata definitiva e l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende.
Le Motivazioni
L’ordinanza spiega in modo chiaro e netto le ragioni dell’inammissibilità, offrendo una vera e propria lezione su come NON si deve scrivere un ricorso in Cassazione.
Genericità e Reiteratività dei Motivi
Il primo e fondamentale problema era la natura dei motivi presentati. La Corte li ha definiti “meramente reiterativi e comunque generici”. In altre parole, la difesa si era limitata a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello, senza aggiungere nuovi elementi di diritto o una critica puntuale alla sentenza di secondo grado. Un ricorso in Cassazione non può essere una semplice ripetizione, ma deve individuare precise violazioni di legge commesse dal giudice precedente.
Mancato Confronto con la Sentenza Impugnata
Strettamente collegato al punto precedente, la Cassazione ha rilevato un “difetto di un effettivo confronto con il percorso argomentativo” della Corte d’Appello. La sentenza di secondo grado, infatti, aveva smontato in modo “particolarmente accurato ed analitico” la tesi difensiva, secondo cui certi messaggi scambiati tra i coimputati si riferivano a un’attività di “tassisti in nero” e non a spaccio di droga. Il ricorso, invece di contestare punto per punto questa ricostruzione, l’ha semplicemente ignorata, privando l’impugnazione della sua specificità.
Reiezione delle Attenuanti e della Sospensione Condizionale
Anche le doglianze sulla pena sono state respinte con la stessa logica. La Corte d’Appello aveva motivato il diniego delle attenuanti generiche con l’assenza di elementi positivamente valutabili e con il comportamento processuale dell’imputato. Aveva negato la sospensione condizionale sulla base di una prognosi negativa, un precedente specifico e le “modalità insidiose della condotta”. Il ricorso non ha saputo contrapporre a queste solide motivazioni una critica giuridicamente fondata, risultando anche su questo punto un ricorso inammissibile.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del processo penale: l’onere dell’impugnazione. Chi ricorre in Cassazione non può limitarsi a lamentare un’ingiustizia, ma deve dimostrare, attraverso un’analisi tecnica e specifica, dove e come il giudice precedente ha violato la legge. Un ricorso generico, che non dialoga criticamente con la sentenza impugnata, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con la conseguenza di rendere definitiva la condanna e di aggravare i costi per l’imputato. È un monito per gli avvocati sull’importanza della specificità e del rigore tecnico nella redazione degli atti processuali.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici, ripetitivi di argomentazioni già respinte e privi di un confronto critico e specifico con le dettagliate motivazioni della sentenza della Corte d’Appello.
Quale giustificazione aveva fornito l’imputato per i messaggi sospetti?
L’imputato aveva sostenuto che i messaggi scambiati con il coimputato fossero riconducibili a un’asserita attività di “tassisti in nero”, una tesi che i giudici di merito hanno ritenuto inconsistente e non provata.
Per quali ragioni non sono state concesse le attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena?
Le attenuanti generiche sono state negate per l’insussistenza di elementi positivamente valutabili, anche riguardo al comportamento processuale. La sospensione condizionale è stata negata a causa di una prognosi negativa basata su un precedente specifico, sulle modalità insidiose del reato e sulla ripartizione dei ruoli tra i concorrenti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 307 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 307 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 01/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME COGNOME nato a CAMEROTA il 30/06/1970
avverso la sentenza del 16/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME imputato del reato di cessione di sostanze stupefacenti in concorso con NOME COGNOME NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa in data 16/06/2023 dalla Corte d’Appello di Milano (che ha confermato la decisione di condanna emessa dal Tribunale della stessa città), deducendo violazione di legge con riferimento all’affermazione di penale responsabilità e alla mancata applicazione della sospensione condizionale e delle attenuanti generiche;
ritenuto che i motivi dedotti siano meramente reiterativi e comunque generici, difettando un effettivo confronto con il percorso argomentativo – particolarmente accurato ed analitico – tracciato dalla Corte territoriale con riferimento a tutte questioni prospettate;
ritenuto in particolare che la Corte d’Appello abbia esaustivamente chiarito le ragioni della ritenuta inconsistenza della tesi prospettata dal COGNOME, secondo cui i messaggi inviati al COGNOME sarebbero riconducibili ad una asserita attività di “tassisti in nero” (cfr. pag. 6-8 della sentenza impugnata): ragioni che sono rimaste prive di effettivo confronto critico da parte della difesa ricorrente;
ritenuto che considerazioni del tutto analoghe debbano essere svolte con riferimento al diniego sia delle attenuanti generiche (cfr. pag. 8 seg. sulla insussistenza di elementi positivamente valutabili, anche quanto al comportamento processuale), sia della seconda concessione della sospensione condizionale (cfr. pag. 9 seg., anche in relazione alla prognosi negativa formulata in considerazione del precedente specifico, delle modalità insidiose della condotta illecita, connotata da ripartizione dei ruoli idonea a far precostituire una versione alternativa dei fatti);
ritenuto pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle tennende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.