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Ricorso inammissibile: motivi generici e reiterati

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una condanna per i reati di cui agli artt. 477 e 482 c.p. La decisione si fonda sulla manifesta infondatezza e sulla genericità dei motivi di appello, che si sono rivelati meramente reiterativi di argomentazioni già respinte in secondo grado. La Corte ha ribadito che il ricorso per cassazione non può tradursi in una nuova valutazione dei fatti, confermando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti del Giudizio di Legittimità

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei requisiti di ammissibilità di un ricorso davanti alla Corte di Cassazione, evidenziando come un ricorso inammissibile sia spesso il risultato di motivi generici o meramente ripetitivi. La Suprema Corte ha confermato la condanna di un imputato, respingendo le sue doglianze per la mancanza di specificità e per il tentativo di ottenere un riesame dei fatti, compito che esula dalle competenze del giudice di legittimità.

Il Contesto del Caso: Dalla Condanna al Ricorso

Il caso trae origine dalla condanna di un imputato, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello, per i reati previsti dagli articoli 477 e 482 del codice penale. L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per cassazione, basandolo principalmente su due motivi. Il primo contestava la mancata applicazione d’ufficio della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Il secondo motivo, invece, si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte nel giudizio d’appello, senza un reale confronto con la motivazione della sentenza impugnata.

Analisi dei Motivi: Perché il Ricorso è Inammissibile?

La Corte di Cassazione ha analizzato entrambi i motivi, giungendo alla stessa conclusione: l’inammissibilità.

Il Primo Motivo: la Particolare Tenuità del Fatto

Il ricorrente lamentava che la Corte d’Appello non avesse considerato, ex officio, la possibilità di proscioglierlo per la particolare tenuità del fatto. La Cassazione ha ritenuto questo motivo manifestamente infondato. Richiamando un precedente giurisprudenziale (Cass. n. 5922/2023), ha chiarito che, per sollevare tale questione in sede di legittimità, è necessario indicare con precisione i presupposti di fatto che renderebbero applicabile tale causa di non punibilità e dimostrare la decisività di tale lacuna motivazionale. Nel caso di specie, il ricorrente si era limitato a delle affermazioni generiche, insufficienti a fronte di una condotta descritta in sentenza come connotata da “particolare scaltrezza”.

Il Secondo Motivo: la Genericità e Reiterazione

Il secondo motivo è stato giudicato privo di specificità. La Corte ha osservato che non era altro che una riproposizione delle stesse lamentele già avanzate con i motivi d’appello. La sentenza impugnata aveva fornito una motivazione corretta, congrua e completa sia in punto di diritto che di fatto, con la quale il ricorrente non si era minimamente confrontato. Invece di contestare la logicità o la correttezza giuridica del ragionamento del giudice d’appello, il ricorso si è limitato a ripetere argomenti già vagliati e respinti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La decisione della Suprema Corte si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. Il suo compito non è rivalutare le prove, ma verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso, per essere ammissibile, deve contenere critiche specifiche e pertinenti al provvedimento che contesta. Non può limitarsi a riproporre le stesse questioni già decise, né può chiedere alla Corte di sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici di merito. La Corte ha inoltre specificato che anche una memoria difensiva successiva non può sanare l’inammissibilità originaria del ricorso se non introduce argomentazioni nuove e decisive.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

L’ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: la redazione di un ricorso richiede un’analisi critica e puntuale della sentenza impugnata. È essenziale abbandonare le argomentazioni già respinte e concentrarsi sui vizi di legittimità (violazione di legge o vizio di motivazione) del provvedimento. La mera riproposizione dei motivi d’appello porta inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile, con la conseguenza della condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, che in questo caso è stata fissata in 3.000,00 euro.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano manifestamente infondati e privi di specificità. In particolare, un motivo si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza, mentre l’altro motivo era basato su asserzioni generiche e non decisive.

La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti di un caso come farebbe un tribunale di primo grado o d’appello?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo ruolo è controllare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione delle sentenze, non può effettuare una nuova valutazione delle prove o dei fatti del processo.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, la somma è stata fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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