Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Rigetta per Motivi Generici
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha dichiarato un ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sui requisiti di specificità che un atto di impugnazione deve possedere per essere esaminato nel merito. Il caso riguardava una condanna per l’acquisto di sostanze stupefacenti e sollevava questioni delicate come il principio del ne bis in idem e la continuazione tra reati. Analizziamo insieme la vicenda e le ragioni dietro la decisione dei giudici.
I Fatti del Caso: Due Episodi di Acquisto di Stupefacenti
L’imputato era stato condannato nei gradi di merito per due distinti episodi di acquisto di sostanze stupefacenti finalizzati allo spaccio. Il primo episodio risaliva al 1° agosto 2017, per una quantità di 50 grammi, mentre il secondo era avvenuto l’11 dicembre 2017, per 58 grammi. La condanna si basava, tra le altre cose, su inequivocabili intercettazioni telefoniche.
Contro la sentenza della Corte d’Appello, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, articolando diversi motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Cassazione
I motivi presentati dalla difesa spaziavano dalla contestazione delle prove alla violazione di principi procedurali e sostanziali. La Suprema Corte li ha esaminati uno per uno, giungendo a una conclusione univoca.
Il Principio del “Ne Bis in Idem”: Un Motivo Troppo Generico
Il motivo più interessante riguardava la presunta violazione del principio del ne bis in idem (divieto di un secondo processo per lo stesso fatto). La difesa sosteneva che per l’episodio dell’11 dicembre 2017 l’imputato fosse già stato processato in un procedimento separato. Tuttavia, la Cassazione ha bollato questa censura come “assolutamente generica”. La difesa, infatti, non aveva allegato alcun documento né fornito elementi concreti a sostegno di tale affermazione, come la prova dell’esistenza di un altro procedimento o di un carico pendente. Un’affermazione non provata non può essere presa in considerazione.
La Reiterazione dei Motivi e la Continuazione Esterna: il secondo motivo di un ricorso inammissibile
Anche gli altri motivi non hanno avuto sorte migliore. La censura relativa al primo episodio è stata considerata una semplice reiterazione di argomenti già ampiamente e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello. Allo stesso modo, sono state respinte le critiche sulla sussistenza della recidiva e sull’esclusione della cosiddetta “continuazione esterna” con reati commessi in precedenza. Su quest’ultimo punto, i giudici hanno sottolineato la notevole distanza temporale (almeno due anni) tra i fatti, ritenendo inverosimile che l’imputato avesse programmato gli atti del 2017 già nel 2015.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi erano, nel complesso, privi dei requisiti minimi di legge. Un ricorso, per essere ammissibile, non può limitarsi a ripetere le stesse argomentazioni già respinte, né può formulare accuse generiche senza fornire alcun supporto probatorio. In particolare, per la violazione del ne bis in idem, la Corte ha specificato che l’onere di allegare gli elementi a sostegno della propria tesi grava sulla parte che la propone. In ogni caso, qualora il divieto di doppio processo fosse realmente sussistente, la questione potrà essere sollevata e accertata in un’altra sede, ovvero davanti al giudice dell’esecuzione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: la specificità dei motivi di ricorso. Non è sufficiente lamentare una presunta ingiustizia; è necessario articolare le proprie censure in modo chiaro, preciso e, soprattutto, documentato. Un ricorso generico o meramente ripetitivo non supera il vaglio di ammissibilità, con la conseguenza che la decisione impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione insegna che l’accesso alla giustizia di ultima istanza richiede rigore e preparazione, non semplici affermazioni.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano in parte una mera ripetizione di argomenti già respinti dalla Corte d’Appello, e in parte formulati in modo “assolutamente generico”, senza fornire alcun elemento di prova a sostegno, come nel caso della presunta violazione del ne bis in idem.
Cosa ha stabilito la Corte riguardo al principio del “ne bis in idem” (divieto di doppio processo)?
La Corte ha ritenuto il motivo generico poiché la difesa non ha allegato alcun documento a prova dell’esistenza di un altro procedimento per lo stesso fatto. Ha inoltre precisato che, qualora la violazione sussistesse, la questione potrà essere accertata dal giudice dell’esecuzione.
Perché non è stata riconosciuta la “continuazione esterna” con reati precedenti?
La continuazione è stata esclusa a causa della notevole distanza temporale (almeno due anni) tra i fatti giudicati e quelli precedenti. La Corte ha ritenuto non sostenibile che l’imputato, mentre commetteva i reati nel 2015, avesse già programmato quelli del 2017.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4006 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4006 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il 11/05/1981
avverso la sentenza del 10/11/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminati i motivi di ricorso e i motivi aggiunti.
Osservato che la condanna è intervenuta in relazione a due episodi di acquisto di sostanza stupefacente non meglio precisata ai fini di spaccio: uno avvenuto in data 1 agosto 2017 (50 grammi) e l’altro in data 11 dicembre 2017 (58 grammi).
Rilevato che il primo motivo – avente ad oggetto la commissione dell’acquisto del 1 agosto 2017 – è reiterativo di censura già formulata innanzi al giudice di appello, il quale ha fornito puntuale motivazione richiamando l’inequivocità delle intercettazioni relative a tale episodio (pag. 5 e 6).
Ad analoga conclusione deve pervenirsi con riferimento al terzo motivo – avente ad oggetto la sussistenza della recidiva – (cfr. pag. 6 e 7) e al quarto motivo avente ad oggetto l’errata esclusione della disciplina della continuazione esterna (cfr. pag. 8 e 9, nella parte in cui si sottolinea la notevole distanza temporale tra i fatti per cui si procede e quelli giudicati con le sentenze indicate dalla difesa, i quali risultano commessi almeno due anni prima rispetto ai fatti giudicati, non essendo seriamente sostenibile che l’imputato, mentre poneva in essere la condotta contestata nel 2015, avesse già programmato, sia pure nelle linee essenziali, gli ulteriori fatti che avrebbe commesso, nella migliore delle ipotesi, due anni dopo).
Osservato che con il secondo motivo l’imputato deduce la violazione del principio del ne bis in idem poiché, in relazione all’episodio de1111 dicembre 2017 si è proceduto in separata sede, essendo COGNOME stato arrestato nell’ambito del p.p. n. 2985/18 R.G.N.R. Nella sentenza si dà atto di ciò, ma poi si condanna anche per tale episodio, anziché dichiararne l’improcedibilità.
Trattasi di motivo dedotto in termini assolutamente generici, non avendo la difesa allegato nulla in merito a tale ultimo procedimento, nemmeno l’esistenza di un carico pendente. In ogni caso, il bis in idem, se sussistente, potrà essere accertato dal giudice dell’esecuzione.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25/10/2024.