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Ricorso inammissibile: motivi generici e prova

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile perché i motivi erano generiche ripetizioni di argomentazioni già respinte e miravano a una rivalutazione dei fatti, in particolare riguardo la prova dattiloscopica in un caso di tentato furto. La Corte ha inoltre chiarito che l’omessa indicazione nella citazione in appello della facoltà di richiedere un’udienza orale, secondo le norme emergenziali, non ne causa la nullità.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultima spiaggia nel processo penale, ma non è una garanzia di successo. Un ricorso inammissibile è un esito frequente quando non si rispettano i rigidi paletti formali e sostanziali previsti dalla legge. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio pratico, spiegando perché la riproposizione di motivi già discussi e la richiesta di una nuova valutazione delle prove non trovano spazio nel giudizio di legittimità.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un imputato che ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello. La condanna era legata a un tentato furto, e la prova principale era un’impronta digitale trovata sull’autovettura oggetto del reato. Il ricorrente ha basato la sua difesa su due argomenti principali:

1. Un vizio di procedura: sosteneva la nullità del decreto di citazione per il giudizio d’appello. A suo dire, l’atto non specificava la facoltà di richiedere un’udienza con discussione orale, una possibilità introdotta dalla normativa emergenziale per la pandemia.
2. Un vizio di motivazione: criticava la sentenza d’appello per non aver adeguatamente motivato la validità della prova dattiloscopica, lamentando l’assenza di un documento che attestasse il numero esatto di punti di corrispondenza tra la sua impronta e quella rinvenuta.

L’Analisi della Corte e il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, concludendo per la loro totale infondatezza e dichiarando il ricorso inammissibile. Vediamo perché.

La questione procedurale sulla trattazione orale

Sul primo punto, i giudici hanno chiarito un principio fondamentale della procedura penale: la tassatività delle nullità. Le norme emergenziali, che permettevano la trattazione scritta degli appelli salvo richiesta di discussione orale, non hanno modificato i requisiti essenziali del decreto di citazione previsti dall’art. 601 del codice di procedura penale. La mancata menzione esplicita di questa facoltà non rientra tra le cause di nullità tassativamente indicate dalla legge. Pertanto, la vocatio in iudicium (la chiamata in giudizio) era perfettamente valida.

La prova dell’impronta digitale e i limiti della Cassazione

Sul secondo motivo, la Corte ha sottolineato come il ricorrente stesse, in realtà, chiedendo una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La Corte d’Appello aveva già logicamente e coerentemente motivato la sua decisione, basandosi sulla relazione tecnica e sulla testimonianza dell’esperto. Da queste era emerso che l’identificazione era certa, grazie a una corrispondenza di 16-17 punti caratteristici, un numero superiore allo standard minimo richiesto dalla giurisprudenza per garantire la piena attendibilità della prova. Chiedere alla Cassazione di riesaminare questi elementi significa tentare di trasformarla in un terzo grado di giudizio di merito, snaturandone la funzione.

Le motivazioni

La decisione di inammissibilità si fonda su due pilastri. In primo luogo, i motivi di ricorso non devono essere una mera riproduzione delle censure già avanzate in appello e respinte dal giudice precedente. Devono, invece, contenere una critica specifica e argomentata della decisione impugnata, evidenziando precisi vizi di legge. In questo caso, il ricorrente non si è confrontato adeguatamente con la motivazione della Corte d’Appello.

In secondo luogo, la Corte di Cassazione non è un “giudice del fatto”. Il suo compito è assicurare la corretta applicazione della legge, non stabilire se un’impronta appartenga o meno a un imputato. Una volta che il giudice di merito ha valutato la prova in modo logico e senza violare norme giuridiche, la sua conclusione non è sindacabile in sede di legittimità.

Le conclusioni

L’ordinanza ribadisce un insegnamento cruciale per chiunque intenda adire la Suprema Corte: un ricorso inammissibile non è solo una sconfitta processuale, ma comporta anche conseguenze economiche. Il ricorrente è stato infatti condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro. Questa decisione serve da monito: il ricorso per cassazione è uno strumento serio, da utilizzare per sollevare questioni di diritto concrete e non per tentare una generica e improbabile rivalutazione del merito della causa.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano riproduttivi di censure già adeguatamente respinte dal giudice d’appello, non contenevano una critica specifica alla motivazione della sentenza impugnata e miravano a una rivalutazione dei fatti, attività non consentita in sede di Cassazione.

La mancata indicazione della facoltà di chiedere l’udienza orale nel decreto di citazione in appello causa la sua nullità?
No. La Corte ha stabilito che la normativa emergenziale non ha modificato i requisiti di validità del decreto di citazione previsti dall’art. 601 c.p.p. Poiché le cause di nullità sono tassative (cioè previste espressamente dalla legge), tale omissione non comporta la nullità dell’atto.

Qual è il criterio per considerare attendibile una prova dattiloscopica?
Secondo la giurisprudenza citata nella decisione, la prova dattiloscopica offre piena garanzia di attendibilità quando evidenzia almeno sedici o diciassette punti caratteristici uguali per forma e posizione. Questo standard fornisce la certezza sull’identificazione della persona.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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