Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13870 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13870 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME OSPEDALETTI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/11/2022 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esamiNOME il ricorso proposto a mezzo del difensore da COGNOME NOME, ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. b) cod. strada e condanNOME alla pena di mesi 1 di arresto ed euro 1200,00 di ammenda.
Rilevato che, a motivi di ricorso, la difesa lamenta: 1. erronea applicazione dell’art. 186, comma 2, lett. b) cod. strada in relazione alla nullit dell’accertamento strumentale avvenuto in un secondo momento rispetto alla contestazione dell’illecito; 2. Violazione dell’art. 131-bis cod. pen., manifesta illogicità della motivazione con riferimento alle condizioni legittimanti l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto; 3. Vizio di motivazione in ordine alla concessione della sospensione condizionale della pena non richiesta dall’imputato; vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione della sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con i lavori di pubblica utilità; 4. Prescrizione del reato.
Considerato che i motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto generici, privi di confronto con la decisione impugnata, non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione ed in contrasto con gli orientamento consolidati della giurisprudenza di legittimità.
Ritenuto che la prima doglianza ha formato oggetto di attenta disamina da parte della Corte di merito, che ha posto in rilievo come l’accertamento fosse stato ritualmente effettuato dagli operanti a seguito della constatazione di una sintomatologia tipica dello stato di ebbrezza, a distanza di breve tempo dal verificarsi del sinistro.
Ritenuto, quanto al secondo motivo di doglianza, che la Corte di merito ha offerto congrua motivazione a sostegno del rigetto della richiesta, del tutto conforme alla lettera della legge ed ai principi ermeneutici stabiliti in sede di legittimità, ponendo in rilievo che il fatto non può essere ritenuto di particolare tenuità e che il ricorrente è gravato da tre precedenti specifici.
Ritenuto, quanto al terzo motivo di ricorso, che la richiesta di revoca della sospensione condizionale della pena avanzata innanzi alla Corte di appello era posta in termini del tutto generici, inidonei a rivelare un interesse giuridicamente apprezzabile alla revoca del beneficio (cfr. in argomento Sez. 1, n. 43217 del 09/02/2018, Carrieri, Rv. 274410 – 01).
Considerato, in linea con il precedente citato, che, per esplicita disposizione dell’art. 163 cod. pen., la sospensione condizionale può essere accordata d’ufficio (salvo rinunzia da parte dell’interessato) e che la richiesta in sede di gravame di escludere il beneficio applicato d’ufficio non può che presuppon -e l’esistenza di un interesse giuridico meritevole di tutela, il quale deve essere chiaramente indicato ed eventualmente documentato.
Considerato che, in tema di impugnazioni è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, che non abbia preso in considerazione un motivo di appello, che risulti ab origine inammissibile per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (Sez. 2, Sentenza n. 10173 del 16/12/2014, dep. 2015, Bianchetti, Rv. 263157).
Rilevato che l’inammissibilità dei motivi proposti dalla difesa, riverbera i suoi effetti anche riguardo al motivo relativo alla dedotta prescrizione del reato, atteso che l’inammissibilità del ricorso per cassazione, conseguente alla manifesta infondatezza dei motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità, a norma dell’art. 129, cod. proc. pen., ivi compreso l’eventuale decorso del termine di prescrizione (così Sei.. U, n. 32 del 22/11/2000, Rv. 217266). Pertanto, benchè la prescrizione sia maturata in epoca successiva alla
pronuncia della sentenza di appello essa non spiega alcuna efficacia nel caso in esame.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 marzo 2024