Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13250 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13250 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 19/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOMENOME nato a CAPUA il 12/12/1989
avverso la sentenza del 13/06/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 13 giugno 2024 la Corte di appello di Napoli ha confermato la pronuncia del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 1° marzo 2023 con cui COGNOME NOME era stato condannato alla pena di mesi uno, giorni dieci di arresto ed euro 2.000,00 di ammenda in ordine al reato di cui all’ 116, commi 15 e 17, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con tre distinti motivi: violazione di leg in ordine all’omessa applicazione della causa di non punibilità prevista dall 131-bis cod. pen.; vizio di motivazione con riguardo alla mancata applicazione della sanzione sostitutiva della pena pecuniaria ex art. 20-bis cod. pen.; vizio di motivazione in relazione all’art. 442, comma 2, cod. proc. pen., per essere st ridotta solo di un terzo, anziché della metà, la pena applicata in sede di giud abbreviato per un reato contravvenzionale.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riguardo alla prima censura, deve essere osserva come la norma che si assume violata preveda, quali condizioni applicative (congiuntamente e non alternativamente, come si desume dal tenore letterale della disposizione), la particolare tenuità dell’offesa e la non abituali comportamento. Si richiede, pertanto, al giudice di rilevare se, sulla base dei «indici requisiti» delle modalità della condotta e dell’esiguità del danno e pericolo, valutati secondo i criteri direttivi di cui all’art. 133, primo comma, pen., sussista l’indice-criterio della particolare tenuità dell’offesa e, con coesista quello della non abitualità del comportamento. Solo in questo caso potrà considerare il fatto di particolare tenuità ed esclude conseguentemente, la punibilità (cfr., in questi termini, Sez. 3, n. 47039 08/10/2015, Derossi, Rv.265449-01).
Senza ampliare il tema oltre quanto strettamente attinente al cas concreto, risulta, dunque, alla luce di quanto sopra, che tutti gli indici i nella sentenza impugnata siano elementi correttamente evidenziati dal giudice di merito (cfr. pp. 2 e s.) per negare la possibilità di sussumere il fatto ogge esame nell’ipotesi disciplinata dall’art.131-bis cod. pen.
2.2. Parimenti inammissibile è la seconda doglianza, poiché essa, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale replica alle analoghe doglianze eccepite con l’atto di appello – nella quale er
state congruamente evidenziate le ragioni di assenza dei presupposti per la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria, in particolar modo tenuto conto della negativa personalità dell’istante (cfr. p. 3 della sentenza impugnata) – reiteri le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
2.3. Inammissibile, infine, è pure la censura dedotta con il terzo motivo di ricorso, dovendo trovare applicazione, in termini troncanti, il principio espresso da questa Suprema Corte in Sez. U, n. 47182 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 283818-01 – con riferimento a ipotesi in tutto coincidente con quella in esame per cui, qualora la pena concretamente irrogata rientri nei limiti edittali, l’erronea applicazione da parte del giudice di merito della misura della diminuente, prevista per un reato contravvenzionale giudicato con rito abbreviato, integra un’ipotesi di pena illegittima e non già di pena illegale. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto preclusa, ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., la relativa questione in quanto non dedotta con i motivi di appello).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 19 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Preinte,