Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude le Porte all’Appello
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa segnare la fine del percorso giudiziario per un imputato. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha respinto il ricorso di un uomo condannato per tentata estorsione, delineando i rigidi confini del giudizio di legittimità. Questo caso sottolinea l’importanza di formulare i motivi di ricorso in modo tecnicamente ineccepibile, pena l’impossibilità di far valere le proprie ragioni davanti alla Suprema Corte.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una condanna per il reato di concorso in tentata estorsione. L’imputato, secondo le corti di merito, avrebbe rivolto minacce ai gestori di un bar per ottenere un ingiusto profitto. Dopo la conferma della condanna in secondo grado da parte della Corte d’Appello, l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, affidandosi a tre distinti motivi di censura.
I Motivi del Ricorso e la Dichiarazione di Inammissibilità
Il ricorrente ha tentato di smontare la decisione della Corte d’Appello su tre fronti:
1. Errata qualificazione giuridica: Sosteneva che i fatti dovessero essere inquadrati non come tentata estorsione, ma come esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art. 393 c.p.), contestando la valutazione delle prove testimoniali.
2. Mancato riconoscimento di attenuanti: Lamentava il diniego delle circostanze attenuanti generiche e la mancata applicazione dell’attenuante specifica di cui all’art. 62, n. 2, c.p.
3. Pena eccessiva: Giudicava la sanzione inflitta sproporzionata.
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha ritenuto ogni singolo motivo non meritevole di accoglimento, dichiarando l’intero ricorso inammissibile.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha analizzato e smontato ciascun motivo di ricorso, fornendo preziose indicazioni sui limiti del proprio giudizio.
Primo Motivo: Il Divieto di Riesaminare i Fatti
La Corte ha ribadito un principio cardine del nostro sistema: il giudizio di cassazione è un sindacato di legittimità, non un terzo grado di merito. Il ricorrente, criticando la valutazione delle prove, chiedeva di fatto ai giudici di legittimità di sostituire la propria valutazione a quella, logica e coerente, dei giudici di appello. Questo tipo di richiesta è preclusa. La Corte ha sottolineato come i motivi fossero una mera reiterazione di argomenti già esaminati e motivatamente respinti in appello, rendendo la censura non specifica e solo apparente.
Secondo Motivo: La Preclusione Processuale
Per quanto riguarda le attenuanti, la Corte ha rilevato un vizio procedurale fatale. La richiesta di applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 2, c.p. non era stata presentata come specifico motivo di appello. L’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale vieta di sollevare per la prima volta in Cassazione questioni che dovevano essere dedotte nei gradi di merito. Questa regola garantisce l’ordine e la progressione del processo, impedendo che vengano introdotte nuove doglianze in sede di legittimità.
Terzo Motivo: La Discrezionalità del Giudice di Merito sulla Pena
Infine, anche la censura relativa all’eccessività della pena è stata giudicata generica e inammissibile. La determinazione della sanzione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che la commisura sulla base dei criteri stabiliti dagli artt. 132 e 133 del codice penale. Il sindacato della Cassazione su questo punto è limitato ai casi in cui la motivazione sia palesemente illogica, arbitraria o del tutto assente, circostanze non riscontrate nel caso di specie.
Le Conclusioni
L’ordinanza della Corte di Cassazione si pone come un monito sulla necessità di rispettare rigorosamente le regole procedurali e i limiti del giudizio di legittimità. Un ricorso inammissibile non solo non ottiene il risultato sperato, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione ribadisce che non è possibile utilizzare la Cassazione come una terza istanza per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti. L’appello deve essere fondato su vizi di legge o su difetti motivazionali evidenti e decisivi, e non su un generico dissenso rispetto alla valutazione operata dai giudici di merito.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non rispettavano i requisiti richiesti. In particolare, il primo motivo mirava a un riesame dei fatti, non consentito in Cassazione; il secondo sollevava una questione non dedotta in appello; il terzo era troppo generico e contestava la discrezionalità del giudice di merito sulla determinazione della pena.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le testimonianze?
No, la Corte di Cassazione svolge un sindacato di legittimità, non di merito. Non può quindi riesaminare le prove, come le testimonianze, ma solo verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e non contraddittoria.
Cosa succede se un argomento non viene presentato come motivo specifico in appello?
Secondo l’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, quell’argomento non può, di regola, essere proposto per la prima volta in Cassazione. Si crea una preclusione processuale che impedisce al giudice di legittimità di esaminare la questione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21740 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21740 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a ROMA il 17/10/1971
avverso la sentenza del 17/04/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di Piperi Petrow;
ritenuto che la prima censura articolata nel primo motivo di ricorso, con cui si deduce violazione di legge in ordine alla ritenuta configurabilità del reato di concorso in tentata estorsione e vizio di motivazione in relazione alla mancata riqualificazione in quello di cui all’art. 393 cod. pen., non è formulato in termini consentiti dalla legge in questa sede, dal momento che il ricorrente, con argomentazioni tese a contestare la decisione cui sono pervenuti i giudici di merito perché fondata su una valutazione asseritamente sbagliata delle risultanze processuali, finisce per sollecitare un giudizio estraneo al sindacato di legittimità e per reiterare profili di censura già dedotti in appello e già adeguatamente esaminati e disattesi dalla Corte territoriale, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto privi di un effettivo confronto con la complessità delle ragioni di fatto e di diritto poste a base della decisione impugnata (si vedano, in particolare, pagg. 4-6, sulla rilevanza del tutto marginale delle contraddizioni testimoniali evidenziate dalla difesa, e le pagg. 8 e 9, sull’assenza di un diritto azionabile in giudizio da parte del figlio dell’odierno ricorrente ne confronti dei gestori del bar, cui quest’ultimo aveva rivolto minacce);
considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si contesta vizio di motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche e la mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 2, cod. pen., non può essere dedotta in questa sede perché la censura non risulta essere stata previamente prospettata come specifico motivo di appello, secondo quanto è prescritto dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda pag. 9), che il ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto;
che, infine, la conclusiva censura relativa alla asserita eccessività della pena risulta del tutto generica per indeterminatezza oltre che, a sua volta, non formulata in termini consentiti dinanzi a questa Corte, dovendosi ribadire che la determinazione del trattamento sanzionatorio, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., cosicché sfugge al sindacato di legittimità la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione, come nel caso di specie, non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell
ammende.
Così deciso, il 23 maggio 2025.