Ricorso Inammissibile in Cassazione: Analisi di un Caso Pratico
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga trattato dalla Corte di Cassazione, evidenziando l’importanza della specificità e della corretta progressione processuale dei motivi di impugnazione. Quando si arriva all’ultimo grado di giudizio, non è sufficiente dissentire dalla sentenza precedente; è necessario formulare critiche precise e pertinenti, pena il rigetto dell’intero ricorso ancora prima di entrare nel merito. Analizziamo questa decisione per comprendere le regole fondamentali che governano il ricorso per cassazione in materia penale.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Roma, che aveva confermato la responsabilità penale di un imputato per il reato di estorsione, ai sensi dell’art. 629 del codice penale. L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione basandosi su due principali motivi: il primo contestava la correttezza della motivazione relativa alla sua colpevolezza, mentre il secondo lamentava il mancato riconoscimento dell’attenuante del ravvedimento operoso.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, con l’ordinanza del 18 febbraio 2025, ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un vaglio preliminare di ammissibilità, riscontrando vizi procedurali insuperabili in entrambi i motivi proposti.
Le Motivazioni: Analisi del Ricorso Inammissibile
Le ragioni che hanno portato la Corte a questa conclusione sono distinte per ciascuno dei due motivi di ricorso e rappresentano una lezione fondamentale sulla tecnica di redazione delle impugnazioni.
Il Primo Motivo: La Genericità e la Ripetitività delle Censure
La Corte ha ritenuto il primo motivo del tutto inammissibile perché si risolveva in una ‘pedissequa reiterazione’ di argomenti già presentati e respinti dalla Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno sottolineato che il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Riproporre le stesse argomentazioni senza una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata trasforma il motivo in un’istanza generica e apparente.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente motivato la sussistenza del reato di estorsione, evidenziando l’assenza di un incarico legittimo per la riscossione del credito e la presenza di un ingiusto profitto. Il ricorrente, invece di contestare puntualmente questi passaggi logici, si è limitato a ripetere la sua versione, omettendo di assolvere alla funzione tipica del ricorso: una critica mirata alla decisione di secondo grado.
Il Secondo Motivo: La Censura Tardiva
Ancora più netto è il giudizio sul secondo motivo, relativo al mancato riconoscimento dell’attenuante del ravvedimento operoso. La Corte ha rilevato che questa specifica doglianza non era mai stata sollevata come motivo di appello. L’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce, a pena di inammissibilità, che non possono essere dedotte in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento.
Poiché l’attenuante in questione non rientra in tale categoria, il ricorrente avrebbe dovuto sollevarla nel precedente grado di giudizio. Non avendolo fatto, ha perso la possibilità di farla valere davanti alla Suprema Corte. La sentenza impugnata, inoltre, riepilogava i motivi di gravame presentati in appello, e da tale riepilogo non emergeva alcuna menzione della richiesta attenuante.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce due principi cardine del processo penale di legittimità. In primo luogo, ogni motivo di ricorso deve essere specifico, criticando in modo puntuale e argomentato le parti della sentenza che si ritengono errate, e non può limitarsi a riproporre le difese già svolte. In secondo luogo, vige il principio devolutivo: la cognizione della Corte di Cassazione è limitata alle questioni già devolute al giudice d’appello. Introdurre censure nuove in sede di legittimità è una strategia processualmente errata e destinata al fallimento, che comporta non solo la conferma della condanna ma anche l’aggiunta di ulteriori oneri economici per il ricorrente.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile per diverse ragioni procedurali, tra cui la genericità dei motivi, la semplice ripetizione di argomenti già respinti in appello, o la proposizione di censure su questioni non sollevate nel precedente grado di giudizio, come evidenziato nel caso di specie.
È sufficiente ripetere in Cassazione gli stessi motivi già presentati in appello?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha stabilito che la ‘pedissequa reiterazione’ dei motivi d’appello, senza una critica specifica e argomentata avverso la sentenza impugnata, rende il motivo generico e quindi inammissibile. Il ricorso deve attaccare la logica e la correttezza giuridica della decisione di secondo grado.
Posso presentare in Cassazione un motivo di ricorso che non avevo sollevato in appello?
No, di regola non è possibile. Secondo l’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, le questioni non dedotte nei motivi di appello non possono essere presentate per la prima volta in Cassazione, a meno che non si tratti di questioni che il giudice può rilevare d’ufficio in ogni fase del processo. La mancata richiesta di un’attenuante, come il ravvedimento operoso, in appello ne preclude la deducibilità in sede di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9043 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9043 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a FRASCATI il 07/02/1987
avverso la sentenza del 10/06/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME, ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità per il reato di cui all’art. 629 cod. pen., è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito nella parte in cui ha correttamente ritenuto integrata la fattispecie di estorsione alla luce dell’assenza del conferimento dell’incarico di riscossione del credito da parte del titolare del diritto e considerato, inoltre, l’ingiusto profitto conseguito dall’odierno ricorrente (si vedano in particolare le pag. 7-9 della sentenza impugnata), dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
considerato, inoltre, che il concorso del terzo nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone è configurabile nei soli casi in cui questi si limiti ad offrire un contributo alla pretesa del creditore, senza perseguire alcuna diversa ed ulteriore finalità (Sez. U – , n. GLYPH del 16/07/2020 Ud., Rv. 280027 – 03);
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, che denuncia il mancato riconoscimento dell’attenuante del ravvedimento operoso di cui all’art. 62 n.6 cod. pen., non è consentito in sede di legittimità perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda pag. 5), che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore delle Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 18/02/2025
Consigliere NOME
Il Presidente