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Ricorso inammissibile: motivi generici e infondati

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per bancarotta fraudolenta. La decisione si fonda sulla genericità e manifesta infondatezza dei motivi di appello, che si limitavano a riproporre argomentazioni già respinte in secondo grado, senza specificare in modo puntuale i vizi della sentenza impugnata, in particolare riguardo alla distrazione di una cospicua somma di denaro. Il ricorso è stato definito un ricorso inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando i Motivi d’Appello sono Troppo Generici

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: per contestare una sentenza di condanna, non basta dissentire, ma è necessario formulare critiche specifiche e puntuali. In caso contrario, il risultato è un ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Questo caso, relativo a una condanna per bancarotta fraudolenta, offre un’eccellente lezione sulla necessità di redigere atti di impugnazione chiari e ben argomentati.

I Fatti del Caso

Un imprenditore veniva condannato in primo e secondo grado per i reati di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale. La Corte d’Appello di Ancona aveva confermato la sua responsabilità, evidenziando in particolare la mancata giustificazione della destinazione di un’ingente somma di denaro, pari a 294.000,00 euro.

Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a due motivi principali. Con il primo, contestava la correttezza della motivazione relativa alla sua responsabilità per la bancarotta distrattiva. Con il secondo, criticava la valutazione della Corte sull’elemento soggettivo del reato, ovvero l’intenzionalità della sua condotta.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso e li ha dichiarati entrambi inammissibili. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto senza un’analisi del merito della vicenda. La Corte ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: Analisi del Ricorso Inammissibile

La decisione della Corte si basa su una rigorosa applicazione delle norme procedurali che regolano le impugnazioni. Vediamo nel dettaglio perché ciascun motivo è stato giudicato inidoneo a superare il vaglio di ammissibilità.

La Genericità del Primo Motivo: la Bancarotta Distrattiva

Il primo motivo è stato considerato ‘generico’ e ‘manifestamente infondato’. La Corte ha osservato che l’imprenditore si era limitato a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte dal giudice d’appello, senza confrontarsi criticamente con le ragioni esposte nella sentenza impugnata. Questo tipo di doglianza, che non attacca specificamente la struttura logica della decisione, rende il motivo non specifico e, quindi, inammissibile.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che il ‘vizio di motivazione’ che può essere denunciato in Cassazione è solo quello che emerge da un palese contrasto tra l’argomentazione del giudice e le massime di esperienza o altri dati processuali. Nel caso di specie, la motivazione della Corte d’Appello, che aveva evidenziato l’assenza di spiegazioni sulla destinazione dei 294.000,00 euro, era stata ritenuta logica e coerente, priva di vizi censurabili.

L’Indeterminatezza del Secondo Motivo e il conseguente Ricorso Inammissibile

Anche il secondo motivo, relativo all’elemento soggettivo, è stato giudicato generico per indeterminatezza. Secondo i giudici, il ricorso non rispettava i requisiti dell’art. 581 del codice di procedura penale. In pratica, l’imputato non aveva indicato con precisione gli elementi fattuali e le prove su cui basava la sua critica, impedendo di fatto alla Corte di Cassazione di comprendere i rilievi mossi e di esercitare il proprio controllo di legittimità. Di fronte a una motivazione della sentenza d’appello definita ‘logicamente corretta’, un ricorso che non individua punti specifici di censura è destinato a essere dichiarato inammissibile.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza è un monito importante per chiunque intenda impugnare una sentenza penale. La redazione di un ricorso non è una mera formalità, ma un atto che richiede precisione, specificità e un confronto critico con la decisione che si intende contestare. Non è sufficiente riproporre vecchie tesi o esprimere un generico dissenso. È necessario, invece, smontare pezzo per pezzo il ragionamento del giudice precedente, evidenziandone le crepe logiche, le omissioni o gli errori di diritto in modo chiaro e puntuale. In mancanza di tali requisiti, l’esito più probabile è una dichiarazione di inammissibilità, che non solo rende definitiva la condanna ma comporta anche un ulteriore onere economico per il ricorrente.

Perché il ricorso dell’imprenditore è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e indeterminati. Essi si limitavano a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza specificare in modo puntuale i presunti errori della sentenza impugnata, violando i requisiti di specificità richiesti dalla legge.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘generico’?
Secondo la Corte, un motivo è generico quando non individua critiche specifiche contro la motivazione della sentenza precedente, ma si limita a ripetere ragioni già discusse e ritenute infondate. Inoltre, è generico quando non indica con precisione gli elementi su cui si basa la censura, impedendo al giudice dell’impugnazione di comprendere i rilievi e valutarli.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la conferma della sentenza di condanna, che diventa così definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso di 3.000 euro, da versare alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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