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Ricorso inammissibile: motivi generici e infondati

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro una sentenza della Corte d’Appello di Firenze. I motivi del ricorso sono stati ritenuti generici, manifestamente infondati e una mera riproposizione di argomenti già valutati, configurandosi come un tentativo non consentito di riesaminare i fatti. La Corte ha confermato che la permanenza di un’occupazione abusiva osta all’applicazione della particolare tenuità del fatto e che la condanna alla pena minima non richiede una specifica motivazione aggiuntiva. Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione ribadisce i limiti dell’impugnazione

Presentare un ricorso in Cassazione richiede precisione e solidità giuridica. Un recente provvedimento, l’ordinanza n. 22345/2024 della Suprema Corte, offre un chiaro esempio di come un’impugnazione priva di specificità si traduca in un ricorso inammissibile. Questo caso sottolinea l’importanza di formulare motivi di ricorso che non siano una mera riproposizione delle argomentazioni già respinte nei gradi di merito, ma che individuino vizi specifici nella sentenza impugnata. Analizziamo insieme la decisione per comprendere i principi applicati dai giudici di legittimità.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un’imputata avverso una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Firenze. La difesa contestava la decisione sotto due profili principali: il mancato proscioglimento per la particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale, e l’eccessività del trattamento sanzionatorio applicato.

In sostanza, la ricorrente chiedeva alla Corte di Cassazione una rivalutazione complessiva della sua posizione, sperando in un esito più favorevole rispetto a quello dei precedenti gradi di giudizio.

L’Analisi della Corte sul Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso e li ha giudicati privi dei requisiti necessari per un esame nel merito. La decisione di dichiarare il ricorso inammissibile si fonda su argomentazioni procedurali e sostanziali molto precise. I giudici hanno rilevato come le doglianze difensive fossero basate su una ricostruzione alternativa dei fatti, senza individuare specifici e decisivi travisamenti delle prove. Questo tipo di approccio non è consentito nel giudizio di legittimità, il cui scopo non è riesaminare i fatti, ma verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha articolato la sua decisione sulla base di diversi punti chiave che meritano un’analisi approfondita.

Genericità e Manifesta Infondatezza dei Motivi

Il primo ostacolo insormontabile per il ricorso è stata la sua genericità. La difesa si è limitata a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello, senza contestare in modo specifico le ragioni per cui quelle argomentazioni erano state disattese. La Cassazione ha ribadito che un ricorso non può essere una semplice ripetizione delle difese svolte in appello, ma deve contenere una critica puntuale e argomentata della decisione di secondo grado.

Il Limite della Particolare Tenuità del Fatto

In relazione alla richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p., la Corte ha evidenziato come la motivazione della sentenza d’appello fosse giuridicamente corretta. Richiamando consolidata giurisprudenza (Sez. 2, n. 16363/2019), i giudici hanno confermato che la permanenza di un reato, come nel caso di un’occupazione illegittima continuata nel tempo, costituisce un fattore che osta alla concessione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La condotta, non essendo episodica, non può essere considerata di lieve entità.

La Dosimetria della Pena e il Potere Discrezionale del Giudice

Anche la critica relativa alla presunta eccessività della pena è stata respinta. La Corte ha ricordato un principio fondamentale: quando il giudice irroga una pena corrispondente al minimo edittale previsto dalla legge, non è tenuto a fornire una giustificazione specifica e dettagliata. L’uso del potere discrezionale è implicitamente motivato dalla scelta di applicare la sanzione più mite possibile, rendendo superflua ogni ulteriore argomentazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame è un monito fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. La dichiarazione di ricorso inammissibile non è solo un rigetto, ma comporta conseguenze economiche per il ricorrente, condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Questa decisione riafferma che il giudizio di legittimità non è un ‘terzo grado’ di merito. Per avere successo, un ricorso deve essere tecnicamente ineccepibile, basato su vizi di legge o di motivazione chiaramente individuati, e non può limitarsi a chiedere una nuova valutazione dei fatti già ampiamente esaminati dai giudici dei gradi precedenti.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi erano generici, manifestamente infondati e si limitavano a riproporre argomentazioni già respinte in appello, tentando una ricostruzione alternativa dei fatti non consentita nel giudizio di legittimità.

È possibile ottenere l’assoluzione per “particolare tenuità del fatto” (art. 131-bis c.p.) se il reato ha carattere permanente, come un’occupazione abusiva?
No, secondo la giurisprudenza citata nell’ordinanza, la permanenza dell’occupazione è un fattore che preclude l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, poiché la condotta non può essere considerata di lieve entità.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione infondata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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