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Ricorso inammissibile: motivi generici e infondati

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per violazione della sorveglianza speciale. Il ricorso inammissibile è motivato dalla genericità delle censure, che miravano a una rivalutazione dei fatti, e dalla tardiva richiesta di benefici, come la sospensione condizionale della pena, non avanzata nei gradi di merito.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: L’Analisi della Cassazione su Motivi Generici

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sulla corretta formulazione dei ricorsi per cassazione, sottolineando come la genericità e la manifesta infondatezza delle censure conducano inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile. Il caso riguarda un individuo condannato per la violazione delle prescrizioni della sorveglianza speciale.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva condannato in primo grado dal Tribunale e, successivamente, dalla Corte d’Appello per il reato previsto dall’art. 75 del d.lgs. n. 159/2011. L’accusa era di aver violato le prescrizioni inerenti alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza. La pena inflitta era di nove mesi di reclusione. Contro la sentenza di secondo grado, l’imputato proponeva ricorso per cassazione tramite il proprio difensore.

I Motivi del Ricorso e la Pronuncia di Ricorso Inammissibile

L’imputato basava il suo ricorso su tre distinti motivi, tutti finalizzati a ottenere l’annullamento della condanna. Tuttavia, la Suprema Corte li ha ritenuti tutti inidonei a superare il vaglio di ammissibilità.

Primo Motivo: Difetto di Motivazione sul Reato

Il ricorrente lamentava una presunta carenza di motivazione riguardo alla sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato contestato. La Corte ha liquidato questa censura come una mera doglianza di fatto, generica e riproduttiva di argomenti già adeguatamente esaminati e respinti dalla Corte territoriale.

Secondo Motivo: Mancata Concessione della Sospensione Condizionale

Il secondo motivo riguardava la mancata concessione della sospensione condizionale della pena. Anche in questo caso, la censura è stata giudicata inammissibile. La Corte ha richiamato un consolidato principio delle Sezioni Unite, secondo cui l’imputato non può dolersi in sede di legittimità della mancata applicazione del beneficio se non ne ha fatto esplicita richiesta nel corso del giudizio di merito.

Terzo Motivo: Errata Determinazione della Pena

Infine, l’imputato denunciava un difetto di motivazione nella determinazione del trattamento sanzionatorio. La Cassazione ha bollato anche questo motivo come manifestamente infondato, poiché tendeva a sottoporre alla Corte valutazioni di puro merito, che sono di esclusiva competenza del giudice dei gradi inferiori. La valutazione della pena, se esercitata in modo logico e coerente, non è sindacabile in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché fondato su censure che non rientrano nei limiti del giudizio di legittimità. Il primo motivo è stato rigettato in quanto non denunciava un vizio di legge, ma tentava di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, attività preclusa alla Suprema Corte. La sentenza impugnata, al contrario, aveva analizzato in modo dettagliato la sussistenza del reato sulla base dei controlli effettuati dai militari.

Per quanto riguarda la sospensione condizionale, la Corte ha ribadito che il potere-dovere del giudice di applicare il beneficio presuppone, di norma, una richiesta di parte nel merito. L’assenza di tale richiesta rende la successiva lamentela in Cassazione inammissibile.

Sul trattamento sanzionatorio, si è affermato che la determinazione della pena è espressione del potere discrezionale del giudice di merito. Finché la motivazione è logica e coerente con i parametri dell’art. 133 c.p., non è necessario un esame analitico di ogni singolo elemento, e la decisione si sottrae a qualsiasi censura in sede di legittimità.

Le Conclusioni

L’ordinanza si chiude con una dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa decisione riafferma un principio fondamentale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio in cui si possono ridiscutere i fatti. Esso serve a controllare la corretta applicazione della legge. Motivi generici, ripetitivi o che invadono la sfera di valutazione del giudice di merito sono destinati a essere dichiarati inammissibili, con conseguenze economiche per il ricorrente.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è inammissibile quando le censure sono manifestamente infondate, generiche, si limitano a ripetere argomenti già respinti o propongono critiche che riguardano la valutazione dei fatti (doglianze di merito), anziché veri e propri errori di diritto.

È possibile chiedere per la prima volta in Cassazione la sospensione condizionale della pena?
No, la Corte chiarisce che l’imputato non può lamentare in Cassazione la mancata concessione della sospensione condizionale della pena se non ne ha fatto specifica richiesta durante il giudizio di merito (primo e secondo grado).

La Corte di Cassazione può modificare la quantità della pena decisa dal giudice di merito?
No, la determinazione della pena è un potere discrezionale del giudice di merito. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione, ma può intervenire solo se la motivazione del giudice è palesemente illogica, contraddittoria o inesistente, cosa che nel caso di specie non è stata riscontrata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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