Ricorso inammissibile: la Cassazione ribadisce i limiti del giudizio di legittimità
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla corretta formulazione dei ricorsi, evidenziando come la genericità e la manifesta infondatezza dei motivi conducano inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile. Questa ordinanza non solo chiarisce i confini del giudizio di legittimità, ma approfondisce anche concetti cruciali come la distinzione tra prova logica e presunzione e i criteri per la concessione delle attenuanti generiche.
I Fatti del caso
Un imputato, a seguito di una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Bologna, ha presentato ricorso per Cassazione affidandosi a tre motivi principali. In primo luogo, contestava la valutazione delle prove, sostenendo che la Corte territoriale si fosse basata su mere presunzioni per accertare la presenza di persone sulla scena del crimine. In secondo luogo, invocava l’applicazione della causa di giustificazione della reazione a un atto arbitrario (art. 393-bis c.p.) in forma putativa, ovvero basata su un’erronea percezione della realtà. Infine, lamentava la mancata concessione delle attenuanti generiche, adducendo di non aver ostacolato la propria identificazione e la generale gravosità della pena.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto in toto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto che i motivi addotti non fossero consentiti dalla legge, in quanto costituiti da doglianze generiche, precluse e, in sostanza, miranti a ottenere una nuova e non permessa valutazione del merito della vicenda. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Analisi dei motivi di ricorso rigettati
La distinzione tra Prova Logica e Presunzione
Il primo motivo di rigetto si concentra su un punto tecnico fondamentale. La Cassazione ha chiarito che la Corte d’Appello non ha fatto ricorso a “mere presunzioni”, bensì a una “prova logica”. Quest’ultima, come ricordato citando un precedente, è uno strumento di accertamento dei fatti qualificato e legittimo, basato sull’inferenza logica da elementi di prova certi. Non si tratta di una congettura, ma di un procedimento razionale che conduce a una conclusione fattuale. Tentare di contestare tale valutazione in sede di legittimità, senza evidenziare vizi logici manifesti, si traduce in una richiesta di riesame del merito, inammissibile in Cassazione.
La Difesa Putativa e le Attenuanti Generiche
Anche gli altri due motivi sono stati respinti con motivazioni altrettanto nette. Riguardo alla scriminante putativa, la Corte ha osservato che le censure del ricorrente si limitavano a proporre una “alternativa lettura delle evidenze processuali”, senza dimostrare un errore di diritto o un vizio motivazionale da parte del giudice d’appello. In pratica, la difesa chiedeva alla Cassazione di sostituire la propria valutazione a quella, adeguatamente motivata, della Corte territoriale.
Infine, per quanto concerne le attenuanti generiche, la Suprema Corte ha convalidato la decisione di merito. La Corte d’Appello aveva correttamente risposto alla censura, rilevando l’assenza di elementi positivi nel comportamento del ricorrente, valutato secondo i parametri dell’art. 133 del codice penale. Argomenti come non aver impedito l’identificazione o la generica gravosità della pena sono stati ritenuti insufficienti a giustificare uno sconto di pena.
Le Motivazioni
La motivazione centrale della decisione risiede nella natura stessa del giudizio di Cassazione. Questo non è un terzo grado di giudizio sul fatto, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge (legittimità). I motivi di ricorso devono, pertanto, denunciare specifici errori di diritto o vizi logici della motivazione, e non limitarsi a contestare l’interpretazione delle prove data dai giudici di merito. In questo caso, tutti e tre i motivi sono stati considerati un tentativo mascherato di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, proponendo una visione alternativa favorevole al ricorrente, compito che esula completamente dalle funzioni della Corte di Cassazione.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: per avere successo in Cassazione, un ricorso deve essere tecnicamente impeccabile, specifico e fondato su vizi legalmente riconosciuti. Le doglianze generiche, che si traducono in una critica all’apprezzamento dei fatti operato dal giudice di merito, portano inesorabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. La decisione serve da monito sulla necessità di una difesa tecnica rigorosa, consapevole dei limiti e delle finalità del giudizio di legittimità.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando i motivi addotti non sono consentiti dalla legge, perché costituiti da doglianze generiche, precluse o manifestamente infondate che mirano a una nuova valutazione dei fatti.
Qual è la differenza tra ‘prova logica’ e ‘mera presunzione’?
La ‘prova logica’ è uno strumento di convincimento qualificato e legittimo, basato su un ragionamento inferenziale che parte da fatti certi. La ‘mera presunzione’ è invece una congettura non supportata da un solido processo logico. La Corte ha ritenuto che il giudice di merito avesse utilizzato correttamente la prova logica.
Perché non sono state concesse le attenuanti generiche al ricorrente?
Le attenuanti generiche non sono state concesse perché la Corte d’Appello, con motivazione ritenuta corretta, non ha riscontrato elementi da valutare positivamente nel comportamento del ricorrente, conformemente ai parametri dell’art. 133 del codice penale. Le giustificazioni addotte (come non aver impedito l’identificazione) sono state ritenute insufficienti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43903 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43903 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 08/01/1988
avverso la sentenza del 15/01/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da doglianze generiche, precluse e manifestamente infondate;
Considerato infatti:
(primo motivo) che la Corte di appello non è ricorsa a mere presunzioni sulla presenza di persone ai fatti ex art. 341-bis cod. pen. (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata), ma ad una prova logica, che costituisce uno strumento non meno qualificato rispetto a quella diretta o storica (tra tante, Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, Rv. 271228);
(secondo motivo) che la Corte di appello ha adeguatamente vagliato e disatteso con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito la applicabilità della scriminante ex art 393-bis cod. pen. in forma putativa, e le censure in questa sede pretendono una alternativa lettura delle evidenze processuali;
(terzo motivo) che, quanto alle attenuanti generiche, con l’appello il ricorrente si era limitato a far valere che questi non aveva impedito la sua identificazione e genericamente la gravosità della pena e che a tale censura la Corte di appello ha risposto adeguatamente facendo rilevare che non vi erano elementi da valutare positivamente nel comportamento del ricorrente (parametro correttamente tratto ex art. 133 cod. pen.).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. . /Th
Così deciso il X1/j0/2024.