Ricorso Inammissibile in Cassazione: Quando l’Appello è Destinato a Fallire
Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è una terza possibilità di discutere i fatti. Un’ordinanza recente ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga trattato e perché è fondamentale comprendere i limiti di questo strumento. L’analisi di questo caso ci permette di capire quali errori procedurali e sostanziali portano a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
Il Caso in Analisi: Dalla Condanna al Ricorso in Cassazione
I fatti alla base della vicenda giudiziaria vedono un individuo condannato in primo grado e in appello per i reati di tentata violazione di domicilio (artt. 56 e 614 c.p.) e minaccia aggravata (art. 612 co. 2 c.p.), con l’ulteriore aggravante prevista dall’art. 604 ter c.p. Non soddisfatto della decisione della Corte d’Appello di Trieste, l’imputato decide di presentare ricorso per Cassazione, articolando tre distinti motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso Inammissibile: un’analisi punto per punto
La Corte di Cassazione ha esaminato i tre motivi proposti dalla difesa, giudicandoli tutti, per ragioni diverse, non meritevoli di accoglimento e, in definitiva, inammissibili.
Motivo 1: La Ripetizione Generica degli Argomenti
Il primo motivo contestava la responsabilità penale per la tentata violazione di domicilio. La Corte ha rilevato come le argomentazioni non fossero altro che una “pedissequa reiterazione” di quelle già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. Un ricorso per Cassazione deve contenere una critica specifica e argomentata della sentenza impugnata, non limitarsi a riproporre le stesse difese. In assenza di una critica mirata, il motivo è stato considerato non specifico e quindi inammissibile.
Motivo 2: La Tentata Rivalutazione dei Fatti
Con il secondo motivo, la difesa contestava la responsabilità per il reato di minaccia aggravata, lamentando violazione di legge e assenza di motivazione. La Cassazione ha sottolineato che questo motivo mirava, in realtà, a ottenere una “inammissibile ricostruzione dei fatti”. Il ricorrente, in sostanza, chiedeva alla Suprema Corte di valutare le prove in modo diverso da come aveva fatto il giudice di merito. Questo, però, esula dai poteri della Cassazione, che è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme, non stabilire come si sono svolti i fatti.
Motivo 3: La Carenza di un Reale Vizio di Motivazione
L’ultimo motivo criticava la correttezza della motivazione della sentenza d’appello. La Corte ha qualificato tale motivo come “manifestamente infondato”. Ha chiarito che un vizio di motivazione, per essere rilevante in Cassazione, deve emergere in modo palese dal testo della sentenza, come un contrasto insanabile tra le affermazioni o tra il ragionamento e le massime di esperienza. Nel caso di specie, la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta logica, coerente e priva di tali vizi.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La decisione della Suprema Corte si fonda su principi cardine della procedura penale. Innanzitutto, viene ribadito il ruolo della Corte di Cassazione come giudice di legittimità. Il suo scrutinio è limitato ai vizi di legge e ai difetti logici della motivazione, senza mai poter invadere l’ambito della valutazione fattuale, riservato ai giudici di primo e secondo grado. La Corte ha evidenziato che i motivi di ricorso non possono essere generici o ripetitivi, ma devono confrontarsi specificamente con la ratio decidendi della sentenza impugnata. Qualsiasi tentativo di sollecitare una “rilettura” degli elementi di fatto è destinato a scontrarsi con una declaratoria di inammissibilità. La condanna al pagamento di tremila euro alla Cassa delle ammende funge da deterrente contro la presentazione di ricorsi meramente dilatori o palesemente infondati.
Conclusioni: Lezioni Pratiche per un Ricorso Efficace
L’ordinanza in esame offre una lezione preziosa: un ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Per avere una possibilità di successo, l’atto deve essere tecnicamente impeccabile, focalizzandosi su precise violazioni di legge o su vizi di motivazione evidenti e argomentabili secondo i canoni stabiliti dall’art. 606 c.p.p. La mera riproposizione di argomenti già vagliati o il semplice dissenso rispetto alla valutazione delle prove operata dai giudici di merito non costituiscono motivi validi e portano inevitabilmente a una dichiarazione di ricorso inammissibile, con aggravio di spese per il ricorrente.
Perché il primo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché era una semplice e acritica ripetizione dei motivi già presentati e respinti nel giudizio d’appello, mancando così del requisito di specificità richiesto per un valido ricorso in Cassazione.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti di un processo?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge, non può effettuare una nuova valutazione dei fatti, che è di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).
Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10586 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10586 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 12/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 16/05/1968
avverso la sentenza del 29/04/2024 della CORTE APPELLO di TRIESTE
Rilevato che NOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Trieste che ha confermato la pronunzia di condanna per i reati di cui agli artt. 56,614, 612 co. 2 e 604 ter cod. pen.
Considerato che il primo motivo con il quale il ricorrente contesta la violazione della legge e difetto di motivazione in relazione alla penale responsabilità per il reato di cui all’art. 56 e 614 cod. pen. è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso.
Rilevato che il secondo motivo di ricorso, nel quale si denunzia violazione di legge e assenza di motivazione in riferimento alla penale responsabilità ex art. 612 co. 2 cod. pen. aggravato dall’art. 604 ter cod. pen., non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, pag. 6 e 7); esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, COGNOME, Rv. 207944);
Ritenuto che il terzo e ultimo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità ex art. 612 co. 2 cod. pen., è manifestamente infondato poiché il vizio censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett e) cod. proc. pen., è quello che emerge dal contrasto dello sviluppo argomentativo della sentenza con le massime di esperienza o con le altre affermazioni contenute nel provvedimento; la motivazione della sentenza impugnata (cfr. pag. 8) non presenta alcun vizio riconducibile alla nozione delineata nell’art. 606, comma 2, lett. e) cod. proc. pen.;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
NOME COGNOME