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Ricorso inammissibile: motivi generici e di fatto

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto, spaccio e altri reati. I motivi dell’appello sono stati giudicati generici, privi di fondamento giuridico e basati su una semplice contestazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Questa decisione conferma il principio secondo cui il ricorso inammissibile non può essere utilizzato per ottenere una nuova valutazione del merito della causa.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando i Motivi Sono Generici e di Fatto

Presentare un ricorso in Cassazione richiede rigore e precisione. Un ricorso inammissibile è la sanzione processuale per chi non rispetta tali requisiti, con conseguenze significative per il condannato. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come motivazioni generiche o basate su contestazioni dei fatti portino inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, precludendo ogni ulteriore esame del caso.

Il Caso in Analisi: Un Appello Respinto in Partenza

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo da parte della Corte di Appello per una serie di reati, tra cui furto aggravato, detenzione di stupefacenti di lieve entità, false dichiarazioni a un pubblico ufficiale e resistenza. La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, assolvendo l’imputato da uno dei capi d’accusa ma confermando le altre condanne e ricalcolando la pena.

Non soddisfatto della decisione, l’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, affidandosi a diversi motivi per cercare di ribaltare il verdetto.

I Motivi del Ricorso: Perché l’Imputato ha Fatto Appello?

Il ricorrente ha basato il suo appello su quattro distinti motivi, contestando diversi aspetti della sentenza di condanna:

1. Mancata riqualificazione del furto: Si lamentava che il reato di furto dovesse essere considerato solo tentato e non consumato.
2. Vizio di motivazione sulla responsabilità: Si contestava la logica seguita dai giudici d’appello nel ritenerlo colpevole per il reato di furto.
3. Responsabilità per stupefacenti: Veniva criticata la motivazione relativa alla condanna per la detenzione di sostanze stupefacenti.
4. Mancata esclusione della recidiva: Si sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel non escludere l’aggravante della recidiva.

Tuttavia, come vedremo, nessuno di questi motivi è stato ritenuto valido dalla Suprema Corte.

La Decisione della Cassazione: Analisi del ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’intero ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro sistema giudiziario: la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità.

Motivi su Furto e Droga: Genericità e Questioni di Fatto

I primi tre motivi, relativi al furto e agli stupefacenti, sono stati liquidati come inammissibili perché presentavano deduzioni generiche, prive di adeguate ragioni di diritto e di fatto a loro supporto. In sostanza, il ricorrente non ha spiegato perché la legge sarebbe stata applicata male, ma si è limitato a contestare la valutazione delle prove fatta dalla Corte d’Appello. Queste sono state definite “mere doglianze in punto di fatto”, ovvero un tentativo di ottenere dalla Cassazione una nuova valutazione del merito della causa, cosa che esula completamente dai suoi poteri.

La Questione della Recidiva: un Motivo Meramente Assertivo

Anche il quarto motivo, sulla recidiva, è stato giudicato inammissibile. La Corte lo ha definito “intrinsecamente generico perché meramente assertivo”. Ciò significa che il ricorrente si è limitato ad affermare che la recidiva doveva essere esclusa, senza però fornire argomentazioni giuridiche o fattuali concrete per sostenere la sua tesi.

Le Motivazioni

La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nel ruolo istituzionale della Corte di Cassazione. Essa non è un “terzo grado di giudizio” dove si può ridiscutere l’intera vicenda processuale. Il suo compito, in qualità di giudice di legittimità, è quello di verificare la corretta applicazione delle norme di legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Non può sostituire la propria valutazione delle prove a quella dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Quando un ricorso si limita a criticare come sono stati valutati i fatti o a presentare tesi generiche, invade un campo che non è di competenza della Suprema Corte e, di conseguenza, deve essere dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni

Le implicazioni pratiche di questa decisione sono nette. Con la declaratoria di inammissibilità, la sentenza di condanna della Corte d’Appello diventa definitiva e irrevocabile. Inoltre, il ricorrente subisce una duplice sanzione economica: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma di 3.000,00 euro alla Cassa delle ammende. Questo provvedimento serve da monito: un ricorso per cassazione deve essere fondato su vizi specifici di legittimità e non può trasformarsi in un pretesto per ritentare di ottenere un esito favorevole su questioni di puro fatto già decise nei gradi precedenti.

Per quale motivo principale il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici, privi di adeguato supporto giuridico e fattuale, e si limitavano a contestare la valutazione delle prove fatta dalla Corte d’Appello, configurandosi come mere doglianze in punto di fatto non ammesse in sede di legittimità.

Cosa significa che i motivi di ricorso sono ‘doglianze in punto di fatto’?
Significa che l’appellante non ha sostenuto che la legge sia stata applicata in modo errato, ma ha piuttosto espresso il suo disaccordo su come i giudici di merito hanno ricostruito gli eventi e valutato le prove. La Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione del diritto.

Quali sono le conseguenze economiche per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo caso 3.000,00 euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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