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Ricorso inammissibile: motivi generici e di fatto

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per riciclaggio. I motivi sono giudicati generici, in quanto mere ripetizioni di argomentazioni già respinte in appello e incentrati su una rivalutazione dei fatti non consentita in sede di legittimità. Anche la doglianza sulla determinazione della pena viene respinta, poiché sorretta da motivazione adeguata e non illogica da parte della corte di merito.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Respinge i Motivi di Appello

Presentare un ricorso in Cassazione richiede una strategia legale precisa e rigorosa. Non è una terza istanza di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma una sede di legittimità dove si controlla la corretta applicazione del diritto. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce ancora una volta i motivi che portano a un ricorso inammissibile, specialmente quando i motivi sono generici o mirano a una nuova valutazione del merito. Analizziamo questo caso per capire i limiti e le condizioni del ricorso per cassazione.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello per il reato di riciclaggio, decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione. I suoi motivi di doglianza si concentravano essenzialmente su due punti: la presunta illogicità della motivazione che aveva portato alla sua condanna e la valutazione del trattamento punitivo, ossia la determinazione della pena.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i due motivi di ricorso, giungendo a una conclusione netta di inammissibilità per entrambi. Vediamo nel dettaglio il ragionamento seguito dai giudici.

Il Primo Motivo: Genericità e Questioni di Fatto

Il ricorrente contestava la logicità della sentenza d’appello in relazione ai reati di riciclaggio e autoriciclaggio (artt. 648-bis e 648-ter.1 c.p.). Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto questo motivo manifestamente infondato e generico. I giudici hanno osservato che le argomentazioni non erano altro che una “pedissequa reiterazione” di quelle già presentate e respinte in appello.

In sostanza, il ricorso non presentava una critica argomentata e specifica contro le ragioni della sentenza impugnata, ma si limitava a riproporre questioni di fatto. La Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare le prove o i fatti (come l’affermazione di responsabilità per riciclaggio pur in assenza di prova della commissione del reato presupposto), compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

Il Secondo Motivo del ricorso inammissibile: il Trattamento Punitivo

Il secondo motivo di ricorso riguardava la presunta erroneità nella determinazione della pena e nel mancato riconoscimento delle attenuanti generiche (artt. 62-bis e 133 c.p.). Anche in questo caso, la Corte ha dichiarato il motivo inammissibile. La legge, infatti, non consente di contestare in sede di legittimità le valutazioni discrezionali del giudice di merito sul trattamento punitivo, a condizione che queste siano sorrette da una motivazione sufficiente e non illogica. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato le proprie scelte sanzionatorie, esaminando anche le deduzioni difensive, rendendo così la censura del ricorrente inaccoglibile.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Cassazione si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. I motivi devono denunciare vizi di legge o vizi logici manifesti e decisivi della motivazione, non semplicemente proporre una lettura alternativa delle prove.

La genericità e la ripetitività dei motivi rendono l’impugnazione priva della sua funzione tipica, che è quella di sottoporre al giudice superiore una critica mirata e specifica del provvedimento impugnato. La mancanza di tale critica porta inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. È fondamentale che il ricorso sia formulato in modo specifico, evidenziando veri e propri errori di diritto o palesi illogicità argomentative, senza mai sconfinare in una richiesta di nuova valutazione dei fatti. La conseguenza di un ricorso inammissibile, come in questo caso, non è solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questa vicenda è stata quantificata in tremila euro.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi sono generici, si limitano a ripetere argomenti già respinti nei gradi precedenti, oppure quando chiedono alla Corte di riesaminare i fatti del caso, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito.

È possibile contestare in Cassazione la pena inflitta dal giudice di appello?
No, la valutazione della pena (trattamento punitivo) rientra nella discrezionalità del giudice di merito. In Cassazione si può contestare solo se la motivazione su tale punto è manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente, ma non se è semplicemente una decisione che non si condivide.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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