Ricorso Inammissibile: Quando la Genericità dei Motivi Costa Cara
Presentare un ricorso in Cassazione non è un’azione da prendere alla leggera. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci ricorda una lezione fondamentale: la specificità dei motivi è un requisito essenziale, la cui mancanza rende il ricorso inammissibile e comporta conseguenze economiche significative per il ricorrente. Analizziamo insieme questo caso per capire perché un appello generico è destinato al fallimento.
I Fatti del Caso
La vicenda giudiziaria inizia con una condanna emessa dal Giudice per l’Udienza Preliminare (GUP) del Tribunale di Torino nei confronti di un automobilista. L’imputato era stato ritenuto colpevole di violazioni previste dall’articolo 116, commi 15 e 17, del Codice della Strada, con l’aggravante della recidiva nel biennio.
La sentenza di primo grado è stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Torino. Non soddisfatto della decisione, l’imputato, tramite il suo difensore, ha deciso di giocare l’ultima carta, proponendo ricorso per cassazione.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Ricorso Inammissibile
L’esito del giudizio di legittimità è stato netto e perentorio. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma si ferma a un gradino prima, su un piano prettamente procedurale. La conseguenza di tale declaratoria è duplice:
1. La condanna diventa definitiva.
2. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Perché un Appello Generico è un Ricorso Inammissibile
Il cuore della decisione risiede nella motivazione con cui la Corte ha respinto l’appello. I giudici hanno definito le censure (cioè le critiche alla sentenza d’appello) come “deduzioni del tutto generiche, prive delle ragioni di diritto e dei dati di fatto a sostegno delle stesse”.
In parole semplici, il ricorso si limitava a criticare la decisione precedente in modo vago, senza costruire un’argomentazione solida e, soprattutto, senza confrontarsi specificamente con le giustificazioni fornite dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha richiamato un principio fondamentale, già espresso dalle Sezioni Unite nella sentenza “Galtelli” (n. 8825/2017): chi impugna una sentenza ha l’onere di effettuare un confronto critico e puntuale con le argomentazioni del giudice che l’ha emessa. Non è sufficiente riproporre le stesse lamentele o formulare critiche astratte. Bisogna spiegare perché, secondo la legge, il ragionamento del giudice precedente è sbagliato.
La mancanza di questo confronto specifico trasforma l’appello in un atto sterile, che non può essere esaminato. Di qui, la declaratoria di ricorso inammissibile.
Le Conclusioni: Lezioni Pratiche dall’Ordinanza
Questa ordinanza offre due importanti spunti di riflessione. In primo luogo, ribadisce l’importanza cruciale della tecnica redazionale negli atti giudiziari. Un ricorso, specialmente in Cassazione, deve essere un lavoro di precisione chirurgica, in cui ogni censura è supportata da riferimenti normativi e da una critica logico-giuridica stringente delle motivazioni della sentenza impugnata. In secondo luogo, evidenzia i rischi concreti di un’impugnazione superficiale. Un ricorso inammissibile non è solo un’occasione persa, ma comporta anche una condanna economica certa per il cliente, come stabilito dalla giurisprudenza costituzionale (Corte cost. n. 186/2000), che non ammette esoneri se l’inammissibilità è dovuta a colpa del ricorrente. Per avvocati e assistiti, la lezione è chiara: impugnare per principio o con argomenti deboli è una strategia controproducente e costosa.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché le censure proposte erano del tutto generiche, prive di specifiche ragioni di diritto e di fatto, e non si confrontavano criticamente con le motivazioni della sentenza della Corte d’Appello.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro, in questo caso fissata in tremila euro, da versare alla Cassa delle ammende.
Cosa si intende per ‘confronto preventivo con le giustificazioni del giudice dell’appello’?
Significa che il ricorso per cassazione non può limitarsi a ripetere le stesse argomentazioni già respinte, ma deve analizzare specificamente il ragionamento del giudice d’appello e spiegare perché, dal punto di vista legale, quel ragionamento sarebbe errato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38589 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38589 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/02/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che il difensore di COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Torino, in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata quella del GUP del Tribunale di Torino di condanna del predetto per il reato di cui all’art. 116, commi 15 e 17 codice strada con la recidiva nel biennio (in Torino il 3/3/2022);
ritenuto che le censure prospettano deduzioni del tutto generiche, prive delle ragioni di diritto e dei dati di fatto a sostegno delle stesse, senza che sia stato neppure operato il necessario, preventivo confronto con le giustificazioni fornite dal giudice dell’appello (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione);
che alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero quanto alla causa d’inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 18 settembre 2024