LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso inammissibile: motivi generici e condanna

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto aggravato. La decisione si fonda sulla mancanza di specificità dei motivi, considerati meramente reiterativi di quelli già respinti in appello. La Corte ha confermato la sussistenza dell’aggravante della violenza sulle cose e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, sottolineando l’importanza di un confronto critico con la sentenza impugnata, anziché una semplice riproposizione delle medesime difese.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Ripetitività dei Motivi Porta alla Condanna

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi. Spesso si ritiene che l’accesso all’ultimo grado di giudizio sia un diritto automatico, ma la Corte ribadisce che un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta della mancanza di specificità e novità nelle argomentazioni difensive. Questo caso, riguardante un furto aggravato, dimostra come la mera riproposizione di motivi già discussi e respinti nei gradi precedenti non costituisca un valido fondamento per l’impugnazione.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dalla condanna in primo grado di un individuo per i reati di furto in abitazione e furto con violenza sulle cose, previsti dagli articoli 624-bis e 625 n. 2 del codice penale. La sentenza di primo grado è stata integralmente confermata dalla Corte di Appello di Napoli.

Avverso tale decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione tramite il proprio difensore, articolando le proprie difese su due motivi principali. Tuttavia, come vedremo, la strategia difensiva si è rivelata inefficace, portando a una declaratoria di inammissibilità.

La Decisione della Corte: Focus sul Ricorso Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, evidenziando una carenza fondamentale negli argomenti proposti. La Corte ha osservato che entrambi i motivi di ricorso erano privi di specificità, in quanto si limitavano a reiterare le stesse deduzioni già presentate con i motivi di appello. La sentenza impugnata aveva già affrontato e respinto tali argomentazioni con una motivazione corretta in diritto e completa in punto di fatto, con la quale il ricorrente non si era realmente confrontato.

La Conferma dell’Aggravante della Violenza sulle Cose

Un punto centrale della difesa riguardava la contestazione dell’aggravante della violenza sulle cose. La Corte di Cassazione ha sottolineato come la Corte di Appello avesse motivato in modo ineccepibile la sussistenza di tale circostanza. I giudici di merito avevano infatti accertato che:

* La porta di alluminio scorrevole era stata forzata.
* La centralina elettrica era stata divelta dal muro.
* Le due telecamere dell’impianto di sorveglianza erano state strappate dai pali che le sostenevano.

Questi elementi, secondo la Corte, integravano pienamente l’aggravante contestata, e il ricorso non era riuscito a scalfire la logicità di tale valutazione.

Il Diniego delle Sanzioni Sostitutive

Anche la richiesta di applicazione di sanzioni sostitutive alla detenzione era stata respinta dalla Corte territoriale. La Cassazione ha confermato la correttezza di tale diniego, evidenziando che la Corte di Appello aveva ampiamente motivato la sua decisione basandosi sui numerosi, gravi e specifici precedenti penali dell’imputato. Tali precedenti delineavano un profilo di pericolosità sociale che rendeva inappropriata la concessione di benefici.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Cassazione si fonda su un principio cardine del processo penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Il suo scopo è controllare la legittimità della decisione impugnata, ovvero la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione. Di conseguenza, un ricorso è inammissibile se si limita a riproporre le stesse questioni di fatto già valutate dai giudici di merito, senza individuare vizi specifici nella sentenza di appello. Nel caso di specie, il ricorrente non ha criticato la sentenza di secondo grado, ma ha semplicemente ripetuto le sue tesi, già motivatamente respinte. Questa staticità difensiva ha impedito alla Corte di entrare nel merito delle questioni, portando inevitabilmente alla declaratoria di inammissibilità.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza rappresenta un monito per la pratica forense. Per superare il vaglio di ammissibilità della Corte di Cassazione, è indispensabile che il ricorso contenga una critica specifica e puntuale alla sentenza di appello, evidenziandone gli errori di diritto o i vizi logici della motivazione. La semplice riproposizione delle argomentazioni già sconfitte in appello è una strategia destinata al fallimento. La conseguenza di un ricorso inammissibile, come in questo caso, non è solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nell’ordinanza è stata fissata in 3.000,00 euro.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano privi di specificità e si limitavano a ripetere le stesse argomentazioni già proposte e respinte dalla Corte di Appello. Il ricorrente non si è confrontato criticamente con la motivazione della sentenza impugnata.

Cosa ha costituito l’aggravante della violenza sulle cose nel caso specifico?
L’aggravante è stata ritenuta sussistente perché era stata forzata una porta di alluminio, divelta dal muro la centralina elettrica e strappate dai pali di sostegno due telecamere di sorveglianza.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati