Ricorso inammissibile: quando i motivi generici portano alla condanna definitiva
L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre un’importante lezione sulla corretta formulazione dei ricorsi e sulle conseguenze di una impugnazione superficiale. Il caso riguarda una condanna per il reato di violenza a pubblico ufficiale, confermata in appello e giunta al vaglio della Suprema Corte. La decisione finale è stata quella di dichiarare il ricorso inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Vediamo nel dettaglio le ragioni di questa decisione.
I Fatti del Processo
Un individuo, già condannato in primo e secondo grado per il delitto previsto dall’art. 336 del codice penale (Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale), ha presentato ricorso per Cassazione. I motivi addotti si concentravano su due punti principali: la presunta assenza dell’elemento psicologico del reato (il dolo) e l’errata motivazione con cui i giudici di merito avevano negato l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis c.p.
La Decisione della Corte: un ricorso inammissibile
La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. Questo esito non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello preliminare, constatando che l’atto di impugnazione non possiede i requisiti minimi per essere esaminato. La Corte ha sottolineato come i motivi presentati fossero generici e si limitassero a ripetere le stesse doglianze già esposte e respinte nel giudizio d’appello. Il ricorrente, secondo i giudici, non si è confrontato criticamente con la motivazione della sentenza impugnata, ma ha semplicemente riproposto una ricostruzione alternativa dei fatti, operazione non consentita in sede di legittimità, dove la Corte valuta solo la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte si articola su due pilastri. In primo luogo, la genericità dei motivi di ricorso. Un ricorso per Cassazione deve indicare in modo specifico le ragioni di diritto per cui si ritiene che la sentenza di appello sia errata. Non è sufficiente riproporre le stesse argomentazioni già disattese, senza spiegare perché la risposta dei giudici di secondo grado sia stata illogica o giuridicamente scorretta. Questo atteggiamento rende l’impugnazione meramente reiterativa e, di conseguenza, inammissibile.
In secondo luogo, anche la censura relativa alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. è stata ritenuta infondata. La Corte ha evidenziato che la decisione dei giudici di merito era ben motivata, basandosi su elementi concreti come i precedenti penali dell’imputato e le specifiche modalità dell’azione criminosa. Questi fattori, secondo la valutazione dei giudici, escludevano la possibilità di considerare il fatto di ‘particolare tenuità’.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La pronuncia in esame ribadisce un principio fondamentale del processo penale: un ricorso per Cassazione deve essere specifico, pertinente e critico nei confronti della sentenza che si impugna. La semplice ripetizione di argomenti già vagliati rende l’atto inidoneo a superare il vaglio di ammissibilità. Inoltre, la decisione conferma che la valutazione sulla particolare tenuità del fatto è un giudizio di merito, insindacabile in Cassazione se supportato da una motivazione logica e coerente con le prove processuali, come i precedenti dell’imputato. La conseguenza diretta di un ricorso inammissibile, quando non vi sia assenza di colpa nel proponente, è la condanna non solo alle spese del procedimento, ma anche al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, rendendo l’impugnazione un’azione processuale non priva di rischi economici.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando i motivi sono generici, meramente reiterativi di quelli già respinti in appello, e non si confrontano criticamente con la motivazione della sentenza impugnata.
Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La sua applicazione è stata negata perché i giudici di merito hanno fondato la loro decisione sui precedenti penali dell’imputato e sulle modalità specifiche del fatto, ritenendo che tali elementi escludessero la particolare tenuità.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata determinata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1086 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1086 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 22/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 22/12/1948
avverso la sentenza del 24/11/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME impugna la sentenza in epigrafe indicata, che ne ha confermato la condanna per il delitto di cui all’art. 336 cod. pen., deducendo assenza dell’elemento psicolog del reato e errata motivazione per il diniego della causa di non punibilità della particolare t del fatto, ex art. 131-bis, cod. pen.
Il ricorso è inammissibile.
I motivi sono generici e meramente reiterativi di quelli d’appello, disattesi dai g del gravame con motivazione coerente, con cui il ricorrente non si misura in alcun modo stante la deduzione apodittica del difetto del dolo del reato e la proposizione di una ricostruz alternativa non consentita in questa sede.
Lo stesso è a dirsi per la mancata applicazione dell’art.131-bis, cod. pen. fondata d giudici di merito sui precedenti del COGNOME e sulle modalità del fatto.
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna alle spese del procedimento ed al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo determinare in tremila euro, non ravvisandosi assenza di colpa del ricorrente nel determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 dicembre 2023.