Ricorso Inammissibile: La Cassazione e la Genericità dei Motivi
Quando si presenta un’impugnazione in Corte di Cassazione, è fondamentale che i motivi siano specifici e pertinenti. Un ricorso inammissibile non solo non viene esaminato nel merito, ma comporta anche conseguenze economiche per chi lo propone. Con una recente ordinanza, la Suprema Corte ha ribadito questo principio, chiarendo i criteri di ammissibilità e le sanzioni in caso di violazione.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello, per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali. Non rassegnato alla decisione, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a tre principali argomentazioni:
1. L’errata configurazione del delitto di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.).
2. Il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
3. Un errore nel calcolo della recidiva ai fini della determinazione della pena.
L’Analisi della Corte sul Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha stroncato sul nascere le speranze del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile nella sua interezza. Secondo i giudici, i motivi presentati erano affetti da una palese genericità.
Il primo motivo è stato liquidato come una ‘semplice espressione di un’opinione dissenziente’, priva di un reale fondamento giuridico capace di scalfire la logica della sentenza impugnata. Gli altri due motivi, invece, non sono stati ritenuti migliori: il ricorrente si era limitato a contrapporre le proprie valutazioni di merito a quelle, ben motivate, della Corte d’Appello, senza instaurare un confronto critico e tecnico con la decisione di secondo grado. Questo approccio è inammissibile in sede di legittimità, dove la Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.
Le Motivazioni della Decisione
La Suprema Corte ha spiegato che, per essere ammissibile, un ricorso deve contenere critiche specifiche e puntuali alla sentenza che si contesta. Non è sufficiente esprimere disaccordo o riproporre le proprie tesi. È necessario dimostrare dove e perché i giudici dei gradi precedenti avrebbero sbagliato nell’interpretare o applicare le norme di legge. In assenza di questo confronto critico, il ricorso si rivela sterile e, di conseguenza, inammissibile.
L’ordinanza ha inoltre sottolineato che l’inammissibilità del ricorso comporta, per legge, la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende. Tale sanzione, fissata nel caso di specie in tremila euro, è giustificata dal fatto che non è stata ravvisata un’assenza di colpa nel proporre un’impugnazione palesemente infondata, seguendo un principio consolidato dalla Corte Costituzionale.
Le Conclusioni
Questa pronuncia serve da monito: l’accesso alla giustizia, specialmente ai suoi gradi più alti, richiede rigore e specificità. Un ricorso inammissibile perché generico non solo rappresenta una perdita di tempo e risorse, ma si traduce in una sanzione economica per il ricorrente. La decisione evidenzia l’importanza di affidarsi a una difesa tecnica qualificata, capace di formulare motivi di ricorso che rispettino i requisiti di ammissibilità imposti dalla procedura penale, evitando di trasformare l’impugnazione in una mera riproposizione di argomenti già vagliati e respinti.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, tra le altre ragioni, i motivi sono generici, ovvero non si confrontano criticamente con le specifiche motivazioni della sentenza impugnata ma si limitano a esprimere un’opinione dissenziente o a riproporre valutazioni di merito.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a meno che non si dimostri un’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione.
Perché la Corte ha ritenuto che il ricorso fosse basato su una semplice valutazione di merito?
Perché il ricorrente, invece di contestare violazioni di legge o vizi logici nella motivazione della Corte d’Appello, ha opposto le proprie diverse valutazioni sui fatti (come la tenuità del fatto o il calcolo della recidiva), un tipo di riesame che non è consentito in sede di Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32197 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32197 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CUI: CODICE_FISCALE nato a VERONA il 18/06/1978
avverso la sentenza del 03/10/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME impugna la sentenza in epigrafe indicata, che ne ha confermato la condanna per i delitti di cui agli artt. 337 e 582-585, cod. pen., deducendo violazione di legge e vizi di motivazione in tema di: 1) configurabilità del delitto di cui all’art. 337, cit.; 2) diniego della particolare tenuità del fatto 131-bis, cod. pen.); 3) computo della recidiva ai fini della pena.
Il ricorso è inammissibile per la genericità dei motivi.
Il primo si risolve nella semplice espressione di un’opinione dissenziente.
Gli altri non sono sorretti da un confronto critico con le motivazioni della Corte d’appello, alle quali oppongono solo diverse valutazioni di merito, non consentite in questa sede.
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna alle spese del procedimento ed al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equa in tremila euro, non ravvisandosi assenza di colpa del ricorrente nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Così deciso, 1’11 luglio 2025.