Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47189 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47189 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LOCRI il 24/01/1974
avverso la sentenza del 20/02/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
lette l’istanza di discussione in pubblica udienza e la memoria del difensore di parte ricorrente;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
Premesso che il difensore dell’imputato, con istanza del 14 ottobre 2024, ha chiesto di partecipare alla discussione in udienza pubblica, e che tale udienza, tuttavia, non è stata fissata considerato che la discussione non è prevista nel rito di cui all’art. 611 cod. proc. pen.;
Rilevato che con la sentenza impugnata la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato la condanna del ricorrent4er una serie di delitti di falso su atti fidefacenti (e, in particolare, relativi alla modificazione ed all’alterazione del contenuto degli atti giudiziari);
Considerato che, con i primi quattro motivi, sviluppati unitariamente, il ricorrente contesta l’affermazione della propria responsabilità penale deducendo che egli non avrebbe potuto, poiché non è un cancelliere o un dipendente dell’ufficio giudiziario coinvolto, procedere materialmente alle relative alterazioni, nonché, con riguardo al capo 10) dell’imputazione, che sarebbe stato privo di qualsivoglia interesse ad effettuare la sostituzione del termine “stop” con quello di “incrocio” nel verbale di assunzione della prova testimoniale, poiché ciò avrebbe determinato la soccombenza della propria assistita;
Rilevato che i motivi sono reiterativi di quelli spiegati con l’atto di appello rispetto ai quali la Corte territoriale ha fornito una motivazione assolutamente congrua, osservando, in generale, che, come si evince dai relativi capi di imputazione, i fatti sono stati contestati allo STRANGIO in concorso con una persona ignota e che, ai fini del contributo concorsuale dell’imputato non ha rilevanza che lo stesso si estrinsechi solo sul piano del concorso morale;
Considerato che la sentenza impugnata è di qui pervenuta ad attribuire, con una motivazione priva di vizi logici, con la quale il ricorrente finisce con il non confrontarsi negli aspecifici ed esplorativi motivi formulati, la responsabilità penale dello stesso per i fatti ascritti, argomentata, del resto, in base alla univocità e convergenza di una pluralità di elementi indiziari nel senso che egli era il soggetto interessato alla falsificazione avendo non solo aumentato gli importi dei risarcimenti dovuti ai propri clienti ma altresì di quelli liquidati, a titolo di compensi peraltro distratti ex art. 93 cod. proc. civ., in proprio favore;
Considerato, altresì, rispetto al capo 10) dell’imputazione, che la decisione della Corte territoriale è pervenuta all’affermazione della responsabilità penale dello STRANGIO tenendo conto che, dagli stessi motivi di appello contro la
sentenza del giudice di pace che egli aveva formulato, la prospettazione difensiva era nel senso che i testi avevano dichiarato che nei pressi del luogo teatro del sinistro vi era un incrocio e non già uno stop, mirando così ad ottenere una statuizione favorevole in sede di gravame alla propria assistita, a fronte del rigetto della domanda in primo grado proprio per la presenza, riferita dai testi, del segnale “stop”;
Ritenuti, dunque, i predetti motivi di ricorso inammissibili poiché essi si sviluppano mediante un’esposizione disordinata, generica, prolissa e caotica, che fuoriesce dai canoni di una ragionata censura del percorso motivazionale della sentenza impugnata, senza consentire un ordinato inquadramento delle ragioni di doglianza nella griglia dei vizi di legittimità deducibili ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen. (ex multis, Sez. 2, n. 3126 del 29/11/2023, dep. 2024, Rv. 285800 01);
Considerato che, con il quinto e il sesto motivo, lo STRANGIO deduce l’eccessività del trattamento sanzionatorio comminato;
Ritenuti detti motivi manifestamente infondati poiché, generici gli altri profili, il denunciato errore di calcolo per la mancata decurtazione di un terzo ai sensi dell’art. 482 cod. pen. in quanto già dalla sentenza di primo grado emerge che sulla pena base di tre anni comminata per il reato di falso ideologico in atto pubblico è stata calcolata detta diminuzione di un terzo, giungendo a comminare una pena pari al minimo edittale;
Ritenuto che la diffusa memoria depositata dal difensore del ricorrente in data 18 novembre 2024 non ha apportato alcun elemento per poter pervenire ad una diversa conclusione sui motivi di ricorso proposti;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27/11/2024