Ricorso Inammissibile: Quando l’Impugnazione si Ferma Prima di Iniziare
Nel complesso mondo del diritto processuale, l’esito di un giudizio non dipende solo dalla fondatezza delle proprie ragioni, ma anche dal rispetto di precise regole formali e sostanziali. Un esempio lampante è rappresentato dal ricorso inammissibile, un’ipotesi in cui l’organo giudicante superiore, come la Corte di Cassazione, non entra nemmeno nel merito della questione. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre spunti preziosi per capire due pilastri di questo istituto: la carenza di interesse ad agire e l’insindacabilità della discrezionalità del giudice di merito sulla pena.
I Fatti del Caso
Un soggetto condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Milano decideva di presentare ricorso per Cassazione. La sua impugnazione si basava su due doglianze principali: un vizio procedurale e una valutazione sull’entità della sanzione penale.
I Motivi del Ricorso: Notifica Errata e Pena Eccessiva
Il ricorrente lamentava, in primo luogo, la nullità della sentenza per un errore nella notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza, che sarebbe stata inviata a un difensore diverso da quello da lui nominato. Tale errore, a suo dire, avrebbe violato il diritto di difesa garantito dalla Costituzione.
In secondo luogo, contestava l’eccessività della pena inflittagli per il reato di rapina (art. 628 c.p.), ritenendola sproporzionata.
La Decisione della Corte: Analisi sul Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione, con una sintetica ma densa ordinanza, ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambi i motivi e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Il Principio della Carenza di Interesse
Sul primo motivo, relativo al vizio di notifica, i giudici hanno rilevato una palese carenza di interesse da parte del ricorrente. Sebbene l’errore procedurale potesse esistere, la Corte ha sottolineato che la precedente pronuncia aveva di fatto accolto le doglianze difensive. In altre parole, il ricorrente non aveva subito alcun pregiudizio concreto dal vizio lamentato, poiché l’esito gli era stato favorevole. Viene così ribadito un principio fondamentale: per poter impugnare una decisione, non basta individuare un vizio formale, ma è necessario dimostrare di avere un interesse concreto e attuale a una sua riforma, interesse che manca quando non vi è stata alcuna lesione effettiva dei propri diritti.
La Discrezionalità del Giudice sulla Pena: un Baluardo del Merito
Riguardo al secondo motivo, la Corte ha ribadito un orientamento giurisprudenziale consolidato: la determinazione dell’entità della pena è espressione della discrezionalità del giudice di merito. Questo potere, esercitato nel rispetto dei criteri fissati dagli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo), non è sindacabile in sede di legittimità. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato i fatti, a meno che la motivazione sia manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente.
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che il giudice d’appello avesse correttamente motivato la sua decisione, facendo riferimento agli elementi decisivi e calcolando la pena in modo corretto, riconoscendo persino le circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte si fonda su due pilastri procedurali e sostanziali. Da un lato, il principio dell’interesse ad agire (art. 100 c.p.c., applicabile anche nel processo penale), che impedisce impugnazioni meramente strumentali o accademiche. Dall’altro, il rispetto della divisione dei gradi di giudizio, dove la Cassazione svolge un ruolo di controllo sulla corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità) e non di riesame dei fatti (giudizio di merito). Contestare l’eccessività della pena, senza denunciare un vizio logico nella motivazione, equivale a chiedere alla Suprema Corte di compiere una nuova valutazione di merito, compito che non le spetta.
Le Conclusioni
Questa ordinanza conferma che la strada per un’impugnazione efficace è stretta e richiede il rispetto di requisiti rigorosi. Un ricorso inammissibile non è solo una sconfitta processuale, ma comporta anche conseguenze economiche per il ricorrente. La decisione evidenzia l’importanza di fondare i propri motivi di ricorso non su generiche lamentele, ma su vizi specifici che abbiano causato un pregiudizio reale e dimostrabile. Inoltre, rafforza il principio secondo cui la quantificazione della pena, se logicamente motivata, resta una prerogativa insindacabile del giudice di merito.
Un errore nella notifica dell’avviso di udienza rende sempre nulla la sentenza?
No, non necessariamente. Secondo la Corte, se la decisione di merito risulta comunque favorevole all’imputato, viene a mancare l’interesse a far valere la nullità, poiché di fatto non si è verificata alcuna lesione concreta del diritto di difesa.
È possibile contestare l’entità della pena in Cassazione?
No, la contestazione sulla mera eccessività o sproporzione della pena non è un motivo ammissibile in sede di legittimità. La graduazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e può essere censurata solo se la motivazione è palesemente illogica, contraddittoria o assente.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non esamina il merito delle questioni sollevate. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9004 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9004 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 25/06/1986
avverso la sentenza del 09/07/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME NOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la nullità della sentenza emessa al termine dell’udienza celebratasi avanti alla Corte di Cassazione per violazione degli artt. 3 e 24 cost. e, nello specifico, per l’errore commesso in merito alla notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza ad un diverso difensore rispetto a quello nominato dall’odierno ricorrente, è manifestamente infondato in quanto prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e la consolidata giurisprudenza di legittimità (si vedano in particolare Sez. 6, n. , del 22/10/2014 Rv. 261836 – 01; Sez. 5, n. del 10/04/2013, Rv. 256529 – 01);
considerato, inoltre, la carenza di interesse del ricorrente a ottenere un giudizio di nullità in riferimento ad una pronuncia di accoglimento delle doglianze difensive, non risultando, quindi, complessivamente leso alcun diritto di difesa del ricorrente;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, che contesta l’eccessività della pena in riferimento al reato di cui all’art. 628 cod. pen., non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto, in primo luogo, attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti e, in secondo luogo, mediante un corretto calcolo della pena finale alla luce del riconoscimento delle circostanze ex art. 62 bis cod. pen. nella loro massima estensione (si vedano, in particolare pag. 5-6 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Roma, 18/02/2025